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La Pace come salvaguardia dell’umanità

/ 15/04/2024
Silvia Vegetti Finzi

Gentile Silvia,
ho letto con grande interesse il suo articolo su «Azione» di Migros Ticino del 18 marzo 2024. Illuminante considerazione espressa! «Le donne per quanto ammirevoli, si sono mobilitate tardi, i loro figli, i nostri figli, erano già caduti». Perché non organizzarci e scendere in piazza in Svizzera (in Svizzera ma anche in tutto il mondo) noi donne per manifestare settimanalmente per la Pace? Sarei sempre presente. Da dove e come iniziare ad organizzarci, le chiedo.
Cordiali saluti e complimenti ancora, in particolare per questo articolo. /
Gabriella

Buongiorno Dottoressa,
grazie per l’importante scritto sul settimanale l’«Azione» di oggi 18 marzo 2024. Finalmente qualcuno che parla di pace, di nascita, di vita. Non ne possiamo più di guerre, di strategie, di paure anche all’interno di noi e delle nostre giovani famiglie. Abbiamo bisogno di passione, di gioia di vivere. Un lavoro da svolgere uomini e donne assieme, attraverso il dialogo, l’empatia. Non amo quelle femministe estreme che dalle loro parole, dal loro modo di manifestare si intravvede una rabbia, un rancore nei confronti degli uomini. Perché questa rabbia, da dove arriva?
Cordiali saluti. /
Renata Campana

La lettere apparsa su «Azione» il 18 marzo dal titolo La pace ha un volto di donna ha destato un grande interesse perché è entrata nel vivo delle nostre ansie più profonde, quelle che i meccanismi di difesa non riescono ad anestetizzare: la minaccia di un conflitto mondiale.

È chiaro che a quel punto tutti ne saremmo coinvolti e che il tempo per evitare che quest’incubo si avveri potrebbe essere poco. Come psicologa, credo che il primo passo per propiziare la pace sia una riflessione su di noi, su come la storia ci abbia condizionato a considerare la pace come cessazione della guerra piuttosto che un valore in sé. La Pace va perseguita sempre come espressione di Bene, come salvaguardia dell’umanità, del pianeta, degli ideali della nostra società. Noi donne, in quanto diamo la vita, non possiamo dare la morte e neppure i padri, che i bambini considerano garanti della sicurezza della famiglia, della casa, del paese. In questi momenti si avverte il bisogno di condividere un sentimento di genitorialità diffusa per cui i bambini non sono miei o tuoi, nostri o altrui ma figli di tutti e, come tali, accolti, protetti, aiutati e incoraggiati dall’intera comunità.

Alla domanda «che fare?» ognuno può rispondere con la sua creatività. Non c’è una modalità valida per tutti. L’importante, a mio avviso, è coltivare il desiderio di pace, esprimerlo e condividerlo in modo che non sia soffocato dal disinteresse, dalla pigrizia, dalla negatività. Le lettere, che qui riporto, esprimono atteggiamenti positivi, un’apertura al dialogo e al confronto che costituiscono già un annuncio di pace. Tutto quanto è stato realizzato in termini di progresso morale e culturale dall’umanità è stato innanzitutto fantasticato, tradotto in immagini, in simboli, in moti della mente e del cuore. Il pensiero è sempre innovativo, trasformativo, creativo e, se condiviso, suscita una corrente emotiva che può cambiare il corso degli eventi.

Per cui, mantenendo viva l’attenzione sui terribili eventi che stanno accadendo intorno a noi, diamo figura a un futuro possibile e realizzabile, preghiamo – con voce laica o religiosa – perché i nostri figli, nipoti, alunni, cittadini del mondo possano realizzare il potenziale di vita che gli abbiamo trasmesso dandoli alla luce. Anche quando sembrano negarlo, i ragazzi hanno fiducia in noi e ci concedono un credito illimitato. Non deludiamoli.