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Socrate, l’influencer dell’anima
Lina Bertola
Riprendo alcuni spunti da una bella conversazione estiva con un amico insegnante. Tema: il ruolo dell’educazione di fronte alla presenza sempre crescente di influencer e di relativi followers.
Per cercare di comprendere questo fenomeno così dirompente credo sia necessario prendere in considerazione un bisogno umano che ha radici profonde.
Tutti camminiamo anche dentro la vita degli altri: per imparare a conoscerci, e a riconoscerci, abbiamo bisogno che la vita testimoni sé stessa anche nella presenza dell’Altro. Lo sappiamo bene, anche per noi, animali culturali, l’apprendimento per imitazione è fondamentale fin dalla nascita.
Gli influencer che popolano la rete sono persone che offrono testimonianze di vita rendendo più sottile quella logica del mercato che domina la nostra cultura e tende a impadronirsi di ogni pensiero e di ogni nostra scelta. Grazie alla loro presenza, la promozione di merci di ogni genere passa infatti in modo più discreto, quanto pervasivo, attraverso il vissuto di persone molto brave a esibire esperienze di ogni genere. Dentro un approccio esistenziale su come vestirsi, come truccarsi, come alimentarsi, e via dicendo, il mantra dei consumi si mimetizza nell’esibizione di conoscenze che sono però solo strumenti utili per imparare, a nostra volta, ad esibirci sulla scena del mondo: per imparare a essere o meglio, per imparare ad apparire.
Il fenomeno tocca tutte le età, non solo i giovani, spesso considerati purtroppo un universo a sé, espressione di tutte le fragilità, senza tener conto della complessità delle ragioni del malessere del nostro tempo che può manifestarsi in ogni stagione della vita.
A proposito dei giovani è tuttavia possibile riannodare il fenomeno influencer al tema dell’educazione e in particolare al compito della scuola.
Oggi la politica scolastica sembra sempre più orientata a coltivare la logica delle competenze, disciplinari o trasversali che siano, e sempre più affascinata dalle potenzialità che i mezzi tecnologici offrirebbero all’insegnamento. L’approccio al sapere per competenze apre però un’autostrada alla valorizzazione di quelle conoscenze utili e immediatamente spendibili che vengono sapientemente veicolate anche da abili influencer.
In questo clima culturale diventa davvero difficile distinguere l’approccio riflessivo alla conoscenza dalla possibilità di farne (si spera) buon uso.
Eppure l’approccio riflessivo, il valore e la bellezza della conoscenza in sé stessa, come esperienza di incontro con il nostro intimo vissuto, da sempre nutre il senso della scuola e della sua presenza nella società: educarsi è divenire ciò che si è.
Allora mi vien da dire che Socrate, l’archetipo del Maestro, è stato un ottimo influencer. Un influencer dell’anima. Socrate è Maestro perché la sua presenza tra i giovani è testimonianza di un approccio alla vita e alla conoscenza.
Ha testimoniato con la sua vita, accettando l’ingiusta condanna per rimanere fedele a se stesso; ha testimoniato con il suo sapere, quel so di non sapere che illumina la via verso la conoscenza e il desiderio della sua bellezza.
Influencer dell’anima, ha consegnato alla nostra civiltà un messaggio indelebile: il compito esistenziale di ognuno è quello di imparare a essere. Saper fare, ovvero imparare a vivere una vita buona e felice, è il frutto prezioso dell’esperienza intima di un sapere più radicale e originario, come indica il conosci te stesso.
Anche oggi, sempre ancora, in questo viaggio verso se stessi che è l’educazione, i Maestri possono far incontrare ogni allievo con se stesso e con il valore inestimabile dell’intima esperienza della conoscenza.
Nel bailamme di tante riforme, l’insegnante rischia però di rimanere un po’ troppo sullo sfondo dell’aula, tra lavagne tecnologiche e apprendimenti online. Eppure non può esserci scuola senza la presenza di un Maestro, di una persona, nella sua fisicità. Dal Liceo di Aristotele, al giardino di Epicuro, fino alla bottega dell’artigiano e molto oltre nel tempo, scuola è quel luogo comune in cui, nell’esperienza condivisa della comprensione, ciascuno risponde a un altro che lo interpella. Risponde, appunto: innanzitutto con il suo esserci come persona.
Alla vigilia dell’inizio di un nuovo anno scolastico, il mio augurio è che gli insegnanti, spesso soffocati da incombenze e controlli burocratici, possano trovare il coraggio di continuare ad affermare la centralità della loro presenza: di coraggio si tratta, perché la scuola è da sempre anche un luogo di resistenza e di trasformazione.