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La strana coppia
Carlo Silini
Più li guardo, più fatico a capire. Cosa c’entra Donald Trump con Elon Musk? I loro interessi coincidono, dicono. Ma non ne sarei così sicuro. Partiamo dall’anomalia di base. Per cosa è diventato famoso Musk? Per Tesla, l’azienda di auto elettriche nata per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e promuovere l’energia sostenibile, due idee che Trump – baldo avversario della transizione ecologica – ridicolizza da sempre.
Vero che in tempo di campagna elettorale sia l’uno che l’altro si sono sforzati di mostrarsi aperti e ruffianamente comprensivi: Musk verso le auto a benzina e Trump verso quelle elettriche (ammettendo: «Devo esserlo. Elon mi ha sostenuto con forza»), ma la filosofia di partenza dei due è quasi opposta.
Vero anche che, oltre a Tesla, l’uomo più ricco del mondo si è inventato un impero tra cielo e Terra fatto di navicelle spaziali, interfacce tra cervello e computer, tunnel sotterranei e reti satellitari. Niente a che vedere col mondo di Trump, che ha fatto i dollaroni con modalità più terra-terra. Il primo è un alieno, il secondo un cow boy. Nel grande avanspettacolo dell’universo, Musk scruta le galassie, Trump le soubrette.
Anche il backround politico è diverso. Musk aveva votato Obama e fino a poco tempo fa si definiva un democratico moderato. Dicono che si sia convertito alla causa trumpian-repubblicana per stizza: non avrebbe digerito lo smacco inflittogli da Biden che (stupidamente) nel 2022 non l’aveva invitato alla riunione incentrata sulla produzione di veicoli elettrici negli Usa, alla quale erano invece presenti tra gli altri i Ceo di General Motors e Ford. E ha un doloroso rapporto con Vivian Jenna Wilson, figlia transgender di cui dice: «Ho perso mio figlio. Xavier è morto ucciso dal virus woke», cioè dalla visione che sta alla base della difesa dei diritti delle minoranze di tutti i tipi. Musk sarebbe così precipitato tra le braccia dei nemici di Biden da una parte e degli avversari del «gender» dall’altra; quindi – è matematico – tra le braccia di Trump. Può essere: il salto della quaglia da sinistra a destra è una specialità che abbiamo visto praticato con gran leggerezza anche a casa nostra. Ma, nel caso di Musk, sembra motivato più da ragioni di frustrazione/rivalsa che da un’adesione profonda a una dottrina politica. Un po’ poco per farne un faro dell’ideologia trumpista.
Non si possono negare punti di contatto, come l’avversione verso l’Unione europea (Trump per protezionismo economico e Musk per l’insofferenza alle rigide normative di controllo sul suo social network) e la comune malcelata simpatia per leader «forti» come Putin, Xi Jimping, Milei o Maduro. Ognuno di loro, inoltre, ammira il decisionismo dell’altro. Musk elogia lo stile muscolare di Trump e Trump si complimenta con Musk per i licenziamenti di massa a Twitter al suo arrivo nel 2022 (seimila teste saltate in un solo colpo). Tutti e due toccano «le corde primordiali della maschilità: orgoglio, forza, prepotenza, sprezzo delle regole, istinto di avventura, tribalismo, impazienza, istinto», come aveva scritto riferendosi a Trump lo storico Francesco Chiamulera.
Ma il loro è soprattutto un matrimonio d’interesse. Da Musk, oltre al sostegno finanziario della campagna, Trump aveva già ottenuto la resurrezione del suo profilo su X-Twitter, spento dopo l’assalto al Campidoglio e riattivato quando Musk è diventato padrone del social. Da Trump Musk otterrà il ruolo di capo del Dipartimento per l’efficienza nel prossimo Governo Usa e il probabile via libera anticipato alle sue future fantasmagorie.
Durerà? Vedremo. A naso l’universo sembra troppo piccolo per contenere due galli di questo calibro nello stesso pollaio intergalattico.