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L’economia secondo l’etica kantiana

/ 30/12/2024
Angelo Rossi

Non vogliamo chiudere questo anno di celebrazioni kantiane (Immanuel Kant nacque nel 1724) senza parlare della sua posizione nei confronti dell’economia. L’importanza di Kant, nell’evoluzione del pensiero filosofico è tale che il lettore ci perdonerà se, per una volta, mettiamo i piedi su un terreno che, per insufficienza di conoscenze, potrebbe rivelarsi sdrucciolevole. Il posto che le riflessioni sull’economia hanno nel pensiero kantiano è abbastanza esiguo. Rispetto a questa scienza che ai suoi tempi era agli albori, la posizione di Kant è prossima a quella dei rappresentanti della Staatskunde. Essi, nel Settecento, si occupavano soprattutto di descrivere le cose attinenti allo Stato. Una gestione oculata delle finanze pubbliche poteva essere la loro maggiore preoccupazione. È una posizione che può interessare più gli esperti di statistica che gli economisti. In economia Kant resta invece importante per la sua concezione dell’etica anche se era lontano mille miglia dall’utilitarismo dei primi economisti. Stando a contributi recenti di studiosi americani e tedeschi, la teoria economica potrebbe comunque trarre vantaggio dall’integrazione di alcuni concetti della sua filosofia morale come l’autonomia, ossia il potere della ragione di dare a sé stessa la propria morale, prescindendo da condizionamenti esterni, la dignità e il carattere.

Come si sa, nell’economia tradizionale impera la figura dell’homo oeconomicus che cerca di massimizzare l’utilità o il profitto seguendo i suoi interessi, senza preoccuparsi di principi o aspetti etici. L’economia tradizionale, che mette l’accento sull’efficienza del mercato e sulle scelte secondo le preferenze dell’essere razionale che è l’homo oeconomicus, trascura così il ruolo che possono giocare nelle decisioni economiche di tutti i giorni i diritti umani, la dignità e l’autonomia. Come si è già ricordato, scelte basate su principi morali non figurano nella teoria delle decisioni economiche. I critici odierni di ispirazione kantiana, come per esempio il professore americano Mark D. White o il filosofo tedesco Armin Brosch, affermano che un approccio del genere è lacunoso. Essi auspicano perciò che si faccia dell’homo oeconomicus un vero essere umano integrando l’etica kantiana nella scienza economica. L’analisi economica ne uscirebbe modificata in tre modi. In primo luogo si comprenderebbero meglio le scelte degli agenti economici perché le stesse sono sempre influenzate non solo dalle loro preferenze in rapporto al reddito di cui dispongono, ma anche da principi etici. In secondo luogo una simile integrazione metterebbe più in evidenza l’importanza dell’economia del benessere che è all’origine di politiche che influenzano non solo le condizioni materiali di vita dell’individuo ma anche la sua autonomia e la sua dignità.

Da ultimo essa riconcilierebbe l’approccio individualista della teoria micro-economica con la responsabilità sociale su cui insiste l’etica. Ma come fare? I filosofi che si sono occupati del problema di integrare l’etica kantiana nell’approccio teorico tradizionale della scienza economica non suggeriscono soluzioni pratiche. Se vogliamo trovare soluzioni dobbiamo considerare come finora gli economisti, un po’ a tastoni, si sono occupati delle insufficienze morali della loro scienza. Secondo noi vi sono già tre campi di indagine interessanti. Il primo è quello dei costi sociali: si tratta di danni provocati da transazioni economiche che normalmente non vengono compensati dal meccanismo del mercato. Gli economisti, in questi casi, non modificano il loro approccio, ma cercano di estenderlo anche a questi beni, internalizzando i costi sociali. Il secondo è quello della polemica sulla definizione del prodotto nazionale. Il prodotto nazionale non prende in considerazione costi importanti; anzi talvolta li considera come dei valori aggiunti, ossia come prestazioni positive. La presa in considerazione degli aspetti morali si fa qui con una estensione del metodo, aggiungendo nuovi conti al sistema di contabilità nazionale. Il terzo è rappresentato dall’economia del comportamento, un nuovo campo di indagine che torna a valorizzare i contributi della psicologia all’economia e che ha preso di recente un grande sviluppo, con più di un premio Nobel per l’economia. In questo caso si cerca di spiegare, con esperimenti, perché l’essere umano spesso non decide come farebbe l’homo oeconomicus. Immaginiamo che, in un angolo di questi laboratori, sieda il fantasma di Kant.