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Care vecchie e nostalgiche vacanze di un tempo
Claudio Visentin
Le vacanze di una volta erano migliori? Una ricerca promossa da Crystal Ski Holidays, una società inglese di turismo invernale, sembrerebbe confermarlo. Di certo le risposte degli intervistati sono poesia pura. Al primo posto tra i ricordi c’è il permesso di rimanere alzati fino a tardi. Segue l’acquisto di cartoline da spedire ad amici e parenti. Al terzo posto, a sorpresa, la partita a carte quando fuori piove. E poi ancora l’aereo che decolla all’inizio della vacanza, viaggiare in grandi gruppi con gli amici e le loro famiglie, un’enorme pila di libri da leggere, le difficoltà nel montare la tenda, arrivare presto in piscina per accaparrarsi i posti migliori, il segno dell’abbronzatura, le foto con la macchina fotografica usa e getta, sentire il primo scricchiolio della neve sotto i piedi… Il cibo ovviamente ha un posto di rilievo: la memoria conserva il piacevole ricordo di cene a tarda sera, di strane pietanze dei ristoranti locali e di memorabili buffet della colazione in hotel. Alcune notazioni poi sono quasi proustiane, come i croissant freschi alla mattina, una cioccolata calda ai bordi della pista da sci, un assaggio dal bicchiere di vino dei genitori.
Nel tempo di Google, quando mappe e traduttori sono sempre a portata di mano, è invece difficile capire cosa volesse dire un tempo perdersi in macchina a causa di indicazioni mancanti o incomprensibili, così come ridere dei propri genitori che cercano goffamente di parlare la lingua del posto.
I ricordi di viaggio sono più vividi e duraturi. È un fenomeno ben noto agli psicologi, confermato anche da una ricerca commissionata da Swiss all’Università di Zurigo qualche anno fa. Circa il dieci per cento di tutti i nostri ricordi è legato alle vacanze, anche se naturalmente la percentuale di tempo della nostra vita trascorso in viaggio è di solito molto inferiore.
Tirando le somme, oltre nove britannici su dieci provano nostalgia quando ripensano alle vacanze del tempo andato. Saranno l’intensità e la freschezza speciale dei ricordi d’infanzia, si capisce, insieme alla nostalgia che avvolge tutto di un’aura soffusa. Ma la domanda iniziale resta sul tappeto: oggi siamo ancora capaci di divertirci così?
Certo, rispetto al passato le possibilità si sono moltiplicate. I nostri genitori conoscevano e praticavano l’agosto in riva al mare, i più agiati anche la settimana bianca e qualche viaggio europeo. Adesso ogni settimana i giornali propongono nuovi stili di viaggio.
Per esempio, solo in questi ultimi giorni, si parla molto di Gig-Tripping, ovvero assistere al concerto del proprio artista preferito in un’altra città; lo si pratica per essere certi di trovare i biglietti, per risparmiare o semplicemente per combinare la passione della musica con quella dei viaggi. Ancora si discute di Hush Trips, ovvero come lavorare da una località di vacanza, evitando accuratamente di menzionare dove ci troviamo durante le riunioni online con clienti e capi (sarà corretto, ci si chiede?).
Forse proprio questa sovrabbondanza è il problema. Bisogna sempre riflettere, valutare, scegliere, sino a quando una certa ansia si fa strada. È la sindrome FOMO (Fear Of Missing Out). Il nuovo termine ha fatto la sua comparsa nel 2010 e tre anni dopo è stato registrato nei dizionari. FOMO è il timore di perdersi qualcosa, la sensazione che gli altri vivano esperienze più interessanti e gratificanti delle nostre.
È uno stato d’animo legato a una eccessiva dipendenza dai social, dove le vite degli altri sono continuamente inscenate in forme apparentemente perfette. Anche nei viaggi vorremmo sempre essere all’avanguardia, ma non è facile cogliere le nuove tendenze nel loro stato nascente. Quando si parla di una nuova meta alla cena tra amici e si cerca di imitare i viaggiatori più influenti è già troppo tardi. Dovevamo pensarci prima. Ma prima quando?
Un altro esempio? Chi oggi andrebbe a sciare con un’attrezzatura di fortuna, con giacca a vento e scarponi in prestito? Eppure era comune un tempo. O ancora, molte spiagge sono diventate decisamente esigenti e chi non ha un fisico scolpito gira alla larga, timoroso dei confronti, mentre le foto d’epoca ci mostrano corpi imperfetti esibiti senza troppe remore in giochi chiassosi, complice quella semplice allegria, condivisa con gli altri, che forse abbiamo perduto.