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Stati Uniti: le strategie di Harris e Trump

/ 21/10/2024
Paola Peduzzi

Martedì 5 novembre gli elettori statunitensi sono chiamati a scegliere il loro nuovo o la loro nuova presidente. I sondaggi indicano un pareggio, si muovono leggermente da settimane e dentro il margine di errore. Alla sua terza candidatura per il Partito repubblicano, Donald Trump è molto competitivo, nonostante porti con sé una retorica eversiva che ha già trovato la sua espressione nell’attacco al palazzo del Campidoglio del 6 gennaio 2021. Quel che qualche anno fa sembrava un’impermeabilità dell’ex presidente a qualsiasi inciampo che avrebbe stroncato la carriera a chiunque, ora si può definire «normalizzazione». Trump con le sue bugie, le sue accuse, i suoi insulti, le sue proposte fantasiose è diventato normale. Gli elettori sostengono di aver imparato a fare la tara a quel che dice; sanno che, per dire, gli immigrati da Haiti non mangiano i gatti dei vicini, ma l’idea sottostante, cioè la regolamentazione degli ingressi, è giusta, quindi lo votano. Questa normalizzazione ha avuto un effetto esaltante sul candidato repubblicano, che ha levato anche i pochi freni rimasti e si è messo a esplicitare il fatto che, se dovesse perdere, la colpa sarebbe dei nuovi brogli elettorali e che quindi si sta preparando a una transizione belligerante del potere. L’esaltazione riguarda anche la strategia scelta in queste ultime settimane: grandi comizi in Stati non in bilico e anzi solidamente democratici, come la California o l’appuntamento del 27 ottobre al Madison Square Garden di New York, in modo da avere risonanza a livello nazionale. Trump è convinto che, in una situazione di pareggio, sia questa la tattica più efficace. Kamala Harris, che ha ridato vita alla campagna elettorale del Partito democratico, di fronte alla normalizzazione del suo avversario ha deciso di diventare più precisa e aggressiva nel contestare le bugie e l’opacità di Trump e di visitare ogni circoscrizione contendibile negli Stati considerati in bilico, in particolare la Pennsylvania, lo Stato che chi vuole arrivare alla Casa Bianca non può perdere. Poiché questa elezione verrà decisa da pochi milioni di persone, Harris cerca di andare tra gli indecisi, organizza piccoli comizi molto calorosi nelle città considerate decisive.

La candidata dei democratici sta incontrando grandi difficoltà in particolare tra le minoranze afroamericane e ispaniche. Ha recuperato rispetto ai numeri che aveva Joe Biden ma non abbastanza: nelle elezioni del 2016 il voto dei neri è andato per il 92% a Hillary Clinton, con solo un 7% per Trump; nel 2020 il 90% dei neri ha votato per Biden, con Trump al 9%; secondo una rilevazione recente Harris vincerebbe il voto degli afroamericani 78 a 15%. Questo vuol dire che una parte del voto si è trasferita verso Trump e si tratta in particolare di giovani uomini. Un’altra tendenza è proprio questa: una divisione di genere ben più spiccata rispetto agli altri anni, per cui gli uomini votano l’uomo e le donne votano la donna. Barack Obama, l’ex presidente che ha appena iniziato il suo tour a sostegno di Harris, si è rivolto direttamente ai «fratelli» neri: non siate sessisti, non fatevi illudere da chi si pone come un uomo forte… Parole precise, segno di preoccupazione. Per quanto riguarda i latinos (ispanici) una delle richieste principali riguarda il controllo dell’immigrazione e della criminalità, e per questo Trump si sta rafforzando. Nel 2016 Clinton aveva vinto 68-28% contro Trump; nel 2020 Biden si era imposto 62-36% e, secondo recenti rilevazioni, Harris è avanti 56-37%: anche in questo caso un grande rischio negli Stati in bilico con una forte presenza ispanica, come l’Arizona e il Nevada. Proprio come accade per i black, sono soprattutto gli uomini a indicare la propensione a votare per Trump, e rappresentano proprio quel fenomeno di normalizzazione che ha consentito all’ex presidente di restare nella corsa dentro al suo partito e di fronte all’elettorato. Gli elettori ispanici sono d’accordo sulla linea dura di Trump e, tra quelli che sono negli Usa da qualche generazione, cresce il consenso per la deportazione degli immigrati illegali (che sono per la maggior parte latinos) proposta dall’ex presidente. Durante l’intervista con Charlamagne tha God, popolarissimo tra i giovani afroamericani, Harris ha messo insieme le sue strategie utilizzando anche le indicazioni di Obama e ha detto: Trump è un autocrate, si mostra forte ma è fragile e ha bisogno di minacce e imbrogli per sentirsi solido. Soprattutto: non si prenderà cura di voi, cerca solo il potere e lo fa mentendo, e no, questo non è normale.