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Due sconfitte e una (quasi) vittoria

/ 22/01/2024
Cesare Poppi

È quasi un luogo comune pensare che la storia delle conquiste coloniali sia una ripetizione di brutali atti di aggressione da parte di forze militari tecnologicamente superiori, tali per cui quattro fucilate e due cannonate sarebbero state sufficienti a sbandare i nativi armati di arco, frecce e inutili amuleti. La ricorrenza del 22 gennaio ci ricorda che non è sempre andata così. In primo piano stavolta il percorso storico che porta alla formazione dell’Impero Britannico – l’Africa in particolare. Sullo sfondo l’accesso alle risorse naturali, la sotterranea, infera ricchezza che da sempre affiora a sgambettare lo sviluppo del Continente: oro e diamanti allora, petrolio, uranio e coltan oggi.

Ai primi dell’800 gli inglesi governavano la colonia della Costa d’Oro, oggi Ghana, commerciando in oro e schiavi col potente impero degli Ashanti che controllava le fonti di entrambe. Alleati dei Fante, nemici storici degli Ashanti che fungevano da intermediari ai traffici, gli inglesi si trovavano spesso coinvolti in incidenti di ogni sorta fra i locali. In seguito a un pasticciaccio causato dal rapimento di un Fante arruolato nella guardia coloniale e a una serie di scaramucce, gli inglesi decisero l’invasione dell’Impero Ashanti. La posta? Il controllo diretto delle fonti dell’oro e delle rotte degli schiavi. L’idea era che sarebbero bastate le solite quattro fucilate a disperdere una forza male armata e indisciplinata. Ma stavolta il Governatore Sir Charles McCarthy aveva sbagliato i calcoli. Divise i suoi uomini in due colonne, si mise alla testa dell’avanguardia di 500 soldati e guidò la marcia verso Kumasi, la capitale dell’Impero. L’esercito Ashanti era però disciplinato e ben organizzato. Per quanto gli archibugi ad avancarica fossero caricati a chiodi in mancanza di pallottole, sparati a corto raggio facevano sfracelli per via della rosa che producevano. Lo scontro vide 10’000 guerrieri Ashanti annientare la colonna inglese rimasta essa stessa senza munizioni alla battaglia di Nsamankow. Riuscirono a salvarsi solo in venti: era il 22 gennaio 1824.

Fast forward e scendiamo al Sud del Continente. Siamo nel 1879. Da anni gli inglesi cercano di trasformare la complessa realtà politica della Colonia del Capo in un Dominion che incorpori le vaste regioni dell’interno e aggiunga alle fertili terre dei Boeri le miniere di oro e diamanti del sottosuolo. Ma l’impero degli Zulu, quello che secondo i piani dovrebbe fornire manodopera nelle miniere, non ci sta. Risolta in qualche modo la questione Boera, una volta che la scoperta di giacimenti di diamanti nel Transvaal rende imperativo spazzare via l’impero Zulu, occorre trovare il pretesto per invadere e annettere. In retrospettiva, la storiografia ha certificato che la serie di incidenti di frontiera che portarono alla guerra aperta furono in realtà organizzati da autorità coloniali convinte di una facile vittoria. Anche stavolta si trattò di calcoli malfatti. Lord Chelmsford divise le sue forze in due contingenti: uno venne lasciato a Rorke’s Drift, mentre Chelmsford avanzava all’interno del territorio Zulu – peraltro senza piena autorizzazione del Governo coloniale centrale. Accampato a Isandlwuana, la mattina del 22 gennaio 1879 Chelmsford commise l’ultimo, fatale errore: divise ulteriormente le sue forze quando partì con parte della colonna all’inseguimento di un fantomatico contingente Zulu che si rivelò essere uno specchietto per le allodole. Alle sue spalle 20’000 impi (guerrieri) Zulu si riversarono a prezzo di perdite ingenti sul campo inglese armati di zagaglie, scudi di cuoio e pochi vecchi fucili. Fu una strage. Non sapremo mai quanti guerrieri Zulu al comando di Ntshingwayo kaMahole Khoza si immolarono a ondate successive prima che gli Inglesi decidessero di ritirarsi portandosi dietro 2000 feriti e lasciando sul campo 1000 morti. La vittoria degli Zulu fu solo in qualche modo resa amara dalla sconfitta, lo stesso giorno, di un altro assalto al contingente inglese fortificato a Rorke’s Drift. Qui, 150 truppe coloniali respinsero 4’000 assalitori Zulu. Per quelle ironiche simmetrie che la Storia, peraltro pessima magistra vitae, propone ogni tanto, anche in questo caso gli sconfitti si buttarono allo sbaraglio senza autorizzazione centrale. Par condicio?