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Mansplaining

/ 06/01/2025
Simona Ravizza

«Il mansplaining è insopportabile!», sentenzia la 16enne di famiglia Clotilde raccontando di una discussione a scuola tra amici. La parola è composta da man (uomo) ed (ex)plaining (spiegazione). In estrema sintesi fotografa la maledetta abitudine maschile di spiegare a una donna una cosa che lei conosce bene, magari anche meglio, dando per scontato in quanto uomo di saperla più lunga. L’uso del termine ne Le parole delle figlie è davvero frequente. Invece noi genitori spesso ne ignoriamo il significato. L’assurdo è che, quando Rebecca Solnit lo conia, Clotilde era ancora nella mia pancia.

È il 1° maggio 2008 infatti quando la rivista «Internazionale» traduce un articolo della giornalista e scrittrice statunitense che s’intitola: Gli uomini mi spiegano le cose. C’è un passaggio esilarante che racconta di una festa ad Aspen (località sciistica super chic del Colorado) a cui Solnit, 40enne, partecipa con la sua amica Sallie: «Ce ne stavamo per andare quando il padrone di casa ci ha chiesto di restare per fare due chiacchiere. Era un uomo imponente e con un sacco di soldi. (…) Ci ha fatto accomodare intorno a un tavolo di legno grezzo. Poi mi ha detto: «Allora, ho sentito che ha scritto un paio di libri». I primi 6 o 7 erano su argomenti diversi, così gli ho detto che l’ultimo era River of Shadows: Eadweard Muybridge and the Technological Wild West, un libro sull’annichilimento del tempo e dello spazio e l’industrializzazione della vita quotidiana. Appena ho nominato Muybridge mi ha interrotta: «Ma lo sa che quest’anno è uscito un libro molto importante su Muybridge?». L’autrice del libro in questione è – neanche a dirlo – proprio Solnit: «Mister Molto Importante continuava con aria compiaciuta a parlare del libro che avrei dovuto conoscere, quando Sallie l’ha interrotto per spiegargli che si trattava del mio libro. (…) Ha dovuto ripeterglielo tre o quattro volte prima che gli entrasse in testa. Poi, come in un romanzo dell’Ottocento, lui è rimasto di sasso. E così ero l’autrice del libro molto importante che lui in realtà non aveva mai aperto, ma di cui aveva letto una recensione sulla “New York Times Book Review” qualche mese prima…».

Nel 2014 Men Explain Things to Me diventa anche il titolo di un saggio e nel 2017 arriva in Italia pubblicato dalla casa editrice Ponte alle Grazie. Scrive Solnit: «Gli uomini (alcuni uomini) spiegano le cose, a me come ad altre donne, indipendentemente dal fatto che sappiano o no di cosa stanno parlando. Nessuno si è mai scusato per le sciocchezze che ha detto su argomenti che io conoscevo e lui no».

Come spesso accade quando ho bisogno di comprendere meglio fenomeni che riguardano i giovani, mi rivolgo al 30enne della mia redazione, il social media manager e content creator Alessandro Riggio, chiedendogli di farmi degli esempi di situazioni di mansplaining tra Gen Z. Eccoli: una ragazza molto brava a scuola cita durante una serata un evento storico che sta studiando sugli Stati Uniti e un ragazzo continua a interromperla con informazioni superflue e scontate su quel Paese, convinto di saperne di più; oppure una ragazza interviene in una chiacchierata sull’ultima stagione di House of the Dragons con un’analisi ricca di dettagli sull’evoluzione dei personaggi e subito uno dei ragazzi entra a gamba tesa con un discorso che non c’entra nulla, citando fatti noti di episodi precedenti. Inutile poi dire che se una donna parla di calcio qualsiasi uomo presente si sente in dovere di spiegarle che cos’è il fuorigioco anche se lei lo sa benissimo!

Il fatto che gli Gen Z conoscano il mansplaining e utilizzino frequentemente il termine, a mio avviso, ci dice molto sulla generazione delle nostre figlie. Perché vuol dire che, parafrasando Solnit, forse hanno capito una cosa non di poco conto: «Ci sono molti modi per sottomettere una donna. Per sentirsi superiori, più forti, più bravi, più colti. La sopraffazione non passa solo per la violenza fisica, l’umiliazione, la dipendenza economica, ma anche da meccanismi più semplici, da comportamenti più sottili e socialmente accettati da tutti. La violenza sulle donne comincia proprio da qui, da una conversazione dove le donne vengono messe a tacere».