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Votazioni che hanno fatto la storia
Orazio Martinetti
Sono sempre più numerosi i libri che fin dal titolo preannunciano un destino infausto per la democrazia: crisi, collasso, morte, tramonto, suicidio… Diagnosi allarmanti, per un sistema che è alla base della civiltà occidentale, fondato sui princìpi repubblicani, su un grappolo di libertà riguardante l’opinione, la religione, la stampa, il commercio, la proprietà, i diritti politici e civili, la separazione dei poteri. Un cammino lento, tortuoso e irto di ostacoli, osteggiato dai poteri conservatori legati alla tradizione dinastica, ma che alla fine, attraverso lotte e conflitti, è riuscito ad imporsi come il sistema più aderente alle legittime aspirazioni dei cittadini non più sudditi. Sistema imperfetto quello democratico, aggiungono gli studiosi, perché sempre alle prese con «impurità» e difetti, come la tendenza all’oligarchia, la prevalenza nei Parlamenti dei gruppi organizzati, l’apatia del cittadino-elettore, l’informazione orientata e sbilanciata (per una descrizione analitica rimandiamo alla conferenza che Norberto Bobbio tenne a Locarno 40 anni fa, al convegno 1984: comincia il futuro). Imperfetto e lacunoso ma pur sempre preferibile agli altri sistemi finora sperimentati, per riprendere la celebre formula di Churchill.
Le voci che lamentano l’affievolimento del senso civico non risparmiano nemmeno la nostra Svizzera, sempre meno considerata un modello di partecipazione. Anche le nostre urne piangono, ed è ormai un’eccezione l’affluenza che supera la soglia del 50% degli aventi diritto. Occorre tuttavia distinguere tra votazioni ed elezioni: non sempre le due curve corrono in parallelo. Le prime sono ben più numerose delle seconde: dal 1848 ad oggi, contando le ultime quattro del 24 novembre, le consultazioni sono state 676, con una vigorosa accelerazione negli ultimi decenni. Di recente, in un saggio intitolato Heute Abstimmung! (Oggi si vota!) e pubblicato dal Limmat Verlag di Zurigo, due storici (David Hesse e Philipp Loser) hanno passato in rassegna le votazioni che hanno mutato il volto del Paese. È vero che in alcuni casi l’affluenza è stata risibile, ma quando si è trattato di pronunciarsi su temi importanti, anche sul piano emotivo, il civismo si è risvegliato. Gli autori elencano 30 votazioni che hanno ingenerato effetti epocali, sotto il segno del progresso oppure della conservazione. Alla prima «famiglia» appartiene la Legge sulle fabbriche del 1877, che per la prima volta regolava sul piano federale la giornata lavorativa, stabilendo un orario massimo giornaliero di 11 ore (10 al sabato), vietando il ricorso ai minori sotto i 14 anni e introducendo una certa tutela per le donne e le puerpere. Hanno pure segnato tappe decisive il passaggio alla Confederazione delle principali ferrovie private (1898), l’adozione della proporzionale per l’elezione del Consiglio nazionale (1918), il varo dell’AVS (1947), l’archiviazione dei pieni poteri dopo la seconda guerra mondiale (1949), la moratoria per la costruzione di centrali nucleari (1990).
Alla famiglia conservatrice è invece ascrivibile il no alle ripetute campagne per ridurre l’orario di lavoro e per abbassare l’età di pensionamento promosse dai sindacati e dalla sinistra, come pure il rifiuto di avviare un percorso di avvicinamento alla Comunità europea (1992) e all’Onu (adesione giunta solo nel 2002). Molte proposte hanno avuto un iter accidentato, costellato da ripensamenti e bocciature. Ne hanno fatto le spese soprattutto le donne, sia sul piano dei diritti politici (voto ed eleggibilità nel 1971), sia sul piano dei diritti sociali (assicurazione maternità 2004). Altra questione accanitamente dibattuta, e quindi mobilitante, è stata l’immigrazione, presente nel Paese di volta in volta nella figura del Gastarbeiter o del rifugiato. La votazione del 1970 sull’iniziativa Schwarzenbach ha avviato un ciclo che prosegue tuttora per impedire che la Svizzera raggiunga il fatidico traguardo dei dieci milioni di abitanti. Non mancano, nel libro citato, riferimenti all’infiacchito senso civico dei votanti. Le facilitazioni finora introdotte (voto per corrispondenza) non hanno sortito l’effetto ricostituente sperato. Alcuni movimenti caldeggiano il voto ai sedicenni, ma finora il passo è stato compiuto solo dalla Landsgemeinde di Glarona. Altri vorrebbero estendere il diritto di voto agli stranieri, dopo averlo concesso agli svizzeri all’estero (1977): ora questa opportunità è data solo in alcuni Comuni/Cantoni romandi. Altri ancora puntano tutto sul voto elettronico, visto come rimedio efficace contro ogni tentazione astensionistica. Sarà così?