Asperiores, tenetur, blanditiis, quaerat odit ex exercitationem pariatur quibusdam veritatis quisquam laboriosam esse beatae hic perferendis velit deserunt soluta iste repellendus officia in neque veniam debitis placeat quo unde reprehenderit eum facilis vitae. Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipisicing elit. Nihil, reprehenderit!
Narrowcasting
Simona Ravizza
Il narrowcasting, letteralmente «comunicazione per pochi», non è una Parola dei figli, ma piuttosto un modo di comunicare degli Gen Z attraverso i social: «La scelta è di raccontare la propria vita autentica solo a utenti selezionati, lasciando invariata la propria rappresentazione pubblica di fronte a tutti gli altri che seguono l’account ufficiale». La prima volta che sento parlare del narrowcasting è in un’intervista su Today.it a Maria Cristina Antonucci, sociologa politica, dal 2010 ricercatrice in Scienze sociali al Consiglio nazionale delle ricerche, nonché insegnante di Comunicazione e Politica a La Sapienza di Roma. Immediatamente mi sorge un interrogativo: «La mia convinzione di essere accettata sui social dagli Gen Z di noi #7infamiglia (la nostra chat di famiglia con 4 adolescenti, un 10enne senza cellulare, io e mio marito Riccardo) è, dunque, solo un’illusione?». Inutile dirvi che la risposta è affermativa.
Come credo la maggior parte dei genitori ero convinta di sapere cosa combinano su Instagram i figli in quanto loro follower: alla mia richiesta di seguirli avevano tutti risposto subito e affermativamente! Così – è sempre stato il mio ragionamento – magari ho qualche dettaglio in più anche su cosa fanno. Errore. Dopo qualche indagine tra i #7infamiglia e i loro amici, nonché attraverso le canzoni che ascoltano, scopro che il doppio profilo Instagram tra gli adolescenti è d’uso comune: uno è quello cosiddetto ufficiale che di solito riporta il nome e il cognome esatti (e poco importa se l’account sia pubblico o privato, ossia che per vederlo bisogna essere accettati); l’altro invece è il profilo nascosto, su cui gli Gen Z usano un soprannome, ed è riservato agli amici più stretti.
I due rapper americani 21 Savage e Drake nel brano Spin Bout U cantano: «Fuck your main page, what’s your Finsta? I wanna know the real you», che tradotto vuol dire: «Al diavolo la tua pagina principale, qual è il tuo Finsta? Voglio conoscere la vera te». Finsta sta per Finstagram, uno dei nomi con cui viene chiamato l’altro account, quello per intenderci non ufficiale su cui avviene il narrowcasting. Quello su cui non c’è il personaggio brandizzato, ma sé stessi. Lo spiega bene lo psicoterapeuta Alberto Rossetti nel libro Viva la libertà (ed. San Paolo, settembre 2023) di cui abbiamo parlato di recente ne Il caffè delle mamme: «Molti ragazzi, me ne hanno parlato davvero in tanti, hanno deciso di aprire un profilo su Instagram in cui far accedere solo un numero ristretto di amici e da tenere nascosto a tutti gli altri. Pochi follower, ma molto selezionati. Una sorta di gruppo ristretto con cui trovarsi senza badare troppo al trucco, al come ci si veste e al proprio brand. Interessantissimo il nome di questo tipo di account: Finstagram. Il solito neologismo inglese che tiene insieme la parola fake, falso, e Instagram. Interessante perché ribalta completamente il punto di osservazione: saremmo portati a pensare che un profilo in cui ci si presenta per come si è sia tutto il contrario di un profilo fake. Il termine Finstagram, invece, sembra indicare che per essere veri, sui social, bisogna essere un po’ falsi, perché se si rispettano tutte le logiche e le grammatiche social si è forzatamente non del tutto veri. Come dire che ciò che si mostra è falso, mentre ciò che è falso è vero».
Sinonimo diffuso di Finstagram è Spam che tecnicamente sta per «invio di messaggi indesiderati», ma qui si riferisce alla quantità elevata di contenuti pubblicati: se sul profilo principale l’obiettivo è postare poche immagini esteticamente curate, sullo Spam puoi inondare i tuoi amici di contenuti più intimi e meno costruiti. L’obiettivo è condividere senza filtri i momenti della giornata all’interno di un cerchio ristretto. Che vuol dire anche pubblicare foto con una canna tra le dita, shottini buttati giù a ritmo di musica, vomitate nel gabinetto durante una festa. Inutile inorridire: gli Spam spesso contengono immagini imbarazzanti. Quello che i nostri figli non ci dicono, ma può succedere. Non c’è l’immagine-brand da salvaguardare, ma la realtà. Una sorta di diario di bordo dei momenti intimi e delle bravate. Può non piacerci, ma è così. Saperlo è già un inizio.