azione.ch
 



Troppo vecchi e troppo giovani

/ 19/02/2024
Paolo Di Stefano

Risale a circa un mese fa la nomina di Gabriel Attal a primo ministro francese. Tutti a stupirsi della sua giovane età, 34 anni, ed è vero che i precedenti premier della Repubblica di Francia erano tutti più vecchi di questo ex socialista amico di Macron, già ministro dell’Educazione nazionale. Troppo giovane? C’è da stupirsi, piuttosto, che mai nessuno abbia ricoperto quel ruolo in età più precoce, se si pensa che Carlo Magno fu incoronato re dei Franchi a 26 anni e che all’età di Attal Napoleone stava per diventare imperatore ed era già al potere da qualche anno. Per fortuna, non serve essere coetanei di Matusalemme per guadagnarsi un posto nella storia. A 21 anni Gobetti inventò «La Rivoluzione liberale», una delle riviste più tenaci d’opposizione al fascismo; Gramsci trentenne fondò il Partito comunista; Giulio Einaudi era ventenne quando aprì a Torino una delle case editrici oggi più importanti d’Europa. E si potrebbe continuare, senza necessariamente arrivare al caso limite di Federico di Hohenstaufen diventato re di Sicilia a tre anni e imperatore sedicenne. Oggi un sedicenne ha difficoltà a governare la sua cameretta. Altro stupore per Attal, oltre alla «giovane» età, l’omosessualità dichiarata: ma perché tanta enfasi?

Di fronte a certe notizie (2-), non si rimpiange mai abbastanza la delicata rubrica E chi se ne frega di «Cuore» (6), il celebre settimanale satirico di resistenza umana, che trionfava negli anni Novanta. Pensate che liberazione sarebbe poter esclamare «E chi se ne frega», che ne so, dopo aver sentito la classifica dell’ultimo Sanremo. Oppure: Amadeus lascia il Festival? E chi se ne frega. Salvini attacca la Ue? E chi se ne frega. Nuove accuse tra Totti e Ilary Blasi? E chi se ne frega. La sorella di Giorgia Meloni non si candida alle Europee? Davvero? E chi se ne frega.

A proposito di età. Sarebbe più interessante sapere come mai non esiste un candidato alla presidenza degli Stati Uniti (1 agli Stati Uniti) che abbia meno di 78 anni. O un presidente abbastanza lucido da non confondere l’Egitto con il Messico. In attesa di saperlo, mi leggo l’ultimo libro di Goffredo Fofi, un eterno giovane di 86 anni (6), che in Quante storie (altraeconomia Edizioni) racconta le vite di Danilo Dolci e di Aldo Capitini, due nonviolenti che oggi farebbero sentire alte le loro voci. Oppure la parabola dell’imprenditore illuminato Adriano Olivetti, che concepì l’idea di comunità dentro la sua fabbrica (dove c’erano anche biblioteche e servizi sociali), trovando nemici nella politica e nel potere economico. Sempre a proposito di età, a 58 anni Olivetti morì di trombosi, in territorio svizzero, su un treno diretto a Losanna. Né giovane né vecchio. Ma comunque, morì troppo presto.

Sono esperienze di «azione sociale», quelle che ricostruisce Fofi. E tra queste, c’è anche la battaglia di Margherita Zoebeli, maestra elementare di Zurigo che nel 1936, su sollecitazione dei sindacati socialisti svizzeri, arrivò a Barcellona in pullman per salvare dalla guerra civile gli orfani della Repubblica spagnola. Nel 1945, dopo aver soccorso i partigiani della Val d’Ossola, fu chiamata a Rimini dai socialisti italiani: arrivò avventurosamente navigando lungo il Po su una barca. A Rimini fondò un centro educativo che i bambini del posto chiamavano «il villaggio», in mezzo alle macerie della guerra, poi trasferito nel verde vicino alla stazione e ancora in auge nonostante le disavventure e gli ostacoli che Zoebeli dovette superare come direttrice e fautrice del cosiddetto «metodo globale» di apprendimento. C’è poi, tra molte altre, la storia rocambolesca di don Zeno Saltini, ex bracciante, presbitero ribelle, eretico e anche un po’ velleitario (così lo definisce Fofi) che inventò Nomadelfia, una comunità (anche agricola) del comune di Grosseto improntata ai dettami di vita evangelici e finita nei guai di una gestione spericolata. La abitavano famiglie regolari e irregolari, con bambini poveri e orfani. Quando Fofi, pauperista reduce dall’esperienza siciliana con Dolci, si avvicinò a don Zeno dicendosi entusiasta di tanta gente umile e autentica, si sentì rispondere: «Goffrè, ricorda sempre che i poveri puzzano». Era un tipo un po’ brusco, don Zeno. Smessa la vita attiva, avrebbe passato gli ultimi anni sulle spiagge del Tirreno, accompagnato da un’orchestrina, cantando e ballando per i turisti. Morì a ottant’anni, quando avrebbe potuto candidarsi a governare una superpotenza.