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Tennis: fine di un’era o colpo di coda?
Giancarlo Dionisio
Che cosa ci riserverà il grande tennis nel 2025? Sarà l’anno zero, quello di una nuova frontiera? Oppure, vibreremo per l’ultima scossa di assestamento di Novak Djokovic? Gioco d’azzardo e quoto la prima opzione. Non ho nulla da perdere. È un gioco. Sono dell’idea che l’ultimo colpo di coda, Nole lo abbia proposto in occasione della finale olimpica. Contro un avversario più giovane, più fresco, più reattivo, tennisticamente più fantasioso, il campione serbo è andato oltre le tribolazioni di una stagione irta di difficoltà e ha saputo attingere a risorse mentali e fisiche che probabilmente neppure lui sospettava di avere ancora dentro di sé. In fondo, il titolo olimpico era l’ultimo trofeo che mancava in bacheca. Rafael Nadal lo aveva conquistato in singolare nel 2008 a Pechino e nel doppio con Marc Lopez a Rio de Janeiro nel 2016. Roger Federer in doppio con Stan Wawrinka sedici anni fa nella capitale cinese. Per Novak, lacuna colmata a Parigi, con tanto di lacrime, che hanno reso più simpatico questo fenomeno spesso ruvido, polemico, indisponente.
Roger, classe 1981, ha fatto la riverenza il 25 settembre del 2022. Rafa, classe 1986, ha scritto i titoli di coda dopo la recente sfida di Coppa Davis persa dalla Spagna contro i Paesi Bassi. Nole, classe 1987, il prossimo anno, con ogni probabilità scenderà ancora in campo. Se i suoi avversari fossero ancora i soliti che per anni sono stati considerati gli alfieri della Next Generation, Dimitrov, Zverev, Medvedev, eccetera, Djokovic passeggerebbe senza pietà su di loro, incrementando il suo record di 24 Grandi Slam vinti. Tuttavia, e torno alla scommessa inziale, sul pianeta tennis sono atterrati due giovani marziani: Carlos Alcaraz e Yannick Sinner. Non sto a disquisire su chi sia il più forte dei due. Ce lo diranno il tempo e la storia.
Mi limito a dire che il campione altoatesino, attuale numero uno del ranking mondiale, ha Federer quale idolo e modello, ma propone un gioco che pare un mix tra quello di Nadal e quello di Djokovic. Dal canto suo lo spagnolo, epigono del suo connazionale maiorchino, porta in campo la fantasia e l’imprevedibilità di Roger.
Gli ultimi 20 anni hanno elevato il tennis a fenomeno di culto. Le sfide tra i Magnifici Tre hanno fatto lievitare share e rating. Hanno spesso scalzato il calcio dalle prime pagine dei quotidiani, in Paesi profondamente calciofili come Italia e Spagna, ma anche nel resto del mondo. A eccezione della Svizzera, dove i media hanno manifestato stima e amore nei confronti di Roger Federer con profondo pudore. Ma, si sa, noi siamo più tiepidi. L’esultanza tendiamo a portarcela nel cuore, senza ostentarla eccessivamente. Yannick e Carlos, i due nuovi padroni del vapore, stanno dando continuità allo star system. Non passa giorno senza che un organo di stampa proponga un servizio che li riguardi. Anche quando non scendono in campo. Dal confronto dei guadagni, alla percentuale di prime di servizio vincenti, al numero di aces, fino a sconfinare ai limiti dell’iperbole, alla ricerca di dati scientifici che ci facciano capire chi, tra Sinner, Alcaraz e il vecchio Djokovic, sia il più forte sul piano mentale. Personalmente non mi interessa. Il dato ce lo fornisce e ce lo fornirà il campo.
Quante volte mi sono sorpreso a pensare «maledizione, se Roger fosse stato mentalmente più solido avrebbe almeno 30 Grandi Slam in bacheca». Perché il suo era e sarà, fino a prova contraria, il miglior tennis di sempre. Sia chiaro, l’Altoatesino e l’Iberico non sono lontani anni luce. Anzi. Tuttavia, per esaltare ulteriormente il loro cammino verso la gloria, manca il terzo incomodo, colui che spezza la dicotomia, quello che scatena dinamiche trasversali nella passione e nel tifo. Lo è stato, per anni, Novak Djokovic nel duello tra Federer e Nadal, prima di mettere la freccia e operare il sorpasso. Tre è il numero della perfezione, dell’armonia tra sacro e profano. Attorno al tre ruota la struttura della dantesca Divina commedia. Federer-Mozart, Nadal-Beethoven, Djokovic-Wagner? Qualcuno troverà presto delle analogie tra i due nuovi astri e qualche grande artista della storia. Ma per rendere la loro ancora più emozionante – e più godibile per noi profani – largo al terzo incomodo. Per ora, all’orizzonte, non ne vedo. Ma, per l’appunto, pure io sono solo un profano che anela emozioni.