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Uscire dall’isolamento condividendo esperienze

/ 22/01/2024
Silvia Vegetti Finzi

Cara Silvia,
ho settantadue anni e da sette sono in pensione. Ero stanca di fare un lavoro subordinato e ripetitivo di cui non intravvedevo il senso e il valore. Mi illudevo di recuperare il tempo perduto partecipando al Movimento delle donne di cui avevo tanto sentito parlare negli anni Ottanta ma, una volta disponibile, non ho trovato alcun aggancio e sono rimasta sola. D’altra parte mi sembra che le giovani non si rendano conto di camminare sulle spalle delle mamme e delle nonne e che il dialogo intergenerazionale non esista. È vero o sono io che non lo intercetto?
Mi sento inutile e frustrata, per non dire depressa, e ti chiedo aiuto. Come posso fare per riprendere il filo della vita senza lasciarmi trascinare dagli acciacchi della vecchiaia che, anche senza essere gravi, rischiano di diventare un impegno a tempo pieno? Ormai frequento quasi esclusivamente ambulatori medici dove incontro donne più o meno attempate che sanno solo parlare di malattie come se al mondo non esistesse altro. Non mi indicare però associazioni di nonne perché non ho né figli né nipoti e questa condizione non mi interessa. Vorrei aderire a una prospettiva che esca dalle strettoie del lavoro, della famiglia e della solitudine. Leggo molto e sono consapevole che stiamo vivendo una crisi globale, un pericolo mortale che richiede l’impegno morale di tutti ma dove sono i «tutti»? Spero vorrai darmi una mano per uscire da questa impasse.
Grata del tuo ascolto, ti saluto con stima e fiducia.
/ Maria Teresa

Cara Maria Teresa,
tra l’Io e gli altri, l’uno e il tutti ci sono istituzioni intermedie che possono aiutarci a uscire dal privato senza disperdersi nel collettivo indifferenziato. Una di queste, di cui ho l’onore di far parte, si chiama AvaEva. È un progetto sostenuto dal percento culturale Migros. Nato nella Svizzera tedesca si è esteso in Ticino dal 2013. Accoglie donne, non solo nonne, che hanno la fortuna di invecchiare. Ciascuna a modo suo, secondo storie di vita differenti e sensibilità diverse. Lo stereotipo tradizionale della nonna che sferruzza accanto al fuoco raccontando favole ai nipotini è ormai svanito. Persino la Befana è diventata sorridente, ironica e dinamica. Purtroppo il Covid ha interrotto la precedente ventata d’innovazione ma il Movimento si sta rapidamente riprendendo interrogandosi su come procedere.

Le novità mi sembrano due: innanzitutto l’apertura di un dialogo intergenerazionale con le giovani donne; inoltre l’aver integrato il femminismo storico con altre istanze, quali la difesa dell’ambiente, il rifiuto del razzismo, la presa di posizione contro la guerra, le ingiustizie sociali, la violenza di genere. Non è poco ma vale la pena d’impegnarsi perché la posta in gioco non è mai stata così alta.

Nel tuo caso però non puoi entrare in un collettivo, o meglio in un gruppo, avendo un’identità così fragile. Il passaggio dall’Io al noi va preparato altrimenti rischi di giungervi con aspettative così grandi da essere facilmente deluse. Per prima cosa è opportuno che tu ti chieda «Chi sono io?».

La risposta dipende da te e va cercata nell’auto-narrazione del tuo passato, nella ricostruzione della tua biografia. Raccontati, dai un senso alla tua vita, parole ai tuoi desideri. Il Femminismo inizia appunto con l’autocoscienza e si apre poi, come un fiore, alla condivisione delle emozioni e delle intenzioni. Soltanto quando avrai una tua personalità sarai in grado di uscire dall’isolamento difensivo in cui ti trovi e partecipare alla vita degli altri, delle altre. Lo puoi fare in due modalità interagenti: sia attendendo una risposta al tuo bisogno di partecipazione sia apportandovi contributi personali in termini d’immaginazione, di proposte e iniziative. Non chiederti solo cosa posso ricevere ma soprattutto che cosa posso dare a chi è più fragile e disorientata di me. Penso che un primo passo per procedere verso la condivisione delle esperienze, che è l’unico modo di comprenderle davvero, sia già costituito da questa lettera.

La Stanza del dialogo rappresenta appunto un luogo virtuale dove, senza esporsi troppo, si può stabilire un colloquio e vedere, di rimbalzo, la propria immagine. Ti auguro che quanto chiedi alla vita si realizzi puntando soprattutto sulle tue risorse. Il risultato sarà un senso di realizzazione di sé che si riverbera sulla comunità. Auguri da tutti noi che ti leggiamo.