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In gita a Parigi con la quarta età
Bruno Gambarotta
Com’è andata la vostra gita a Parigi?
Mi risponde Oreste, presidente del circolo La quarta età che ha organizzato il viaggio: «È stata un’esperienza fantastica, era la prima volta che andavamo a Parigi. Ti devo ringraziare per i tuoi preziosi consigli».
Spero che ne abbiate fatto buon uso.
«Altroché. Per noi è stata un’emozione continua, fin dalla partenza. Pensa che abbiamo scoperto che l’autista del nostro pullman ha una sorella che fa l’aiuto cuoca al rifugio Benevolo, a 2215 metri di quota! Questo fatto della sorella ce l’ha detto sulla strada fra Aosta e Courmayeur, gli è venuto in mente perché c’era la freccia che indicava la strada per Valsavaranche. Attenzione: non è che noi abbiamo preso la strada per Valsavaranche, noi abbiamo proseguito verso il traforo del Monte Bianco. È l’autista che, vedendo il cartello con la scritta Valsavaranche si è ricordato della sorella. Succede che un’indicazione stradale ci faccia venire in mente qualcosa».
Parliamo di Parigi. Avrete visitato spero il Beaubourg.
«Certo, è quello con le scale e le condutture colorate di fuori. Si vede che hanno sbagliato i calcoli e si sono accorti troppo tardi che dentro non ci stavano. Ci siamo fatti tutti un selfie».
Avrete visitato il suo museo d’arte moderna…
«Abbiamo preferito fare una colletta e comprare la guida così guarderemo con calma i quadri, nella nostra sede, quando ci verrà la nostalgia di Parigi, dicono che prima o poi viene a tutti. Ci siamo seduti all’aperto sulle panchine. Però è stato bravo il nostro autista a farsi venire in mente sua sorella, perché sul cartello non c’era mica scritto rifugio Benevolo! Anch’io, davanti a un cartello con su scritto rifugio Benevolo mi ricorderei di mia sorella. A parte che io, come sai, non ho sorelle e se ne avessi una che vuol fare l’aiuto cuoca al rifugio Benevolo le riempirei la faccia di schiaffi. Se proprio vuoi fare l’aiuto cuoca, fallo a casa tua, le direi. Invece l’autista, di fronte al cartello con la freccia e con su scritto Valsavaranche, si è ricordato di sua sorella. Se vede che vuol bene a sua sorella e che non gli dispiace saperla su al rifugio».
Torniamo a Parigi: spero che siate andati al Louvre….
«Certo che sì, è il primo posto che abbiamo visitato, abbiamo voluto tutti farci il selfie davanti alla piramide di vetro».
Ma i quadri? La Venere di Milo? Il Codice di Hammurabi di 3800 anni fa? Monna Lisa?
Se vuoi che ti dica la verità per noi il Louvre è un posto troppo incasinato. Per di più noi siamo arrivati la domenica pomeriggio e combinazione c’era l’arrivo dell’ultima tappa del Tour de France. Ma come, dirai tu, avete preferito la corsa a tutti quei capolavori? La verità è che i quadri sono sempre lì appesi alle pareti, mentre i corridori, se ti distrai un attimo, dopo non li vedi più. Non capita mica tutti i giorni di vedere dal vivo l’arrivo del Tour de France.
Vi avevo consigliato di non trascurare il Musée d’Orsay, allestito dall’italiana Gae Aulenti lì dove c’era una vecchia stazione.
«Sì, lì ci siamo andati. Ma quando eravamo in fila per fare i biglietti abbiamo letto un cartello che diceva che in quel museo c’erano 4000 quadri. Uno di noi che prima di andare in pensione faceva lo psicologo ha detto che l’uomo medio può reggere la visione di un massimo di 30 quadri al giorno, se vuole star bene di salute. Così siamo andati ai giardini delle Tuileries a sederci sulle panchine per riposarci. E a ragionare sulle vicende famigliari del nostro autista. Lui aveva detto aiuto cuoca ma secondo noi quando uno dice aiuto cuoca vuole dire che fa la lavapiatti. Figuriamoci se in un rifugio d’alta montagna ci sono il cuoco e l’aiuto cuoca. Sì, e magari il maître rôtisseur e il maître pâtissier, e il sommelier che è quello che annusa il tappo prima di versarti il vino. Io non capisco che cosa ci sia da vergognarsi se tua sorella fa la lavapiatti. È un lavoro come un altro, non fa mica la passeggiatrice!»
Insomma, il bilancio della vostra gita a Parigi è stato positivo.
«Sì, quante belle cose si imparano viaggiando!»
Il vostro circolo ha qualche altro progetto?
«Stiamo pensando di organizzare una bella gita al rifugio Benevolo. Pranziamo lì e così vediamo se la sorella del nostro autista fa veramente l’aiuto cuoca».