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Una gaffe vi seppellirà

/ 01/04/2024
Benedicta Froelich

C’era una volta la cosiddetta gaffe, anche nota come figuraccia, o, più colloquialmente, «papera»: quello scivolone poco elegante in cui tutti, compresi i personaggi pubblici costantemente sotto i riflettori, prima o poi incappano – e che può in un attimo compromettere la reputazione del malcapitato di turno o, nel migliore dei casi, gettarlo per un certo periodo nell’occhio del ciclone. E se è innegabile che il grande pubblico spesso gioisca in segreto nel vedere i propri idoli cadere nella polvere – come a desiderare una conferma del fatto che sì, anche loro sono semplici esseri umani passibili di errori, e nulla più di questo – è altrettanto vero che, prima dell’avvento dei social network, era molto più semplice riuscire a far passare inosservata una qualsiasi malefatta: da un commento poco brillante a un insulto lanciato a sproposito, fino all’espressione imprudente di sentimenti o idee che sarebbe meglio tacere.

Perché il web è un’entità dalla memoria molto, molto lunga; e qualunque cosa una persona dica o faccia, a partire dalle espressioni più plateali ai semplici post o commenti online, viene immancabilmente registrato nei suoi infiniti archivi, pronto a essere riesumato nel momento meno opportuno. Del resto, da quando la nostra vita ha cominciato a ruotare intorno ai social sembra essere diventato pressoché impossibile resistere alla tentazione di rivelare particolari della propria vita quotidiana che un tempo si sarebbero certo tenuti per sé; è come se il fascino della costante «vetrina» offerta da Facebook, Instagram e TikTok fosse tale da portare anche i più schivi a confidenze impulsive e poco meditate, e per questo pericolose. Ecco quindi che, alla stregua di un «grande fratello» digitale, internet registra e incamera ogni minimo dettaglio delle vite dei suoi utenti, facendo di ogni episodio – non importa quanto triviale – materia di acceso dibattito.

Avviene così che anche star inossidabili (e dall’ego quantomeno ipertrofico) quali Madonna possano vacillare, come accaduto durante un recente concerto, in cui l’algida diva ha voluto redarguire personalmente l’unico spettatore che si era permesso di non alzarsi in piedi durante una standing ovation. Il fatto che, pochi secondi dopo, il malcapitato si sia rivelato costretto su una sedia a rotelle ha portato la megalomanica signora Ciccone a scusarsi davanti all’intero pubblico; il che non le ha risparmiato la successiva lapidazione virtuale a opera di migliaia di commentatori digitali – i quali, senza il passaparola sul web, mai sarebbero venuti a conoscenza del fattaccio. Ed è facile intuire come, più che alla natura politically incorrect dello sfortunato gesto della diva, la rabbia dei fan sia stata diretta soprattutto a quel suo bisogno narcisistico di continue gratificazioni, che la diffusione «virale» del filmato ha impietosamente stigmatizzato.

Non solo: il cosiddetto «effetto valanga», che vede nascere da una minima svista o errore un caso mediatico di proporzioni inquietanti, oggi colpisce anche istituzioni un tempo intoccabili, quali le casate reali europee: si veda la bufera che ha recentemente travolto Kate Middleton, Principessa del Galles, in seguito all’apparizione della foto di famiglia da lei diffusa online per rassicurare il popolo britannico dopo il suo (all’epoca ancora misterioso) ricovero in ospedale – un’immagine che ha scatenato non poche perplessità, finché la stessa Kate non ha ammesso di aver prodotto, forse nel tentativo di rassicurare i sudditi, un vero e proprio «falso digitale».

E se simili segnali appaiono troppo numerosi per essere casuali, dimostrano inequivocabilmente quanto le cose siano cambiate con l’avvento dell’era della connessione costante ai mezzi d’informazione – e come, oggigiorno, l’impunità non sia più un’opzione. Spingendoci a una riflessione forse più amara, ma altrettanto inevitabile, su come, ora più che mai, sia fondamentale prestare attenzione a ogni minima traccia digitale che ci lasciamo alle spalle nel corso della nostra vita quotidiana – perché in un futuro poco lontano, una qualsiasi parola a sproposito potrebbe tornare a perseguitare chiunque tra noi non abbia l’accortezza di esercitare particolare prudenza.