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Il massacro di Pocotaligo

/ 15/04/2024
Cesare Poppi

Di lui non conosciamo nemmeno il nome. Sarà l’Anonimo Nostro. Sappiamo solo che era membro di una delegazione diplomatica composta da Samuel Warner e William Bray come rappresentanti del Governatorato dalla colonia della Carolina del Sud, oggi USA, accompagnati da Thomas Nairne e John Wright, importanti operatori nel sistema di commercio fra i coloni e la tribù dominante degli indiani Yamasee. Con loro anche un certo Seymour Burroughs e l’Anonimo Nostro che sarebbe stato testimone di un evento destinato a cambiare per sempre la storia della regione.

Era la sera del 14 aprile 1715. Una serata tiepida di primavera avanzata, ciliegie e fragole, cervi ed altra selvaggina al pascolo, il pesce abbondante nei tanti laghi… Anche fra i membri della Delegazione circolava un cauto ottimismo, dopo la Guerra dei Tuscarora, una tribù irochese che fra il 1713 ed il 1715 aveva combattuto per eliminare le ancor fragili colonie della Carolina del Nord. Certo, i Tuscarora avevano alla fine perso a causa anche delle croniche divisioni interne, ma si era dimostrato che la colonizzazione europea non fosse un fatto assodato. Che anzi… A salvare i coloni erano accorsi contingenti di indiani Yamasee, adiuvati a loro volta da una moltitudine di tribù minori tradizionalmente loro vassalle e/o alleate – Catwaba, Apalachee, Cusabo, Pee Dee, Cherokee, proto-Creek e quant’altri erano diventati determinanti auxiliares delle milizie della Carolina. Combattere fianco a fianco a guerrieri indigeni da sempre ritenuti ora nemici giurati ora alleati infidi e ballerini – ora tutti al soldo dei Visi Pallidi – aveva peraltro prodotto due risultati inaspettati, anzi tre e forse quattro. In primis: l’unione fa la forza. La demografia era a favore dei nativi di contro ai numeri esigui dei coloni in cronico deficit di donne e di nascite. In secondo luogo si era dimostrato che gli europei non fossero affatto invincibili: come tutti scappavano e morivano. Terzo cruciale fattore: attorno ai falò notturni, guerrieri che avevano imparato a fidarsi gli uni degli altri avevano cominciato a pensare che i Tuscarora (quei maledetti bellicosi storici invasori immigrati dalla regione dei Grandi Laghi) non avevano poi tutti i torti nel cercare di ributtare a mare i coloni. «Hanno i nostri stessi problemi – così piace pensare all’Altropologo vostro preferito abbia detto Capo Grillo Parlante all’assemblea dei Capi adunati attorno al falò in quelle serate memorabili – dopo tutto anche noi Yamasee siamo immigrati dal Sud in queste parti…». Dopo un’iniziale entente cordiale coi coloni, si era visto un declino di cervi e altra selvaggina: troppi fucili a troppo basso prezzo, di conseguenza gli Yamasee erano diventati dipendenti dalle merci anche alimentari fornite dalla colonia inglese: primo fra tutti il riso. Ai primi mugugni, il governo coloniale aveva allocato terre in riserva esclusiva agli Yamasee nella parte meridionale della Carolina del Sud. Per poi rimangiarsi la parola quando l’industria crescente del riso aveva svegliato gli appetiti dei grandi imprenditori anche per le terre assegnate agli indigeni. Gli autoctoni si indebitavano e vendevano la terra ai coloni, non riuscendo ad arrivare alla fine del mese finivano per vendersi schiavi. Pessimi schiavi, peraltro: rendevano poco e morivano presto.

Occorreva prevenire. E farlo magari prima che i Tuscarora, peraltro ormai sbandati, si raggruppassero per una gioiosa vendetta, si alleassero come mercenari magari stavolta con i Visi Pallidi del Sud e poi… Nell’altro campo, la guerra contro i Tuscarora aveva fatto emergere conflitti d’interesse, rapporti poco chiari. In quello che conta come il semenzaio della Prima Guerra Civile Mondiale (suolo americano 1861-1865), le colonie del Nord e del Sud cominciarono a loro volta ad accusarsi su questioni di confini, competenze, rapporti nebbiosi coi Nativi. Entrò poi a gamba tesa la Virginia col suo tabacco, imposto da allora urbi et orbi come succulentissima droga. Situazione eccellente: o la va o la spacca. Per entrambe le parti.

I negoziatori, sulla scorta di rumours da confidenti Yamasee, presentano credenziali, proposte e compromessi. Poi si ritirano fiduciosi nei loro quartieri. La controparte Yamasee indice un parlamento notturno. Contro il parere di una minoranza si decide per la guerra. Ci si applicano i colori di guerra e – per cortesia di protocollo – si svegliano i negoziatori per informarli. Capita l’antifona, tutti fuggono e sono ammazzati. Resta in vita solo Seymour Burroughs. Ferito due volte, riesce a mandare un messaggio a Port Royal: la colonia sarà salva e gli Yamasee tutelati in Riserva blindata.

Si salva, a quel punto, anche l’Anonimo Nostro. Nascosto nelle acque di uno stagno, è testimone visivo della pubblica tortura rituale/terminale di Thomas Nairne, commerciante, secondo la tradizione culturale delle Sei Nazioni dei Grandi Laghi nella quale si distinguono per fantasia creativa le donne. La chiamano oggi par condicio. Parola del Vostro.