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Quello stalking riguarda anche noi

/ 22/07/2024
Simona Sala

La giornalista italiana Selvaggia Lucarelli può piacere oppure no, irritante come a volte sa essere con i suoi modi per alcuni pedanti, il reiterare a spron battuto quando prende di mira una persona, e l’esposizione al pubblico ludibrio del bersaglio di turno, ovviamente soprattutto via social (oltre che sulle pagine del «Fatto Quotidiano»). Nelle sue inchieste, da una parte si concentra sulle truffe «a fin di bene», dall’altra si occupa di difesa dei diritti delle donne – ossia dei diritti umani – attraverso un’osservazione attenta della realtà e soprattutto, spesso da una prospettiva insolita.

A lei si imputano dunque tanto il naufragio del matrimonio della coppia più glamour della Penisola, i Ferragnez, in seguito all’affaire Balocco, quanto il suicidio di una pizzaiola accusata di essersi fatta pubblicità in modo subdolo. L’ultimo capitolo della sua lunga serie di inchieste, però, ha smosso un tema così delicato da tirare in causa parte del mondo della musica, facendo emergere ancora una volta quanto non sia esagerato parlare di un grave – e condiviso – problema di genere.

Il caso nell’occhio del ciclone riguarda Morgan, istrionico (e volgare) personaggio televisivo, che avrebbe presuntamente stalkerato e progettato di rapire una sua ex, la cantante Angelica Schiatti, in arte Santangelica. La donna avrebbe prontamente denunciato le ripetute molestie, eppure, nonostante l’attivazione del codice rosso, il processo langue da quattro anni (la difesa cerca con insistenza un patteggiamento che lei, e fa bene, non è disposta a concedere). Lucarelli, nessuno sa come, ha avuto accesso alle carte processuali, comprendenti tutta una serie di prove, di cui fanno parte gli screenshot dei messaggi inviati da Morgan alla donna: proprio questi ultimi sono di una violenza verbale tale che, più che mettere in luce un grande artista, ci restituiscono anzitutto un cattivo perdente, un uomo la cui irriverenza al confine con la maleducazione è sempre stata sdoganata come inarrivabile competenza.

Protagonisti e location della vicenda sono interamente italiani, è vero, e sebbene da noi tutto questo non potrebbe accadere (ma non perché non abbiamo degli stalker, quanto più perché il nostro codice penale nemmeno lo contempla, lo stalking: ora il Consiglio federale sembra disposto a cambiare idea, ma mette in guardia chiunque a non riporvi aspettative eccessive), ci riguarda molto più di quanto possiamo pensare. Le matrici di questi comportamenti, infatti, si assomigliano tutte, e oltre a mettere in luce il crescente senso di possesso di molti uomini nei confronti delle donne, ancora oggi possono fare spesso scattare dei meccanismi per cui non solo l’accusato, ma anche la vittima si ritrova a doversi difendere.

Alle donne che denunciano si chiede infatti di riuscire a dimostrare a tutti gli effetti e con tutte le prove possibili, di avere davvero subito una molestia o un abuso, di non avere travisato un gesto in buona fede (ogni donna lo potrebbe confermare: i gesti in buona fede sono un’invenzione degli uomini), di non avere sciolto le briglie della propria immaginazione o, peggio ancora, di brame segrete. E tutto ciò in un clima ostile dove molto spesso una delle reazioni più forti dell’opinione pubblica è quella di istillare il dubbio sulla veridicità della vittima. Lo sta facendo Morgan, gettando fango ovunque gli capiti, parlando di persecuzione e accanimento, lo hanno fatto, prima di lui, Beppe Grillo e Ignazio La Russa per difendere da pesanti accuse di reati sessuali i figlioletti Ciro o Leonardo Apache; e lo si fa anche da noi, in modo forse meno mediatico, ma non per questo meno doloroso per le vittime.

L’estate con la sua presunta leggerezza non rappresenta dunque una scusa plausibile per non chinarsi, di nuovo e con rinnovato vigore, su temi che riguardano non solo le nostre figlie e sorelle, ma di riflesso la società tutta. L’educazione alla vita, infatti, avviene giorno dopo giorno e passo dopo passo: non può essere un processo a singhiozzo o episodico, ma deve diventare strutturato, così come certi codici comportamentali devono diventare prassi. La regolamentazione attraverso il codice penale sarebbe in questo senso già un grande passo in avanti.