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La perdita dell’innocenza: la morte prematura di un «teen idol»

/ 11/11/2024
Benedicta Froelich

Per quanto quella di popstar venga raramente annoverata tra le professioni foriere di grandi rischi – difficile, in effetti, vederla figurare accanto a mestieri del calibro di pompiere o minatore – non vi è dubbio che gli ultimi decenni abbiano dimostrato come l’ambito del pop-rock da classifica (quello, per intenderci, che smuove milioni di dollari all’anno), vada soggetto a un tasso di mortalità molto alto: basti pensare al famoso 27 Club, simbolicamente istituito negli anni 70 in omaggio a tutti i grandi artisti dell’epoca scomparsi quando appena ventisettenni – da Janis Joplin a Jimi Hendrix, fino a Jim Morrison.

Ebbene, il fatto che oggi i tempi siano, per certi versi, un po’ meno «spericolati» rispetto all’epoca d’oro del rock a cui le leggende sopraccitate appartengono, ci ha forse in parte disabituati alle dipartite premature; ed è solo quando una nuova disgrazia invade i tabloid che ci rendiamo conto di come lo star system possa tuttora essere molto spietato. Una consapevolezza che assume toni particolarmente foschi quando a morire improvvisamente (in questo caso, in circostanze poco chiare) è un vero e proprio idolo adolescenziale quale il trentunenne britannico Liam Payne, ex membro della formazione degli One Direction, osannata dalle ragazzine di mezzo mondo. Una parabola, la sua, giunta a una fine impietosa quasi un mese fa, quando Payne è rimasto vittima di una caduta fatale dal balcone della sua stanza in un hotel di Buenos Aires.

Davanti a una simile disgrazia, la risposta del pubblico è stata immediata: nelle maggiori città del mondo – da New York a Londra e Parigi – si sono subito svolte lunghe veglie improvvisate, che hanno visto le giovanissime fan riunirsi spontaneamente tra distese di fotografie, letterine e pupazzi per celebrare il «grande assente» in sentita fratellanza e comunione d’intenti. Del resto, solo chi è stato adolescente nell’era della comunicazione di massa sa quanto possa essere profondo l’influsso esercitato da un teen idol sulle sue ammiratrici: ragazzine sognanti e altamente emotive, innamorate del proprio eroe con quell’ingenua, leale devozione tipica di simili sogni a occhi aperti.

Eppure, molto spesso questa forma di idolatria costituisce il banco di prova dell’età adulta: qualcosa che va ben oltre l’identificazione con personaggi irraggiungibili, grazie soprattutto al forte potere evocativo della musica, in grado di rendere il legame con il cantante del cuore un’esperienza particolarmente coinvolgente. La forma canzone offre infatti una sorta di «portale» verso altre esperienze e suggestioni, in un’immedesimazione pressoché totale con il vissuto espresso dalle liriche – motivo per cui i testi dei brani vengono mandati a memoria dai teen-ager italofoni, costituendo spesso il loro primo incontro con la lingua inglese e con realtà e dinamiche diverse dalle proprie.

Forse è per questo che, laddove gli adulti più smaliziati potranno sorridere davanti alla percezione ai loro occhi «alterata» che le fan più devote hanno della morte di Payne, allo stesso tempo è chiaro come non si possa sottovalutare una perdita per molti versi insanabile come la prematura dipartita di un idolo giovanile – probabilmente, per molte ragazze, il primo, reale contatto con una forma tanto prematura, nonché inspiegabile, di morte.

Non solo: lo spettro della scomparsa violenta, avvenuta in circostanze ambigue (molti sono tuttora gli interrogativi senza risposta nel «caso Payne») sembra legare in modo quantomeno lugubre il giovane Liam a noti beniamini rock di precedenti generazioni, quali Kurt Cobain e Michael Hutchence; e se da un lato ciò spinge a riflessioni quantomeno scomode sul ruolo giocato da uno star system per molti versi affine a un «tritacarne» di role models, serve anche a ricordarci l’importanza di intavolare un vero dialogo su simili argomenti. Evitando, per una volta tanto, di sorridere dello «sproporzionato» dolore provato dalle adolescenti davanti a una delle prime, grandi tragedie che l’alba dell’età adulta propone loro – ma, piuttosto, cercando di accompagnarle in una forma di comprensione non giudicante, che possa contribuire a farne, un domani, adulti empatici e attenti alle sofferenze altrui.