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Il motore dell’economia europea si è ingrippato

/ 18/11/2024
Angelo Rossi

La grande novità, nella congiuntura economica europea degli ultimi trimestri, è rappresentata dalla recessione dell’economia tedesca. Dopo l’anno di crisi del Covid e la fiammata inflazionista che ne ha frenato la crescita fino al 2023, questa economia non sembra più in grado di riprendersi. Si tratta di una novità in assoluto perché, dagli anni Cinquanta dello scorso secolo in poi, l’economia in questione è sempre stata il motore dell’economia europea. Ora sembra che questo motore si sia seriamente ingrippato. Sono diversi i fattori all’origine di questa prolungata recessione. Quello però che più colpisce l’osservatore esterno è la crisi che si sta sviluppando nell’industria automobilistica che, dalla fine della Seconda guerra mondiale, ha sempre rappresentato il fiore all’occhiello dell’economia germanica. Per dare un’idea della sua importanza basterà ricordare che nel 2023 aveva ottenuto un fatturato di 564 miliardi, occupava più di 800’000 persone e il suo valore aggiunto rappresentava il 5% del Pil tedesco.

Per apprezzare l’importanza di questo ramo dell’economia germanica bisogna però pensare che attorno ai grandi produttori di automobili vivono e si sviluppano centinaia di medie e piccole aziende che li riforniscono di materie prime, prodotti semi-finiti e componenti per l’auto nelle diverse fasi della filiera, dalla progettazione alla produzione fino alla vendita. Tenendo conto di questa galassia di aziende si può stimare che la quota del settore automobilistico nel Pil tedesco superi il 10%. Ad essere in crisi è soprattutto la Volkswagen di Wolfsburg che è anche la maggior azienda dell’industria automobilistica in Europa. A rivelare al largo pubblico la crisi della VW fu dapprima l’annuncio, un paio di mesi fa, stando al quale l’azienda voleva rivedere i contratti collettivi, in particolare sospendere la norma che assicurava il posto di lavoro per poter licenziare, l’anno prossimo, una parte dei dipendenti. Poi è apparso un piano di ristrutturazione stando al quale VW avrebbe chiuso 3 dei 13 stabilimenti che possiede in Germania. Non è solo la fine di un’epoca, che aveva visto il gigante di Wolfsburg dominare nei mercati di tutto il mondo. Ma anche la fine di un mito: quello della Volkswagen che non licenziava.

Le ragioni della crisi sono come sempre diverse. Da un lato vi è una tendenza di lungo termine al ristagno della domanda nei Paesi sviluppati. La domanda di automobili ha un andamento sinusoidale, vale a dire a forma di S. Ora nei mercati avanzati di Europa e America ha raggiunto il suo punto più elevato; anzi da qualche anno ristagna. Nell’ultimo decennio la variazione delle vendite di automobili è stata nulla per i mercati degli Usa e del Canada, mentre ha segnato solo un lieve aumento, pari al 4%, per i mercati europei. E questo nonostante gli ingenti investimenti nella pubblicità per nuovi modelli o per i veicoli elettrici. I mercati tradizionali sono saturi. Solo in Cina la domanda di automobili continua a crescere in modo sostenuto: dal 2013 al 2023 essa ha segnato un aumento del 25%. Tuttavia a disputarsi questo aumento sono oggi in molti. Oltre alle case automobilistiche europee, giapponesi e americane (Tesla in particolare), a soddisfare la domanda cinese concorrono anche i marchi locali. Le vendite di case come la Byd, la Geely, la Changan, la Chery, la Li Auto, la Dongfeng, la Gac, la Bacc e altre ancora sono in continua ascesa. È probabile che oggi la loro quota di mercato si avvicini, nel loro Paese, al 50%. È dunque la concorrenza della Cina, in particolare sul suo mercato, uno dei pochi ancora in espansione, che sta dando il mal di pancia ai produttori tedeschi. Essi si lamentano perché il Governo cinese accorda sostanziali aiuti alla produzione di casa, creando quindi una situazione di concorrenza sleale. Come abbiamo già ricordato, le conseguenze di questo stato di cose stanno diventano catastrofiche per l’economia tedesca che anche quest’anno non crescerà. Nel corso delle ultime settimane, poi, le difficoltà economiche hanno messo in crisi anche la coalizione rosso-giallo-verde che governa in Germania. Per non essere stata capace di trovare un accordo su un piano di rilancio economico la stessa, al governo dal 2021, è andata in frantumi. Il cancelliere Scholz presenterà la domanda di fiducia al Parlamento (16 dicembre) e si andrà al voto anticipato verosimilmente il 23 febbraio 2025. Il momento è veramente molto critico!