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Perseguitati e persecutori
Paolo Di Stefano
A proposito della polemica su Roberto Saviano, assente dalla prossima edizione della Buchmesse dedicata all’Italia: si è parlato dell’impegno civile e si è parlato del successo internazionale che avrebbero comunque consigliato al commissario Mauro Mazza di invitarlo. Si è parlato dell’opportunità o meno di escludere questo o quest’altro scrittore variamente perseguitato dal governo di destra. È stata espressa la solidarietà di altri scrittori che senza Saviano rifiuteranno l’invito italiano (salvo accettare quello straniero). Si è parlato di tutto tranne che di uno dei criteri-base che dovrebbero guidare le scelte in questi casi: il valore. Già, ma chi decide il valore? C’è sempre (ci sarebbe sempre) la critica, ma diversamente dal passato la critica non ha voce né autorità. In compenso c’è Mazza, che non ha mai dato segno di interesse per la letteratura e neanche per l’editoria libraria: nella sua lunga carriera è stato direttore di un telegiornale, direttore di RaiUno, direttore di RaiSport, collaboratore di Rai Vaticano. Merito indiscutibile: avere voluto Celentano in un’edizione di Sanremo e non aver mai nascosto la propria fedeltà alla destra. Tanto gli basta (e avanza) per giudicare gli scrittori (2). Pensate a un commissario che venga nominato a selezionare i migliori vini al mondo, pur essendo astemio. Per fortuna non è l’unico caso: ci sono anche presidenti di Biennale d’arte incompetenti d’arte, direttori di musei interessati alla politica e a poco altro, neodirettori di famose biblioteche nazionali mai avvistati in una biblioteca. Per occupare i posti-chiave della cultura, nulla di meglio che simpatizzare per i partiti giusti. La competenza? Pregasi tornare domani (per oggi 1, domani si vedrà). Dimmi con chi vai e ti dirò chi sarai.
Ieri oggi domani. Ieri. Dimmi con chi andavi e ti dirò chi eri. Per esempio, indovinate chi è, era e sarà la straordinaria figura internazionale di cui parlò il Cavalier Berlusconi qualche anno fa: «È una persona rispettosa degli altri, è un riflessivo, è un uomo profondamente liberale, è uno che mantiene la parola data, è veramente un democratico. Oggi è indubitabilmente il numero uno tra i leader del mondo». Risposta A: Napolitano. B: Obama. C: il Papa. D: La Russa. E: Al Bano. Sorpresa: né A, né B, né C, né D, né E. Era indubitabilmente nientemeno che il liberal-democratico Vladimir Putin. Il quale mesi fa dedicò parole simili e molto affettuose a un caro amico: «Era senza dubbio un politico di livello europeo, anzi si può dire mondiale… Un uomo originale, molto sincero e aperto, diceva sempre quel che pensava». Per chi tanto zucchero? A: Trump. B: Toto Cutugno. C: Bart Simpson. D: Salvini. E: La Russa. Nessuno dei cinque. Era indubitabilmente nientemeno che il Cavaliere appena defunto. Commovente risarcimento postumo (-1, l’amico Silvio…).
Altro che persecutore. Putin ama i perseguitati. Come Silvio Berlusconi, anche Trump è indubitabilmente un perseguitato dalla magistratura. Matteo Salvini dixit: «Tifo per Trump il perseguitato» (voto indubitabilmente persecutorio: 1). L’aveva già detto Putin qualche mese fa e l’ha ripetuto la scorsa settimana: «La persecuzione di Trump dimostra il marciume del sistema politico americano». Le persecuzioni fisiche (con omicidio) di Anna Politkovskaja e Aleksej Navalny non dimostrano niente? Sarebbe utile sapere se Salvini ha mai tifato per loro anche al tempo del gemellaggio (con fitto scambio di magliette) tra Lega e Cremlino. Quando non avrebbe mai detto, come ha detto qualche giorno fa (nell’approssimarsi delle votazioni), che indubitabilmente l’ex amico Putin «è un criminale di guerra».
Se come sosteneva Oscar Wilde (6) la coerenza è l’ultimo rifugio delle persone prive d’immaginazione, certi politici sono formidabili campioni di fantasia. È il meglio che si possa pensare della loro furbizia cialtronesca. Tutto questo per dire lo sconforto del dibattito pubblico nell’approssimarsi delle elezioni europee. Ci si salva ogni tanto cambiando canale. È capitato un paio di settimane fa quando la Rai ha regalato una boccata d’ossigeno al povero teleutente (lui sì indubitabilmente perseguitato) con un documentario sul concerto di Paolo Conte alla Scala. Frase d’apertura: «Tutte le arti tendono verso la musica» (6). Il seguito tanta eleganza di zebra, scarpe lucidate e niente cravatte sbagliate (6+ indubitabilmente).