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Navi da crociera, la sfida della sostenibilità

/ 16/12/2024
Claudio Visentin

Sciopero! A fine novembre la nave Diana di Swan Hellenic ha dovuto interrompere la sua crociera in Antartide a due terzi del percorso per la rottura di un motore, cancellando gli scali previsti e tornando a Ushuaia, in Argentina. Ai duecento passeggeri è stato proposto un indennizzo del 50% – dopo tutto una buona parte della crociera si era svolta ordinatamente – ma alcuni hanno chiesto un rimborso integrale della quota. E di fronte al rifiuto della compagnia, hanno cominciato uno sciopero della fame.

La notizia fa sorridere e pensare, a seconda dei punti di vista. Per cominciare è divertente uno sciopero della fame nel regno del buffet selvaggio a tutte le ore. È invece interessante come il desiderio di avventura si leghi all’idea che anche in quelle terre estreme tutto debba funzionare sempre alla perfezione. Chi mai dovrebbe riparare un guasto importante (che può sempre capitare) così lontano da ogni centro abitato? E invece «Anche gli ascensori sono fuori servizio!!!» ha commentato sui social un crocierista, che forse sino a poco prima si sentiva un audace esploratore antartico.

L’intera vicenda comunque è stata presto dimenticata perché le compagnie di navigazione hanno questioni più urgenti alle quali pensare. Se la pandemia ha sferrato un colpo terribile all’intero settore, la ripresa è stata rapidissima, con 31,7 milioni di passeggeri nel 2023 (+7% rispetto al 2019) e 35,7 nel 2024, con ricavi superiori a 30 miliardi di dollari. Evidentemente la crociera è una forma di vacanza di massa poco amata dagli intellettuali, ma gradita a tutti gli altri. Nel frattempo però le grandi navi sono diventate un simbolo di Overtourism e diversi porti – Venezia, Amsterdam, Barcellona, Dubrovnik, Santorini – hanno adottato misure restrittive o vietato loro l’accesso.

Non è una buona notizia ma neppure la fine del mondo. Le navi da crociera di ultima generazione sono progettate come mondi chiusi e autosufficienti. La vera attrazione non è il mare, quanto piuttosto la nave, con le sue meraviglie tecnologiche e l’offerta di infiniti svaghi. Per esempio lo scorso gennaio Royal Caribbean ha varato Icon of the Seas, la più grande nave da crociera del mondo. In realtà più che una nave ricorda una smisurata chiatta con una città accampata sopra; non a caso è stata impietosamente soprannominata la «lasagna umana» (di nuovo il cibo!).

Icon of the Seas è lunga 365 metri con una stazza di 250’800 tonnellate (per fare un paragone, il celebre Titanic non raggiungeva le cinquantamila tonnellate). Coi suoi 20 ponti Icon of the Seas può accogliere fino a 7600 ospiti e 2350 membri di equipaggio. Le attrazioni sono infinite: un gigantesco parco acquatico, un simulatore di surf, una piscina a sfioro, una pista di pattinaggio sul ghiaccio, un percorso sospeso e Central Park, la riproduzione in scala di un quartiere con alberi, negozi e ristoranti in mezzo al mare. Ovviamente anche le cabine sono lussuose; la tradizionale sobrietà è solo un ricordo.

Se il disamore delle destinazioni è dunque superabile restando in mare aperto, la vera sfida è la sostenibilità. Le navi da crociera sono da tempo sotto accusa per l’elevato impatto ambientale. Secondo uno studio del 2019 condotto dalla ONG Transport & Environment, nel 2017 le navi da crociera nelle sole acque europee hanno emesso dieci volte più biossido di zolfo (SO₂) di tutte le auto del continente. Una nave da crociera di grandi dimensioni può consumare fino a 250 tonnellate di carburante al giorno, di solito olio combustibile pesante, un residuo della raffinazione del petrolio ricco di zolfo e altamente inquinante. Per prevenire queste critiche Icon of the Seas è alimentata con gas naturale liquefatto, ma questa scelta non è bastata a evitare le critiche degli ambientalisti, che hanno parlato anzi di greenwashing, ovvero di una finzione interessata: le emissioni di metano da GNL, infatti, sarebbero ancor più dannose per l’ambiente.

Le grandi compagnie ne sono consapevoli credo, ma le celle a combustibile, soluzione ideale, non sono ancora pronte. E bisogna comunque giustificare la palese inutilità di questi colossi vaganti per gli oceani. Forse lo sciopero della fame dovrebbero farlo le crociere, invece dei passeggeri?