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La Rosa dei Mille

/ 24/06/2024
Melania Mazzucco

A Rose Montmasson, detta Rosalia, è toccato il destino di tante donne. Essere letteralmente cancellate dalla storia. Sarebbe rimasta un nome – l’unico femminile – nelle memorie di qualche veterano, e una sbiadita immagine in bianco e nero, nell’Album dei Mille raccolto da Alessandro Pavia, la galleria fotografica degli eroi che salparono da Quarto e parteciparono alla spedizione dei Mille, l’evento chiave del Risorgimento. Ma qualche anno fa la scrittrice Maria Attanasio le ha dedicato un aspro appassionato romanzo, La ragazza di Marsiglia, frutto di amorevoli ricerche d’archivio poi trasfigurate in narrazione, e oggi ignorarla dovrebbe essere una colpa. Perché la sua è una storia dell’Ottocento, ma le modalità – oggi diremmo patriarcali – del suo annientamento si ripetono ancora.

Era nata nel 1823 a Saint Jorioz, un villaggio dell’Alta Savoia. Ma se n’era andata, in cerca di un’altra vita. Emigravano, le donne povere, anche a metà Ottocento.

Trovò lavoro come lavandaia, domestica, stiratrice. Si fermò a Marsiglia, poi si spostò a Genova e infine a Torino, la capitale del Regno di Sardegna. Lì, nella casa del colonnello in cui faceva servizi, incontrò Francesco Crispi, per gli amici Ciccio. Nel 1849, erano entrambi sradicati. Lei, emigrata economica; lui, figlio di possidenti, avvocato, esule – fuggito dalla Sicilia borbonica dopo il fallimento della rivolta del 1848, con l’unica prospettiva di continuare a cospirare e magari finire in un carcere o fucilato.

Rose, ribelle di natura – «piena di coraggio, nata alla libertà e all’indipendenza», come scrisse un testimone d’epoca – fece propria la lotta politica di lui, s’impegnò in prima persona, divenne parte integrante dell’organizzazione di Mazzini. Quando nel 1853 lui fu espulso dal Piemonte, lo seguì a Malta (a differenza di oggi l’isola, sotto il dominio inglese, era terra d’approdi e rifugio per migranti). Lì, nel dicembre del 1854, si sposarono. Condivisero anni di passione, stenti, e ideali. Vagarono dall’Inghilterra a Parigi, preparando insurrezioni e attentati (furono coinvolti in quello del 1858 a Napoleone III: lei probabilmente portò le bombe che dovevano ucciderlo). Finché nel 1860 si imbarcarono per la Sicilia. Rosalia convinse Garibaldi ad accoglierla a bordo. Indossava i pantaloni e la camicia rossa. Sfrontata, senza paura, partecipò anche alle azioni militari. Il 4 novembre, a Napoli, il Generale le consegnò la medaglia d’oro – come a tutti i membri della spedizione che lo avevano seguito fino al Volturno. Era presente Alexandre Dumas: vide e scrisse dell’unica donna nell’armata, sul campo di battaglia.

Nella nuova Italia le loro strade si divisero. Divergenze sentimentali, ma anche politiche. Divorato dall’ambizione, Crispi divenne monarchico. Un’ascesa folgorante: deputato e poi ministro degli Interni. Quella compagna di umile origine, selvaggia, sguaiata, gelosa dei suoi tradimenti, nuoceva alla sua carriera. Si separarono e nel 1878 Crispi si sposò, senza clamore, con una nobildonna che già gli aveva dato una figlia: poi – accusato di bigamia – la rinnegò. Rischiava il carcere e l’interdizione dai pubblici uffici. Ci fu un processo. Rosalia si difese con sconcertante mitezza – per riguardo del marito, del loro amore e degli ideali che li avevano uniti. Il giudice diede ragione a Crispi, negando la validità del loro matrimonio. Crispi poté proseguire la sua scalata al potere (fu il tragico protagonista dell’avventura coloniale italiana), e le tolse tutto. La gloria, la dignità, il denaro. Anche il nome. L’ex Madame Crispi rimase a vivere a Roma, campando coi proventi di un botteghino del lotto. Qualche reduce la ricorda mentre si aggirava fra le strade alle spalle di via Nazionale, ubriaca e malvestita, ma con la medaglia appuntata sul petto. Espunta dai libri e dalle memorie, Rose Montmasson incarna e riassume nel proprio destino il tradimento degli ideali del Risorgimento (di cui Crispi è a sua volta il simbolo).

È morta nel 1904, a Roma, e si è fatta seppellire con la camicia rossa dei garibaldini. Per quanto ne so, a lei non è stato dedicato alcun monumento (solo un busto, a Caltagirone, la città di Maria Attanasio). Eppure era un’eroina: la Rosa dei Mille, la Rosa d’Italia.