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Un amore impossibile

/ 22/07/2024
Melania Mazzucco

Sottile come una palma, derisa con nomignoli tipo «lampione», «semaforo», «fiammifero». Superava i compagni di tutta la testa. Tendeva a sbattere la fronte sulle porte. I piedi spenzolavano oltre il materasso. La chiamerò Halimatu.

È nata in uno Stato popoloso della costa occidentale dell’Africa. Suo padre è emigrato in Europa. All’inizio sentiva la sua voce per telefono, poi nemmeno quella. Halimatu è rimasta con la madre e i fratelli: ritiene di aver avuto un’infanzia felice. La madre era una commerciante – benché il termine non corrisponda al nostro: non ha mai avuto un negozio. Vendeva cose, comunque, e non le hai mai fatto mancare il necessario. Il fratello maggiore è stato reclutato da un emissario di una squadra di calcio inglese, ed è partito appena adolescente. Il secondo praticava l’atletica leggera – velocista: si allenava duramente, col sogno di andare alle Olimpiadi. A lei hanno consigliato la pallavolo. Cos’altro poteva fare? A quindici anni era già alta un metro e novanta. L’indossatrice, forse. Ma nessuno glielo ha mai detto. Nel giro di tre anni è entrata in una squadra vera. Stipendio decente, pari a quello di un’insegnante. Lo sport era diventato la sua professione. Campionato, giochi panafricani, qualche vaga proposta di andare a giocare all’estero.

Poi però si è innamorata. E non dell’allenatore, o del preparatore – come sarebbe stato auspicabile. Dell’alzatrice: taciturna, introversa, sembrava sempre triste. Si chiamava Blessing, ed è stata davvero una benedizione. La meraviglia di cui Halimatu sarà sempre grata alla vita, è che il suo amore impossibile era ricambiato. Segreto, e clandestino – perché nel suo Paese si può morire, per un amore così. E però vissuto e goduto ogni istante, per mesi. Credevano di essere state accorte. In pubblico mai neanche sfiorate. Invece qualcuno doveva aver notato gli sguardi muti che si scambiavano negli spogliatoi. La loro intesa. O semplicemente la felicità. Dopo le partite andavano via insieme. Altissime, entrambe, come ombre della sera. Le hanno prese di mira. A ventidue anni né Halimatu né Blessing avevano il fidanzato. Chi si era avvicinato era stato respinto con fermezza. Insomma, qualcuno aveva capito. Una notte erano state aggredite in casa – sputi, calci, bastonate. Gli sconosciuti, forse pagati per farlo, le avevano minacciate ed erano convincenti. Alla clinica avevano raccontato di aver avuto un incidente. Blessing aveva un polso fratturato, a lei avevano spezzato le dita. Per prudenza avevano evitato di incontrarsi fino alla ripresa degli allenamenti. Ma Blessing non si era mai più presentata. Il suo telefono squillava a vuoto, poi si era spento.

Mesi di angoscia, sgomento. E Blessing? Dov’era? Cosa le avevano fatto? Sguardi malevoli, frasi sinistre. Buttati dal terrazzo prima che lo faccia qualcun altro. Cosa aspetti a ucciderti? Sei malata. Indegna. Il disonore della tua famiglia. Il dirigente della squadra l’aveva licenziata col pretesto di scarso rendimento. Il fratello le aveva detto che doveva andarsene e le aveva prestato i cinquemila dollari per il viaggio. Non ve lo racconto, perché lo conoscete. Il deserto, la Libia, il barcone. La traversata di notte, il motore in avaria. Le onde. I pianti e le preghiere. Ma poi una nave li aveva avvistati, e dopo un giorno alla deriva erano stati raccolti.

Per tre anni Halimatu non ha voluto neanche toccare la palla. Non parlava con nessuno, non voleva spiegare perché fosse partita. La vergogna, anche qui. Ma quando la sua richiesta d’asilo era stata respinta, la giovane avvocata che assisteva i migranti era riuscita a convincerla a fidarsi di lei. Il ricorso è stato accolto.

Halimatu non ha ricominciato a giocare. Senza Blessing, le pareva di non averne diritto. Insegna minivolley ai bambini. Per anni è rimasta sola. Mai più un amore – poiché a Blessing non è stato concesso. Ma alla fine la vita prevale. Alla fidanzata italiana non ha mai raccontato le circostanze del suo arrivo. Però quando hanno avuto una bambina, e l’infermiera ha osservato di non aver mai visto una neonata tanto lunga, ha sorriso. Spera che Benedetta abbia ereditato la sua statura. Sarebbe bello se un giorno diventasse una campionessa di pallavolo.