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Bardella e Le Pen all’assalto dell’Europarlamento

/ 03/06/2024
Paola Peduzzi

Nelle recenti rilevazioni in Francia il partito di estrema destra, il Rassemblement National di Marine Le Pen, è dato vincente alle elezioni europee con un consenso doppio rispetto alla lista guidata da Renaissance, il partito del presidente Emmanuel Macron (33,5% contro il 16%). In tutti questi mesi di sondaggi non ci sono state inversioni di tendenza, anzi il Rassemblement è andato consolidando il suo vantaggio. Buona parte del merito è del capolista del Rassemblement, Jordan Bardella, che è anche presidente del partito: l’eurodeputato che ha lasciato l’università per dedicarsi alla politica ha 28 anni, è considerato un assenteista nel Parlamento europeo ma è popolarissimo tra i giovani grazie al suo account su TikTok, in cui pubblica le sue performance tv, i suoi commenti (risatine per lo più) alle copertine in cui è descritto come l’uomo nero, molte immagini con musiche ben scelte e gli appuntamenti per incontrarsi, soprattutto per votare il 9 giugno.

Bardella ha interpretato in modo impeccabile la strategia di Marine Le Pen che già aveva iniziato alle scorse Presidenziali a costruire un’immagine più rassicurante, più accogliente, non si può dire moderata, perché di moderato non c’è nulla nel lepenismo, ma meno lugubre e antisistema di come era sempre stata. Le Pen ha una carriera lunga alle spalle e un padre-fondatore ingombrante che non si dimentica. Ma Bardella no, con la sua giovane età e la poca esperienza è un interprete perfetto di questa trasformazione, riempie i palazzetti e posa sorridente con i sostenitori di «Jordan 2027», che lo vogliono candidato alla presidenza della Francia (Le Pen non sembra d’accordo).

Bardella è di origini italiane, ha un nome americano comune tra i bambini nati nelle banlieues, è stato cresciuto da sua madre ed è il rappresentante del sovranismo francese, anti-immigrazione, anti-élite, anti-Europa. Grazie a questa sua disinvolta giovinezza, al suo parlare in modo semplice, ha allargato la base degli elettori del Rassemblement National, portando il partito dove voleva andare, cioè a essere definito un partito delle classi popolari e dei ceti medi. Gli esperti dicono: ora il Rassemblement non fa più paura; se sei un elettore di destra in Francia ora il tuo partito di riferimento è questo. I Républicains, che sono il partito della destra tradizionale, sono rimasti schiacciati dall’operazione di make-up dei lepenisti, ma anche la sinistra radicale, quella di Jean-Luc Mélenchon, che aveva occupato lo spazio a sinistra di Macron e che si era ritrovata su alcune battaglie dalla stessa parte del Rassemblement, è ora meno popolare. Ci sono stati degli errori strategici. Il primo lo ha commesso il partito di Macron che ha messo come capolista una candidata poco nota, Valérie Hayer, che non è riuscita a creare nessuna dinamica positiva in una campagna comunque partita già in seconda posizione. Hayer viene dalla Francia più agricola e questo è sembrato un dettaglio che potesse essere promettente ma non è stato così, e il poco carisma ha contribuito a rendere poco attrattiva la sua leadership.

Anche Mélenchon ha fatto degli errori, concentrando la sua campagna non sulla destra estrema ma sulla sinistra moderata di Raphaël Glucksmann, che guida come capolista il Partito socialista assieme al suo partito, Place publique, che nei sondaggi è dato al terzo posto, appena dopo i macroniani – una bella campagna, visto che questa compagine è dall’avvento della proposta di Macron che è rimasta annichilita. L’ascesa del Rassemblement National ha avuto e avrà ripercussioni sugli equilibri dell’Europarlamento. Ci sono già state delle scosse con l’espulsione dal gruppo europeo di cui fa parte il Rassemblement, Identità e democrazia, dell’estrema destra tedesca. I calcoli si faranno dopo il voto, ma se nel 2019 macroniani e lepenisti pareggiarono, quest’anno i secondi doppiano i primi. L’offerta europeista di Macron non attecchisce più in Francia. Il presidente continua però a tracciare la distinzione tra i custodi dei valori liberali, democratici e quelli che invece li combattono. La scorsa settimana ha fatto una visita di Stato in Germania, dove ha rilanciato il cuore franco-tedesco europeo e la necessità di unità contro il vento nazionalista dentro l’Ue e la violenza autocratica della Russia. Le divergenze tra Parigi e Berlino sono tante, ma l’appello macroniano «risvegliamoci!» contro le minacce esistenziali al progetto europeo risuona forte e urgente in tutte le capitali liberali del Continente.