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Edoardo Prati

/ 11/11/2024
Simona Ravizza

«Curate ut valeatis!». Non è che gli adolescenti improvvisamente si siano messi a salutare i loro amici al motto di «Statemi bene!» in latino. Ma ne Le parole dei figli ricorre spesso il nome di chi si congeda con queste parole dai propri giovani follower (oltre mezzo milione su Instagram e quasi 300mila su TikTok). È il content creator letterario Edoardo Prati, nato nel 2004 a Rimini, liceo classico Giulio Cesare, oggi studente di Lettere classiche a Bologna, in scena nei teatri con lo spettacolo Cantami d’amore.

Cosa ci racconta dei nostri figli questo 20enne in grado di parlare ai Gen Z sdoganando i libroni che fanno paura, lui che nei suoi video cita i classici nella lingua degli antichi romani, Catullo lo fa in musica, usa due fiammiferi per spiegare il significato di uno dei versi più celebri della Divina Commedia («Amor, ch’a nullo amato amar perdona»), e invita a sentire le emozioni di un testo più che a studiarlo? Per aiutare la «Generazione Ansia» alla ricerca della felicità Prati s’appella a Seneca che all’inizio del De vita beata dice: «Tutti, o fratello Gallione, vogliono vivere felici, ma quando poi si tratta di riconoscere cos’è che rende felice la vita, ecco che ti vanno a tentoni; a tal punto è così poco facile nella vita raggiungere la felicità, che uno, quanto più affannosamente la cerca, tanto più se ne allontana…». Per incoraggiare i coetanei che rifiutano il modello nine to five job (ossia il lavoro dalle 9 di mattina alle 5 di pomeriggio), ma che poi hanno paura a inseguire le proprie passioni per il timore di ritrovarsi disoccupati, Prati usa le parole di Machiavelli: «La vita ti offre l’occasione, la fortuna di applicare la tua virtù». Il suo messaggio: «Troppo spesso oggi ci preoccupiamo dell’occasione, e non di costruire la possibile virtù». L’importanza di avere qualcuno/qualcosa nella vita cui aggrapparsi nei momenti di difficoltà commuove con Virgilio che, nel IV libro delle Georgiche, racconta come le api in mezzo al vento e alle intemperie si stringano forte a un sassolino per salvarsi. Evviva, dunque, alla fortuna di chi ha il proprio sassolino! Piangiamo pure quanto ci pare – dice ancora Prati – con l’Alcesti di Euripide dove Admeto, il marito-vedovo, a chi gli chiede cosa ci guadagni a voler sempre piangere, risponde: «Niente, lo riconosco: ma mi travolge questo desiderio di lacrime». Non ci deve essere vergogna a riconoscere che l’amore passa anche attraverso gli occhi per arrivare al cuore: lo ammetteva già Petrarca. A chi fa i conti con il primo amore che fa tremare Prati ricorda Dante quando nella Vita Nova vede per la prima volta Beatrice: «Apparve vestita di nobilissimo colore, umile e onesto, sanguigno, … Lo spirito de la vita, lo quale dimora ne la secretissima camera de lo cuore, cominciò a tremare sì fortemente, che apparia ne li menimi polsi orribilmente». E dell’emozione del primo bacio ci parla con Gli amori pastorali di Dafni e Cloe, romanzo greco di Longo Sofista: «Mi manca il respiro, ho il cuore in gola, l’animo mi si strugge, eppure ho di nuovo voglia di baciarla».

Ma la letteratura è anche politica e allora ecco Tiberio Gracco che nel 133 avanti Cristo capisce già l’assurdità di tanta ricchezza in mano a pochi a scapito di molti: il politico romano, infatti, con la sua riforma agraria stabilisce che nessuno può possedere più di 500 iugeri di terre pubbliche, cui se ne possono aggiungere altri 250 per ogni figlio maschio. Lo Stato suddividerà i terreni restituiti in fondi da 30 iugeri da assegnare ai poveri. L’ inno alla pace è nelle parole di Lisistrata di Aristofane, la donna ateniese che invita le altre mogli a fare uno sciopero del sesso finché gli uomini non firmeranno la pace.

Prati ci racconta insomma le ansie, i timori, i cuori che battono dei nostri figli e ha la capacità di incitarli a trovare risposte nella letteratura. Ma ci mostra anche i loro ideali che stridono con la realtà in cui vivono. Il giovane content creator cita poi un passaggio fenomenale del monologo di Micione nell’Adelphoe di Terenzio che riguarda l’educazione: «Questo è il compito di un padre, abituare suo figlio ad agire onestamente da solo, anziché per paura degli altri: è questa la differenza che c’è tra il padre e il padrone». Lo dice nel 160 avanti Cristo. Vale la pena rifletterci ancora oggi.