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La Panda e la Ferrari
Cesare Poppi
Facciano gli aficionados di questa Rubrica lo sforzo di immaginare il salone del bar della Sede dell’Associazione Nazionale Alpini d’Italia. La location rimanga anonima a scanso di rischi. Dico solo che siamo in un piccolo ridente villaggio dell’Alto Bellunese, Dolomiti. Data e ora dell’evento che stiamo per narrare: 29 giugno 2024, 18.30. Una nutrita pattuglia di veterani di quello che è senza dubbio il corpo in divisa più popolare – e pittoresco – dell’esercito a Sud delle Alpi: seduti, allineati e coperti, come all’adunata sotto naja rivolti stavolta non alla bandiera ma al maxischermo tv. Tutti sono già ben carburati: con un’ombra di vino (buono) che sale in montagna (da quelle parti si dice che l’acqua va in giù ma il vino viene in su) dalle pianure trevigiane a cinquanta centesimi il bicchiere si possono immaginare animi già surriscaldati dall’attesa, dalle previsioni, dalle profezie oracolari, maghi e indovini di ogni scuola di pensiero. Insomma: la tensione scorre a fiumi: «Portami ancora un’ombra!». Finalmente partono gli inni nazionali. Qualcuno fa commenti sulle maglie rosse dei Confederati: «Anche gli Svizzeri sono diventati comunisti…». Lazzi, cachinni, qualche pernacchia. Quando la Regia Speciale RAI inquadra gli Azzurri in primo piano, mano sul cuore stile americano (fino a qualche anno fa si stava sull’attenti) e stonature imbarazzanti sull’Inno di Mameli parte qualche fischio: gli Alpini ai cori – siano di montagna o di pianura – ci tengono. Si sente un commento là in fondo: «Per forza: prima delle partite gli impediscono di bere…!». Sghignazzo catartico poi finalmente ventidue giovanotti in mutande (come scrisse il grande Gianni Brera) prendono a calci la pelota.
Che i Confederati non si misurassero a legnate coi Transalpini (assumo la prospettiva da Nord a Sud, elvetico centrica) non accadeva dall’ultima volta che ci avevano provato. No. Non intendo la Battaglia di Arona del Gennaio 1524 – allora i Visconti, che erano ancora milanesi/lumbard si ripresero i territori confederati a Sud delle Alpi. Da allora pace per tutti. Eccetto ai calci alla pelota e l’occasionale, incruento (?) sequestro di cioccolata/sigarette in uscita e mazzette di banconote in entrata. Il tutto senza rancore. Per quanto riguarda il calcio, Italia-Svizzera è la partita internazionale più giocata dall’Italia e l’ultima (unica?) volta che il risultato di Arona si ribaltò fu 31 anni fa. Per il resto si dormiva tranquilli, da questa parte: la Guardia Svizzera a far folclore in Vaticano e Noi a fare sfracelli in campo. Tutto chiaro: da buoni vicini ognuno faccia la sua parte e in condominio tutto fila liscio.
Ma stavolta si capisce subito – fra gli stessi Alpini – che qualcosa non va. Il Tiki-Taka «alla spagnola», rete di brevi passaggi orizzontali come in corrida per ubriacare il toro prima dell’affondo finale, fa ubriacare solo gli Azzurri che non ci capiscono più niente: girano a vuoto senza costrutto. Voce dal fondo «Che siano ubriachi?!». Ci pensano le Guardie Svizzere a far vedere come si fa: al 34’, dopo 31 passaggi Tiki-Taka (passerà alla storia come la più lunga sequenza in possesso di palla di una competizione internazionale) la palla va a Freuler, centrocampista. Controllo di destro, e pennellata al volo di sinistro: la pelota è nel sacco. Italia-Svizzera: 0-1.
In Sede Alpini cala il gelo. Sguardi allibiti. Increduli. Solo uno esulta: balza in piedi e grida al gol. Tutti si voltano. Si tratta dell’Altropologo – sì, il vostro preferito. «Evvaaaai, Remo!». Ho rischiato il linciaggio: uno come me che ha fatto servizio militare in fanteria (gli Alpini la chiamano «la Buffa»), non è nato nel villaggio, esulta per il gol del Nemico e per giunta – essendo nato a Bologna, essendo tifoso del Bologna – è noto come «il Comunista»… Non è accettabile.
Il problema è che Freuler Remo è l’amatissimo regista del Bologna dei Miracoli di Thiago Motta, tornato alla ribalta del calcio internazionale dopo almeno quarant’anni di assenza. E con lui, a giocare nel Bologna, anche il grande Aebischer e Ndoye – che sarà grande. Me la sono cavata per il rotto della cuffia: più di un quarto dei Confederati hanno imparato da giovincelli a giocare sotto le Due Torri. E poi – tutto sommato – la bandiera svizzera prevede Croce Bianca in Campo Rosso. Quella del Comune di Bologna? Croce rossa in campo bianco. Al giornalista svizzero che ha commentato «sembrava che voi guidaste una Panda e noi una Ferrari» il CT italiano ha risposto che si trattava di un commento di cattivo gusto. Occorreva invece rispondere che la Ferrari si produce vicino a Bologna. E il suo colore è rosso.