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Strega, senza sorprese
Paolo Di Stefano
Piace a molti dire che i finalisti dello Strega sono mediocri. È una lagna ricorrente, ogni anno. Ricorrente come la polemica: quest’anno la novità è stata che le tre scrittrici e i tre scrittori arrivati in finale tra gli 82 concorrenti (82!) sono stati «vestiti» dagli stilisti. Scelta discutibile il Made in Italy in letteratura: voto 2 (in consapevole odore di moralismo). Intanto si sa che il premio farà guadagnare al vincitore almeno (almeno!) 30mila copie, oltre alle numerose traduzioni. È vero, come ha scritto qualcuno, che nessuno dei romanzi selezionati eguaglia Menzogna e sortilegio di Elsa Morante. Ma bisognerebbe chiedersi, piuttosto, perché proprio quei sei. E perché vengono regolarmente esclusi libri migliori di quelli premiati. Per esempio, quest’anno quello di Igino Domanin Un eroe comune, sull’omicidio del giudice Emilio Alessandrini e sui formidabili (e terribili) anni 70. Oppure il secondo romanzo di Sonia Serazzi, Una luce abbondante. E perché Michele Mari è sempre stato ignorato? E Franco Cordelli? E Giorgio Van Straten (Una disperata vitalità, del 2022, è un memoir notevole)? E Antonio Moresco? E Filippo Tuena? E Eraldo Affinati? E Andrea Pomella, uno degli autori più sorprendenti degli ultimi anni? Si potrebbe continuare. Non hanno abbastanza santi in paradiso? Sono fuori dai giochi? Quali giochi? Non c’è una riposta e non ci sarà mai. Fatto sta che raramente i pronostici allo Strega vengono smentiti. È successo l’anno scorso con Ada D’Adamo, ma non quest’anno. La vittoria è andata alla superfavorita (da febbraio) Donatella Di Pietrantonio e al suo L’età fragile (Einaudi). Bel libro (5). Protagonisti la durezza della montagna abruzzese e una madre, Lucia, con il suo senso di colpa rivolto a un’amicizia passata e, oggi, con i silenzi misteriosi della figlia. Bel romanzo anche quello di Chiara Valerio, che era data per seconda favorita, e invece (brivido!) è arrivata solo terza con Chi dice e chi tace (Sellerio): investigazione su una morte (Vittoria trovata cadavere in una vasca da bagno) e su una storia d’amore, ambientata in un paese laziale sul mare, Scauri, equidistante tra Napoli e Roma, in cui la gente parla e non parla.
Tra i finalisti, c’erano anche Raffaella Romagnolo (Aggiustare l’universo, Mondadori) e Paolo Di Paolo (Romanzo senza umani, Feltrinelli). Personalmente però, avrei premiato gli altri due: Dario Voltolini (5½) e Tommaso Giartosio (5½). Due scrittori coraggiosi e fuori dal comune. Invernale (La nave di Teseo) è stata la vera sorpresa (arrivato secondo non previsto). È la storia di un padre macellaio specializzato nello «spaccare la testa dell’agnello che sembra guardarti con le sue pupille che non vedono nulla». È un romanzo imprevisto per chi conosceva la scrittura aerea, agile, comica del settantenne torinese Voltolini: qui non c’è nulla di lieve, prevale la carne, raccontata con massima precisione nel penzolare sanguinolento delle bestie dai ganci. Il padre dell’autore, Gino, quest’uomo che da ragazzo si era allenato con Sivori, quest’uomo divenuto un professionista del coltello, questo sovrano del mercato di Porta Palazzo a Torino, passa improvvisamente dalla forza alla fragilità. Succede quando un taglio appena sbagliato gli trancia il pollice, e da lì comincia il grande inverno: il precipizio di un’infezione e di una malattia che gli sarà fatale. È il figlio a raccontarci con strazio e con esattezza quel lento declino in cui avverte, partecipandovi, l’emergere di una visione nuova del mondo da parte dell’uomo taciturno e introverso che era suo padre. Dai corpi squarciati e disossati delle bestie si passa al corpo sacro in disfacimento di un genitore amato.
Autobiogrammatica di Giartosio (minimum fax) riconduce a Lessico famigliare di Natalia Ginzburg. L’autore misura la propria vita attraverso le parole di famiglia, segnate su un quadernetto nella semplice «magnitudine del catalogo». Sono le parole del padre e quelle della madre, che si riflettono diversamente nella vita dell’autore-protagonista: «Un filo di nylon lo lega a suo padre, un filo di ferro dolce lo lega a sua madre». La genealogia degli affetti ha origine nel linguaggio, di cui Giartosio è il lessicografo paziente. Troppo raffinato per vincere lo Strega? Forse. Prima di essere selezionato, a fine marzo, aveva venduto 473 copie, mentre Di Pietrantonio era già a quota 53mila.