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I ragazzi e l’attrazione per la pornografia online

/ 13/05/2024
Silvia Vegetti Finzi

Gentile Silvia,
da fedele lettrice, appena si è posto il problema, mi è venuto spontaneo ricorrere a lei che, senza drammatizzare, ci dà sempre una risposta di fiducia e di speranza. Mio figlio Michele, prima media, mi ha confidato che alcuni compagni di classe vedono insieme, e/o da soli, siti porno. Credo, ma forse mi illudo, che Michele non sia tra questi. Ho controllato il suo cellulare ma non risulta. Però potrebbe farlo indirettamente su quello degli altri. Io e mio marito abbiamo sempre cercato di educare entrambi i figli (abbiamo anche Mara, di 16 anni) con buoni principi e buoni esempi, tenendo aperto il dialogo e l’ascolto ma le confesso che essere genitori non è mai stato così difficile. Ho parlato con la mamma di un compagno di classe di Michele e questa è stata la sua risposta: «Ma cosa ci vuoi fare? Prima o poi devono aprire gli occhi!». Una risposta che trovo sconcertante. Lei che cosa ne pensa? /
Lidia

Cara Lidia, innanzitutto apprezzo Michele che ha trovato il coraggio di parlarne con lei. Non è facile in quanto, nella prima adolescenza, spesso prevale il senso di appartenenza al gruppo dei coetanei, un’attrazione così forte da rischiare l’omertà. Probabilmente rivelando il comportamento dei compagni, Michele avrà dovuto affrontare conflitti interiori («e se il gruppo mi isola, mi mette al bando?») e sensi di colpa («non sarò una spia?»). Nella prima adolescenza i sentimenti morali sono confusi. Quando la gerarchia dei valori non è ancora definita, è difficile scegliere tra le alternative e decidere come comportarsi. Evidentemente, nel caso di suo figlio, hanno prevalso i valori della famiglia, gli insegnamenti che gli avete trasmesso. La sua difficile confidenza sottintende anche una richiesta di aiuto cui non dovete sottrarvi. A undici anni la personalità non si è ancora formata e il cervello è immaturo, soprattutto nelle aree che controllano le emozioni e le reazioni agli stimoli. Sentendo di trovarsi in un momento di fragilità, Michele vi chiede di stargli accanto, di giustificare la sua decisione, di valorizzare il suo coraggio e di indicargli come comportarsi in futuro. Per quanto gli adulti possano fare, sono i ragazzi gli educatori di sé stessi. Probabilmente vi verrà spontaneo condannare gli amici che sbagliano, ma non siate troppo rigidi e punitivi. La curiosità degli adolescenti, soprattutto sui misteri della sessualità, fa parte della pulsione a conoscere e, pur condannando le sue devianze, non dobbiamo negare la possibilità di sbagliare, ammetterlo e rimediare. Senza errare, nel doppio significato della parola, non si cresce. Però si possono delineare insieme confini e limiti. Sino a sedici anni i ragazzini sono troppo piccoli per distinguere tra sessualità, erotismo e amore. Ed è qui che deve intervenire l’educazione sessuale in famiglia e scuola valutando la differenza tra maschi e femmine: la diversa costituzione corporea, la specifica sensibilità femminile, le distinte finalità della maternità e della paternità.

Oggi l’educazione affettiva e sessuale dei minori incrocia un altro ambito educativo di primaria importanza: l’educazione digitale. Ma il mondo online non è programmato sui processi evolutivi per cui non ha alcun filtro per selezionare contenuti, suggestioni e stimoli adeguati ai livelli di sviluppo, per monitorare le competenze cognitive ed emotive di chi entra nel mondo virtuale. Molti genitori e insegnanti si dimostrano assolutamente ignari dei rischi che corrono le nuove generazioni oppure preferiscono, come la mamma da lei interpellata, mettere la testa sotto la sabbia considerandosi amiconi dei figli. Ma i ragazzi hanno già degli amici, per cui chiedono piuttosto che gli adulti li aiutino a crescere, a diventare grandi. Alla madre, che fa tutto facile sostenendo che prima o poi i ragazzi devono aprire gli occhi, avrei risposto «ma senza chiudere il cervello!».

La sessualità precocemente eccitata predispone al bullismo, alla promiscuità e alla violenza di genere. Un ultimo suggerimento: impegni anche suo marito in questo difficile percorso mettendosi in gioco in prima persona. Senza l’esempio, le parole sono vuote, senza il dialogo, le esperienze sono cieche. Il problema è serio ma spero di non avere compromesso la fiducia e la speranza degli educatori.