azione.ch
 



Il successo del gaming tra i millenials

/ 19/08/2024
Benedicta Froelich

Ammettiamolo: quanti di noi (perlomeno tra coloro che hanno più di vent’anni) hanno spesso osservato con atteggiamento di malcelata superiorità – e magari anche una punta di compatimento – la pervasiva ossessione dei millennials per i videogiochi? Qualcosa che, complice la rapida evoluzione del mondo del gaming negli ultimi anni, ha ormai assunto per molti i contorni di una vera e propria idée fixe, a cui, con ingente dispendio di risorse, viene dedicato ogni momento del tempo libero.

Ebbene, da oggi quest’altezzosa diffidenza è destinata a ricevere un duro colpo: in concomitanza con i Giochi Olimpici di Parigi, ecco infatti che i cosiddetti e-sports (ovvero, sport virtuali) vengono infine innalzati allo stesso livello di quelli tradizionali grazie a un grande evento di respiro internazionale, la cui prima edizione è tuttora in corso a Riyadh: denominata Esports World Cup, la neonata manifestazione ha visto convergere sulla capitale dell’Arabia Saudita i migliori gamer del mondo – classificatisi in base ai punteggi ottenuti online, e suddivisi in categorie a seconda del videogioco «di specializzazione»: dagli «sparatutto» tattici più noti, come Rainbow Six Siege e Call of Duty, alle versioni aggiornate di giochi dallo status ormai mitico quali Street Fighter, Tekken e l’onnipresente Fortnite. Non solo: a differenza di molte competizioni sportive canoniche, in cui la vittoria è soprattutto questione di prestigio, la Esports Cup presenta un montepremi totale di oltre 60 milioni di dollari (definito come «il più alto al mondo»), tanto che alcuni tra i match a squadre offrono fino a due milioni al team vincente.

Del resto, ne hanno fatta di strada i videogiochi, soprattutto considerando i tempi in cui, circa quarant’anni fa, precursori del genere come Pac-Man, Tetris e Super Mario Bros. si potevano testare soprattutto nelle sale giochi di vacanziera memoria; e se l’avvento di console casalinghe e personal computer ha fatto dei videogame una presenza fissa nella vita quotidiana della società occidentale, nulla avrebbe potuto prepararci al salto di qualità che internet e i social network hanno comportato – collegando gamers collocati agli angoli opposti del mondo e permettendo loro di interagire come parte di team specializzati, al punto da dar vita a una mitologia che nulla ha da invidiare al culto degli eroi olimpici. 

Anche la Esports World Cup, del resto, ha beneficiato di un’opulenta cerimonia di apertura e numerosi eventi collaterali di prestigio, nonché di una copertura mediatica invidiabile, che (previo acquisto di biglietti) ha permesso di assistere alle dirette delle gare su piattaforme online quali YouTube e Dazn.

Il che ci ricorda come, oggi più che mai, l’industria del gaming sia in grado di smuovere miliardi, al punto da costituire, a qualsiasi latitudine, uno dei capisaldi del business legato al tempo libero: tanto per fare un esempio relativo al nostro territorio, recenti indiscrezioni suggeriscono che il Centro Ovale di Chiasso sarebbe sul punto di essere convertito in una struttura dal nome di Ellipticum, destinata a offrire a gamers provenienti da tutta Europa un’esperienza di gioco basata su simulatori virtuali e attrezzature all’avanguardia nel campo degli e-sports.

Tuttavia, al di là degli ingenti investimenti nel settore, l’impressione che se ne deriva appare ambigua: infatti, se da una parte è doveroso permettere ai più giovani (e non solo) di legittimare la propria passione, allo stesso tempo è difficile negare come, soprattutto dopo la recente pandemia, noi tutti ci siamo dovuti adattare all’idea che molte esperienze di vita siano destinate a divenire principalmente virtuali. 

Un’inevitabile conseguenza dell’era digitale, ma anche di un sottile cambiamento nella mentalità della società occidentale – legato, tra le altre cose, alla filosofia del transumanesimo e alle sue varie ripercussioni sulla cultura popolare. 

E forse, basterebbe un po’ più di disponibilità al contatto umano – una maggiore solidarietà quotidiana tra concittadini – per riuscire a conciliare, almeno in parte, questo incipiente senso di «solitudine virtuale» con il nostro innato desiderio di relazioni, scambio e socialità.