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Trump vs Biden, e il mondo sta a guardare 

/ 22/01/2024
Carlo Silini

Parte la sarabanda delle elezioni presidenziali americane (responso finale il 5 novembre) e nessuno dei due candidati «forti» brilla di luce diamantina. Trump ha 77 anni, Biden 81. Da noi sarebbero in pensione da un pezzo. Niente contro gli anziani, tutt’altro. Ma non è rassicurante che un simile mandato venga affidato a qualcuno che, dopo l’ambaradan della vita attiva, meriterebbe il buen retiro col conforto degli hobby e/o dei nipotini, lasciando campo a leader più giovani e in forze per l’esorbitante responsabilità di quel ruolo. 

Se il grigio Biden non semina entusiasmi, il bizzoso Trump, al di là delle pendenze giudiziarie, ha influito in modo determinante sull’evento più antidemocratico della storia americana, l'indegno assalto al Campidoglio il 6 gennaio del 2021 (del tutto condivisibili, in proposito, le considerazioni di Paolo Di Stefano a pag. 35). 

Non che Biden sia immacolato. Pure lui ha nascosto incarti top secret e suo figlio Hunter si è impegolato in vari reati fiscali. Ma oggettivamente non c’è confronto, a livello quantitativo e qualitativo, tra i dossier controversi su Trump e quelli sul suo rivale. 

Se anche i due si equivalessero sul piano delle virtù e dei misfatti, resta che le loro idee confliggono quasi in ogni ambito. Per Trump – che ha ritirato gli Usa dagli Accordi di Parigi – il surriscaldamento globale è un’invenzione dei cinesi, per Biden e per 9 scienziati su 10 un’evidenza scientifica. Nella politica d’asilo, il primo ha rafforzato il Muro col Messico ricacciando oltre frontiera in condizioni disumane la maggior parte dei fuggiaschi che tentavano l’ingresso negli Usa, il secondo ha revocato alcune misure restrittive, ma con scarso successo. Trump è convintamente antiabortista, per Biden l’aborto è un diritto da proteggere. Malgrado le immancabili stragi nelle scuole, il candidato repubblicano difende ferocemente il porto d’armi facile, Biden no. In politica estera, l’ex presidente è unilaterale, l’attuale è multilaterale. Quanto ai sussidi sanitari, Trump ha smantellato l’Obamacare che dava maggior protezione ai poveri, Biden vorrebbe ripristinarlo. La retorica di Biden è pulita, corretta, ma un poco sciapa, mentre Trump è un erogatore automatico di fake news e promuove la filosofia della «post-verità». Trump fatica a condannare chiaramente alcuni gruppi razzisti, Biden si è scelto una vicepresidente, Kamala Harris, figlia di immigrati. 

Riguardo alle promesse legate al benessere dei cittadini, Trump ridurrà le tasse per le imprese e i contribuenti ad alto reddito, al contrario di Biden che in compenso vorrebbe espandere l’accesso all’assistenza sanitaria alle fasce più fragili della popolazione. 

E poi ci sono le guerre. Trump promette che, con lui presidente, i conflitti in Ucraina e a Gaza finiranno subito. Sarà vero? Forse, ma, ci par di capire, per egoismo: per non «sprecare» risorse finanziarie a favore di cause che svuotano le tasche degli Stati Uniti. Biden, invece, ha chiesto aiuti urgenti per 106 miliardi di dollari al Congresso per l’assistenza militare (e umanitaria) alle crisi in corso. Iniziativa gelata dai repubblicani. 

È un rompicapo etico che nel 2024 toccherà tutte le democrazie mondiali, compresa quella elvetica (che al WEF di Davos ha promesso una conferenza di pace, vedi articolo di Bonoli a pag. 25): meglio finanziare i rifornimenti alle vittime e prolungare a tempo indeterminato morte e violenza, o lasciare che i conflitti finiscano in base ai rapporti di forza sul campo senza sostegni esterni, cioè, nei casi specifici, con le vittorie certissime di Russia e Israele? Oggi più che mai, i destini del mondo sembrano in gran parte dipendere dalle scelte del signore che presto siederà dietro la scrivania ottocentesca dello Studio Ovale.