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La forza democratica del turismo

/ 26/02/2024
Claudio Visentin

Il turismo ha molti difetti, lo sappiamo bene. È spesso invadente, superficiale, distruttivo. E tuttavia, se riportato al suo impulso originario, è una forza democratica; almeno sulla carta, nessuno è escluso.

Certo ai suoi inizi, negli anni Trenta dell’Ottocento, il turismo era riservato quasi soltanto ai ricchi possidenti e ai professionisti, con molto denaro e altrettanto tempo libero. Anche così, tuttavia, il progresso era evidente rispetto al manipolo di nobili che percorreva le vie d’Italia nel Settecento, al tempo del Grand Tour. Vennero poi i viaggi organizzati e i numeri crebbero a dismisura. In particolare la guida rassicurante e protettiva degli agenti di viaggio consentì a molte donne di conoscere altri Paesi, strappandole all’isolamento domestico. Fino alla Prima guerra mondiale i turisti erano soprattutto borghesi, ma negli anni Trenta, con il riconoscimento per legge delle ferie pagate, anche i comuni lavoratori provarono le gioie della vacanza, persino sotto i regimi dittatoriali (basti pensare ai treni popolari del fascismo).

Dopo la Seconda guerra mondiale, quando anche i contadini del nord Europa scoprirono il Mediterraneo, quel percorso d’apertura sembrò compiuto. Eppure in quegli anni viaggiava poco più della metà della popolazione. Non viaggiavano i vecchi, i malati, i disabili. Nessuno era escluso per principio, semplicemente non si immaginava che anche queste persone potessero viaggiare.

Solo in anni più vicini a noi le barriere, psicologiche prima ancora che architettoniche, hanno cominciato a mostrare segni di cedimento. Oggi tutti viaggiano, o quanto meno ne hanno la possibilità teorica, disabili inclusi. E questi ultimi sono assai numerosi. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) una persona su sei nel mondo ha qualche forma di disabilità: mobilità, vista, udito, difficoltà cognitive, malattie mentali eccetera. Ognuno di noi può ritrovarsi in questo gruppo prima o poi, anche soltanto a causa della vecchiaia (e in Europa entro il 2050 una persona su sei avrà un’età pari o superiore a 65 anni).

Per questo la nuova attenzione per il turismo accessibile deriva anche dal calcolo economico. Un miliardo e trecento milioni di viaggiatori disabili rappresentano un mercato formidabile, di poco inferiore ai sessanta miliardi di dollari secondo stime recenti (Brooke Hansen, University of South Florida). E sono numeri in rapida crescita, quasi raddoppiati rispetto al 2015. Certo, non tutti possono permetterselo, ma comunque il 70% dei cittadini europei con disabilità ha le risorse necessarie per viaggiare.

Di conseguenza diverse destinazioni stanno investendo parecchio per adeguare edifici, spazi pubblici e attrazioni. Domanda e offerta lavorano di comune accordo. Da qualche tempo i viaggiatori con disabilità sono più consapevoli del loro valore e portano i soldi là dove le esigenze sono soddisfatte. Soprattutto chiedono molto più della semplice accessibilità agli alberghi con rampe e ascensori.

E così la Grecia ha attrezzato trecento spiagge con passerelle alimentate da energia solare (Seatrac): due binari conducono fin dentro l’acqua la persona su sedia a rotelle, in autonomia e senza l’aiuto di nessuno. Anche il lungomare di Rimini è completamente accessibile. In California chiunque può affittare una moto a tre ruote (Ryker), adattata per avventure on the road. E sono solo alcuni esempi.

Tutti questi interventi naturalmente richiedono investimenti anche importanti prima di generare profitti e inevitabilmente aumentano la distanza tra Paesi turistici ricchi e poveri. Ancora più impressionante tuttavia è il divario ideale. Nei Paesi più avanzati si punta ormai a un approccio universale, come spiega Richard Thompson, a capo di un’organizzazione per il turismo sostenibile e inclusivo: «La maggior parte delle persone disabili non si identifica più come tale; chiedono semmai disponibilità all’ascolto e voglia di adattare le strutture di conseguenza». Insomma, dal turismo accessibile si sviluppa una nuova filosofia del turismo che pone al centro l’ascolto di qualunque cliente, non dei disabili soltanto. Un’idea semplice e rivoluzionaria.