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Un monaco titanico
Cesare Poppi
Finalmente in porto a Marina di Ravenna dopo un navigazione un po’ ballerina, il vostro Altropologo preferito volge lo sguardo verso Sud dove i temporali fuggono veloci al di là degli Appennini: laggiù, a 50 chilometri, si staglia contro un cielo plumbeo lo sperone del Monte Titano. Rocca Guaita, Torre Fratta e Torre Montale ne coronano le tre cime. Insieme contribuiscono a formare quell’«azzurra vision di San Marino» – la seconda i della visione rigorosamente pronunciata con la dieresi, sennò la Maestra che ci faceva recitare Romagna di Giovanni Pascoli si arrabbiava molto. Per i bambini della mia generazione la Repubblica di San Marino era un mito. Emetteva i francobolli più belli del mondo: le serie degli uccelli (Il Fagiano da 60 lire del 1960 era per me settenne una meraviglia!), delle farfalle e dei dinosauri hanno segnato un’età di sogni che i videogiochi di oggi invidiano. San Marino sarebbe poi stato per anni e anni l’unico paese estero visitato da noi adolescenti squattrinati figli della piccola borghesia urbana in gita scolastica.
La Repubblica più antica del mondo – o così si dice – incastrata senza sbocco al mare dentro al territorio che ha visto succedersi i regimi politici, le forme di governo e misgoverno ad altissimo quoziente di mortalità (e spesso incompetenza) ricoperte dai soggetti più improbabili e strampalati. E San Marino sempre lì, arroccato, aggrappato, radicato. Imprendibile. La sua vicenda dà la misura di quanto la Storia sia carica di ironia e paradossi. Non fosse stato per i pirati Liburni che dalle coste dalmate attraversarono l’Adriatico per andare a saccheggiare Rimini, San Marino non sarebbe mai stato Stato. Invece alla ricostruzione della città si presentò un certo Marinus. Era costui un muratore specializzato nella lavorazione della pietra proveniente dall’attuale isola di Rab, in Croazia. La leggenda vuole che fosse nato nel 275 e che abbia deciso di fuggire da Rimini sul Monte Titano nel 301 per sfuggire – lui, cristiano – alle persecuzioni di Diocleziano. Con lui l’amico Leo, assieme al quale stabilì la sua eremitica residenza il 3 settembre di quell’Anno Domini. Le prime testimonianze certe dell’esistenza di una comunità monastica sul Monte Titano risalgono al V o VI secolo, quando un certo monaco Eugippo scrive che un altro monaco viveva in un monastero nella zona del Titano. A partire del 1291 i monaci sanmarinesi cominciano a giostrare coi Signori della zona per sottrarsi al pagamento di decime e balzelli riaffermando così la loro autonomia. Prima il vescovo aretino Aldobrandino ne difende i diritti contro i Montefeltro che ci riproveranno al tempo di Bonifacio VIII senza venire a capo di niente. Fiutata l’aria, le comunità di Faetano, Serravalle, Chiesanuova, Fiorentino e Montegiardino chiesero ed ottennero l’annessione fra il 1320 e il 1463: da allora i confini della Repubblica non sono più cambiati.
Oggi, 35’000 sanmarinesi godono il 44esimo reddito procapite più alto del mondo. Ci provarono peraltro anche Cesare Borgia e Fabiano di San Savino, entrambi senza esito. Nel 1739 il Cardinale Giulio Alberoni, legato pontificio di Ravenna, annesse San Marino per una manciata di mesi, ma Papa Clemente XII restaurò l’antica autonomia il 5 febbraio del 1740. Stesso risultato coi francesi di Napoleone, ai quali i sanmarinesi riuscirono addirittura a far firmare una sorta di franchigia diffidando in perpetuo chiunque ad annettersi la Repubblica. Così furono dribblati anche gli Austriaci affannati all’inseguimento di Garibaldi in fuga con la moglie Anita con la famosa beffa di Cesenatico. Fino alla firma di un trattato di sempiterna amicizia con lo Stato Italiano Unitario nel 1860. Allineatosi poi in qualche camaleontico modo al ventennio fascista, con la fine della guerra nella quale era riuscito a restare neutrale, San Marino fu – udite udite – il primo stato occidentale democratico a essere governato da una coalizione di Comunisti e Socialisti che ne avviarono la ricostruzione fra il 1945 e il 1957. Finì, pare, tutto bene. Aveva dunque ragione il Presidente Abraham Lincoln. Al momento di divenire cittadino onorario di San Marino ebbe a dire «un governo fondato su principi repubblicano è in grado di essere amministrato in modo da essere tanto sicuro quanto duraturo»: buon compleanno, azzurro San Marino!