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Andiamo piano ma piuttosto lontano

/ 29/07/2024
Angelo Rossi

La Seco ha distribuito, qualche settimana fa, il suo rapporto congiunturale trimestrale che contiene i primi dati sull’evoluzione dell’economia svizzera durante il 2024. Riguardano il suo andamento nel primo trimestre, da gennaio a marzo. Il tasso di crescita del Prodotto interno lordo per il primo trimestre dell’anno è stato pari allo 0,3%. Si tratta di un valore modesto che però, stando alla Seco, si trova al margine superiore di quelle che erano le attese degli specialisti. Andiamo piano quindi, ma senza grosse preoccupazioni. Guardando fuori dal finestrino vediamo invece realtà meno attraenti. Sappiamo che, nei Paesi dell’Ue, in particolare in Germania, la situazione congiunturale è critica.

Stando ai dati più recenti, il Pil della Svizzera è cresciuto dell’1,3% nel 2023, crescerà dell’1,2% quest’anno e dell’1,7% l’anno prossimo. I tassi di crescita del Pil per l’Ue sono invece 0,4% nel 2023, 1% quest’anno e 1,6% nel 2025. Per la zona Euro nella quale si trovano alcuni tra i più importanti partner commerciali della Svizzera i tassi di crescita del Pil sarebbero: 0,4% nel 2023, 0,8% nel 2024 e 1,6% nel 2025. Questi tassi inducono a pensare che l’economia Svizzera cresca per la crescita degli aggregati interni della domanda globale visto che i nostri partner commerciali europei più importanti stanno passando per un periodo di stagnazione. Sì, questo è vero sebbene i consumi privati che, nel 2023, avevano praticamente trascinato da soli la nostra economia, quest’anno conosceranno un tasso di crescita molto minore. Ma per fortuna a salvare capra e cavoli interverranno gli aumenti del tasso di variazione dei consumi pubblici e degli investimenti nelle costruzioni. Per effetto di queste variazioni le componenti interne della domanda globale assicureranno quest’anno un contributo al Pil leggermente superiore a quello assicurato dagli scambi con il resto del mondo.

Questi dati sono al netto delle variazioni dovuti a grandi eventi sportivi. Da qualche anno l’Ufficio federale di statistica si dà la pena di calcolare quale possa essere l’impatto di questi eventi sulla contabilità nazionale. Questo perché la Svizzera non solo ospita la sede di importanti organizzazioni sportive internazionali ma, di fatto, è anche la banca di queste organizzazioni che possono compiere transazioni miliardarie quando organizzano campionati mondiali, europei o Giochi olimpici. È questo per l’appunto il caso di quest’anno dove, tra campionati europei di calcio e Olimpiadi di Parigi, i grandi eventi sportivi garantiranno alla nostra economia un valore aggiunto pari allo 0.4% del Pil. In altre parole, se non scorporiamo questo contributo, il tasso di crescita del Pil svizzero sarebbe nel 2023 pari all’1,6%, vale a dire un terzo di più del tasso al netto degli effetti in questione. Questo divario suggerisce due cose: in primo luogo che la Svizzera ha tutto l’interesse a conservare le sedi delle grandi organizzazioni sportive internazionali, facendo precetto del motto «too big to leave». Secondariamente che ai conti della nostra contabilità nazionale andrebbe aggiunto, per ottenere un’informazione più trasparente sulla consistenza effettiva delle prestazioni della nostra economia, un conto nuovo: quello delle organizzazioni sportive internazionali con i loro flussi miliardari. Anche per meglio considerare la funzione di stampella che le organizzazioni sportive internazionali esercitano nel sostenere la crescita dell’economia del nostro Paese.

Per il 2025 la Seco si attende un miglioramento della situazione, un ritorno a tassi di crescita vicini alla media degli ultimi dieci anni. La spinta dovrebbe venire dalle componenti interne della domanda globale, in particolare dagli investimenti nelle costruzioni e nelle attrezzature. Il tasso di variazione dei consumi privati aumenterà; quello dei consumi pubblici invece si ridurrà (decreti Morisoli?). Ancora un’osservazione a proposito di inflazione e disoccupazione. Stando alle previsioni della Seco, la prima dovrebbe diminuire dall’1,4% di quest’anno all’1,1%; la seconda invece dovrebbe aumentare dal 2,4% al 2,6%. E così la legge di Phillips sarebbe di nuovo confermata: quando i prezzi diminuiscono aumenta la disoccupazione. Tutto questo in uno scenario in cui, come si precisava all’inizio di quest’articolo, tutto continuerà a muoversi adagio e, speriamo, senza grandi scossoni.