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Il derby più lungo è in rampa di lancio

/ 09/09/2024
Giancarlo Dionisio

Per gli appassionati ticinesi di hockey su ghiaccio, il campionato si conclude a marzo o ad aprile. Dipende dalla data in cui escono di scena Ambrì-Piotta e Lugano. Tutto il resto è considerato una sorta di appendice, un optional riservato ai «fini intenditori». Unica eccezione alla visione ticinocentrica della disciplina, lo è, forse, il Mondiale, che si gioca quasi a ridosso dell’estate. Ma a condizione che la Nazionale rossocrociata lo sappia interpretare da grande protagonista, come è capitato quest’anno. Altrimenti scivola via quasi inosservato.

Lo scorso mese di marzo, i biancoblù, dopo una stagione gagliarda e incoraggiante, hanno fallito l’assalto ai play off, eliminati dal Bienne. Poche settimane dopo, i bianconeri, autori di un finale in crescendo, nei quarti non sono stati capaci di superare l’ostacolo Fribourg Gottéron. Col disco riposto in magazzino, in entrambe le curve, su entrambe le tribune, ad Ambrì e a Lugano, il ritornello era lo stesso: «Cavoli, mancano sei mesi alla ripresa del campionato. Riusciremo a sopravvivere?». Quasi come se il fidanzato, o la fidanzata, partisse oltre Oceano per uno stage di lavoro e si cominciasse a fare il conto alla rovescia in attesa del suo ritorno.

Per fortuna la tecnologia ci consente di dialogare a distanza, di vederci, scambiarci effusioni come se fossimo in presenza. Per fortuna, in estate c’è l’hockey-mercato, con le sue certezze, le sue speranze, le sue voci di corridoio, il più delle volte disattese o smentite. Poi c’è la presentazione della nuova squadra, di regola verso fine luglio. In entrambi i casi è un bagno di folla, manco fosse un concerto dei Pink Floyd. Occasione imperdibile per riabbracciare i vecchi amori, e per accogliere e scoprire quelli nuovi. Infine, in agosto, le prime sfide amichevoli, pure ben frequentate, per capire dove si andrà a finire.

In Valle si spera nei play off, ma non si ha il coraggio di dirlo ad alta voce. In Città si vorrebbe un percorso che faccia riaffiorare i fasti del passato, ma anche lì, per scaramanzia, la voce rimane strozzata in gola. A fungere da collante, fra le varie fasi dell’attesa, ci sono i siti specializzati che cavalcano l’hockey 365 giorni all’anno. E i blog, in cui i tifosi più viscerali scaldano i motori in vista di nuove sfide sul ghiaccio, e di nuove battaglie a suon di slogan e sfottò da riproporre in curva.

È il ritratto di un Ticino che esorcizza tutte le sue criticità con un lunghissimo, eterno derby. Forse sbaglio, o forse dal mio personale osservatorio non sono in grado di cogliere le varie sfaccettature della nostra realtà cantonale, tuttavia questa sensazione di crisi d’astinenza non riesco a percepirla nei confronti di altre manifestazioni di massa. Né col Film Festival di Locarno, né col Rabadan, né con le varie sagre della costina, peraltro sempre più travestite da modaiole serate di Street Food.

L’hockey su ghiaccio, dalle nostre parti, è quasi una religione. Parafrasando Karl Marx, potremmo quindi definirlo come una sorta di «oppio dei popoli». Non saprei. Non giudico. È fuori di dubbio che non stiamo vivendo il più roseo – a livello sportivo – dei periodi della storia. Siamo confrontati con la crisi climatica, di cui non si percepiscono le estreme conseguenze, con guerre che preoccupano e che incombono, con migrazioni inevitabili che inquietano, col mercato del lavoro sempre più esiguo e sempre più vittima del dumping salariale, con l’aumento costante del costo della vita, tra energia, assicurazione malattia, affitti, beni di prima necessità, e mi fermo qui.

Insomma, c’è poco da stare allegri. Il campionato di hockey riesce tuttavia a donare a Derbylandia una goccia di serenità, il cui effetto durerà sei mesi. Da ambo le parti si spera qualche settimana in più rispetto alla scorsa stagione. Martedì 17 settembre scoccherà l’ora X. L’Ambrì-Piotta ospiterà il Rapperswil in una Gottardo Arena verosimilmente gremita. Il Lugano sarà di scena a Zugo, per poi ritrovare il suo pubblico giovedì 19, quando alla Cornèr Arena scenderà il Davos.

I diecimila ticinesi che, con largo anticipo, hanno acquistato l’abbonamento stagionale potranno lasciarsi alle spalle un estenuante semestre di hockey virtuale, per tornare nuovamente a vibrare con quello vero, fatto di sudore, di lotta alle assi, di reti segnate, reti fallite, bagarre, coreografie, canti, birra, Bratwurst, lacrime e sorrisi.