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Coltelli a doppio taglio
Orazio Martinetti
Trafiletto in cronaca, riportato dai nostri due quotidiani circa un mese fa: alle quattro del mattino due ragazzine baruffano davanti ad una discoteca nel quartiere Maghetti di Lugano. Ad un certo punto una delle contendenti brandisce un coltello, che finisce – non gravemente, per fortuna – nelle carni dell’altra. Che ci facevano due adolescenti di quattordici-quindici anni nelle ore dell’alba? I genitori sapevano, avevano dato il loro benestare? E soprattutto: com’era possibile che una delle due andasse in giro con un taglierino nella borsetta? Era consuetudine in quelle «infide» viuzze del centro città? Sono domande inevitabili, che a loro volta generano altri interrogativi su episodi di micro-criminalità che credevamo appartenessero ad altri contesti urbani: di degrado, violenza, abbandono.
Poi c’è questo utensile che tutti noi conserviamo in cucina: il coltello. Che a un tratto diventa un’arma bianca, uno strumento di offesa e spesso di morte. Un protagonista indiscusso di efferati delitti fin dai tempi remoti, con episodi che hanno segnato passaggi d’epoca: l’agguato a Giulio Cesare, la congiura dei Pazzi contro i Medici nella Firenze rinascimentale, l’assassinio dell’imperatrice d’Austria («Sissi») a Ginevra nel 1898 ad opera dell’anarchico Luigi Lucchesi, fino all’esaltazione delle truppe d’assalto che durante la guerra del 14-18 si gettavano nelle trincee nemiche con il pugnale tra i denti… E come dimenticare il gesto di Gabriele d’Annunzio che alla testa dei suoi legionari estrae platealmente il pugnale dalla guaina durante la spedizione a Fiume. Il profondo taglio riportato sulla copertina dell’ultimo volume di Salman Rushdie, intitolato significativamente Knife, ricorda al lettore l’aggressione subìta dallo scrittore al volto, con la perdita di un occhio.
Negli Stati Uniti si preferisce ricorrere alle armi da fuoco, facilmente reperibili e autorizzate dal secondo emendamento della Costituzione: «Essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una ben organizzata milizia, il diritto dei cittadini di possedere e portare armi non potrà essere violato». Nel vecchio continente vige per fortuna una normativa molto più restrittiva; anche la Svizzera sottopone l’acquisto e la vendita di fucili e pistole a precise condizioni (necessità comprovata di autodifesa, attività sportive, collezionismo, pratiche venatorie). Uno degli argomenti che sempre sorprende e stupisce la stampa estera è la facoltà, per il cittadino-soldato, di portarsi a casa l’arma di ordinanza dopo il servizio. Il timore è che possa servire per compiere rapine o, peggio, per uccidere familiari o suicidarsi (accade anche questo, ma non nella misura che molti paventano).
Il coltello è per contro onnipresente nelle pagine di cronaca nera. Appare in quasi tutti i femminicidi, nei drammi familiari, negli scontri tra tifosi, negli atti terroristici motivati da fanatismi religiosi, com’è accaduto recentemente in Germania, a Solingen, per ironia della storia nota come la «città delle lame».
Il coltello è un aggeggio facilmente reperibile e occultabile, a portata di tutti. Mentre gli aristocratici tirano di scherma, i proletari tengono in tasca il serramanico. Le cronache giornalistiche otto-novecentesche riferiscono di situazioni in cui gli accoltellamenti sono all’ordine del giorno nei sobborghi delle principali città (Berna, Zurigo, Basilea) e nei cantieri ferroviari. I giornali mettono sotto accusa soprattutto gli immigrati italiani, considerati delle «teste calde», sempre pronti a regolare i conti a coltellate. Ecco dunque apparire lo stigma dei popoli latini sanguigni e istintivi, eroi del coltello («Messerhelden»), in preda ai fumi dell’alcol e appassionati di giochi suscettibili di degenerare in rissa come la morra. Ma già qualche secolo prima, stando ai resoconti dei viaggiatori che osavano avventurarsi nelle nostre alte valli, gli uomini usavano recarsi all’osteria con infilati nella cintola falcetti e roncole…
Regolare il mercato delle armi da fuoco è possibile (fuorché negli Stati Uniti, Paese insensibile alle stragi, soprattutto nelle scuole). Limitare e monitorare la circolazione dei coltelli è invece un’impresa disperata. La Germania, dopo Solingen, ha provato ad allestire un catalogo delle armi bianche potenzialmente letali in base alla lunghezza delle lame, alle dimensioni e alle forme, ma la proposta si è subito arenata. Morale: teniamo d’occhio la cucina, locale domestico pericoloso quanto un’armeria. Allarmiamoci subito non appena un coltello sparisce dal cassetto.