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L’anonimato dilagante e le sue varie forme
Aldo Grasso
Sono in molti a sostenere che l’anonimato, il nascondersi dietro uno pseudonimo, liberi il peggio di noi, minando le regole stesse del vivere sociale. L’anonimato affrancherebbe il lato oscuro che c’è in ciascuno di noi e rimuoverebbe le inibizioni sociali che regolano le nostre comunità, senza pagare conto. Solo così, per esempio, si spiega la nascita dei cosiddetti «leoni da tastiera» che rappresentano un fenomeno sempre più diffuso nell’era digitale. Questi individui sono noti per la loro propensione a esprimere opinioni aggressive, offensive o volgari online, protetti dall’anonimato.
Una delle caratteristiche più sconvolgenti della Rete consiste dunque nel mascherare la propria identità: gli utenti che comunicano attraverso Internet non sono identificabili direttamente (ci vuole l’intervento della Polizia postale), al punto tale che ci si è chiesti se l’anonimato rappresenti un abuso. Ma qualcuno sostiene che è anche un diritto. Proviamo ad affrontare il problema in questo modo: l’anonimato presenta vantaggi e svantaggi.
Tra i vantaggi, l’anonimia ha il merito di dare voce alle minoranze, alle opinioni anticonformiste e tutelare la riservatezza personale. Nei regimi repressivi, non essere identificati è l’unica forma per far circolare alcune idee e proteggere gli autori dissidenti da una feroce repressione, come succede nei regimi autocrati. I motivi principali che spingono inoltre le persone a mantenersi anonime risponderebbero alla volontà di non legare il proprio nome alle opinioni espresse, al timore di una sorta di Grande Fratello che possa carpire e aggregare le informazioni personali per scopi commerciali o fraudolenti, alla volontà di non rivelare i propri gusti e preferenze. Esiste anche un anonimato per così dire «seduttivo», il cui scopo è quello di aggiungere valore a un contenuto culturale attraverso il guizzo «erotico» della secretazione. È il caso del grande successo dei romanzi firmati da Elena Ferrante.
La possibilità di agire in forma anonima – stiamo parlando degli svantaggi – si contrappone all’esigenza di individuare le responsabilità di coloro che diffondono messaggi illeciti. Una delle principali caratteristiche che permette di dare libero sfogo all’aggressività, persino alla violenza, lo ripetiamo, è senza dubbio la possibilità di non essere identificati. Anche la percezione di sicurezza che viene «garantita» dalla presenza di uno schermo fra noi e i nostri interlocutori fa spesso pensare che le proprie parole non abbiano conseguenza sugli altri. La sensazione di libertà nel poter mostrare una personalità completamente diversa dalla propria o, al contrario, una parte negativa del proprio carattere, permette di provare un certo grado di soddisfazione attraverso l’umiliazione degli altri. Spesso, infatti, sono proprio il narcisismo e la voglia di protagonismo i sentimenti che sono alla base di questa aggressività. Dalla ragazza malata ai personaggi famosi colpiti da qualche problema di salute: quante volte i social network e siti si riempiono di insulti e attacchi che giungono ad augurarsene la morte! Ecco perché il Web, smantellando la nostra comunità di riferimento quotidiana, ha cambiato fattezze all’espressione dei sentimenti.
Anche se nei Paesi democratici diffondere odio e insultare le persone sul Web costituisce ormai un reato: per gli haters, i rischi legali sono tutt’altro che trascurabili. Il codice penale prevede una serie di incriminazioni per i reati commessi che di solito vanno dalla diffamazione aggravata alla sostituzione di persona, dalle minacce alle molestie e, per concludere, dall’incitamento all’odio razziale allo stalking.
Il mito assoluto dell’anonimato è diventare invisibili, nell’animo e nel corpo. Il personaggio dell’uomo invisibile nasce dalla fantasia di H.G. Wells (1866-1946), uno dei padri fondatori della fantascienza letteraria. L’uomo invisibile (The Invisible Man) vede le stampe nel 1897. Protagonista della storia è Griffin, un ambizioso scienziato che, nell’Inghilterra vittoriana, riesce a sintetizzare un fluido con cui far scomparire il proprio corpo. Esaltato dalle facoltà di un potere tanto straordinario, ma anche fatalmente incapace d’invertire la trasformazione, l’uomo precipita in una spirale di follia criminale. Alla fine del romanzo, dopo aver progettato d’instaurare un regno fondato sul terrore, Griffin viene linciato dalla folla, e il segreto dei suoi esperimenti muore con lui. Gli odiatori anonimi del Web farebbero bene a prestare attenzione a questo mito fondativo.