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La ninfa Ancolie al bar del Kunsthaus di Zurigo

/ 15/01/2024
Oliver Scharpf

I frequentatori del dancing Mascotte, nato il tredici gennaio del 1916 tra Bellevue e l’Opera e noto anche come Corso-Bar, ballando il mambo fino a tarda notte negli anni Quaranta, potevano incontrare con lo sguardo il murale surrealista di Max Ernst (1891-1976). O anche solo percepirne – tra un Mai Tai e l’altro, poltrone di Alvar Aalto in betulla e imbottiture zebrate – del murale situato in un separé-nicchia ben visibile dalla pista di ballo, le emanazioni erotico-floreali. «Il mago delle sottili palpitazioni» secondo il poeta René Crevel, nell’estate del 1934, a torso nudo su una scala a pioli, dipinge, con colori a olio, sull’intonaco, al primo piano di un palazzo affacciato sulla Sechseläutenplatz, la ninfa Ancolie. Staccata da quelle mura nel 1955, per decenni dimenticata nei depositi del Kunsthaus e riesumata solo dopo più di mezzo secolo per un restauro, ritrova, nell’ottobre 2021, un habitat simile al suo che dista, dal suo antro originario, nove minuti a piedi. Incastonato a meraviglia dentro il bar concepito – come tutto il museo sulla Heimplatz – da David Chipperfield, Pétales et jardin de la nymphe Ancolie (1934), 415, 5 x 531 cm, ne determina perfino la larghezza. E pone tutto il bar in asse a quest’opera salvata per un soffio dal gestore scimunito del dancing.

Mi siedo il più vicino possibile, su un divanetto di pelle rosso mattone che contorna tutta la nicchia con sette tavolini in quercia, attorno ai quali, ci sono delle sedie verde ascot. Ordino un espresso e studio la ninfa Ancolie al bar del nuovo Kunsthaus di Zurigo (423) nel crepuscolo invernale. Orario prescelto per ritrovare magari la magia di Max Ernst del quale ho dei quadri-giungla in testa, depositati nel subconscio, fin da bambino. Una figura fatata fatta di foglie si libra in aria, fiori tutti di pistilli rosso melograno galleggiano simili a meduse, dietro, una vasta macchia giallo maionese stimola l’immaginazione; lo sfondo è color carta da zucchero. Il caffè niente male e un sorso d’acqua aiutano ad aguzzare la vista. Al margine dei diciotto pannelli di legno, sui quali è stato catturato il murale con la tecnica a strappo, l’azzurro dello sfondo viene prolungato attraverso un contorno di azzurro più scuro.

Incorniciato e sottovetro, questo murale-nettare, dopo un accurato restauro in riva al Reno – al museo Tinguely di Basilea, nel corso di una retrospettiva nell’autunno-inverno 2007-2008 – sembra aver ritrovato il suo ambiente. Tavolini accostati troppo, fumo, drink rovesciati, non lo hanno scalfito, se non in alcuni punti e non restaurati troppo per forza, lasciandoli, con delicatezza, così, un po’ vissuti, come arcipelaghi topografici involontari per osservatori maniacali. Maestro del collage, Max Ernst prende i fiori e le foglie di Stenocarpus cunninghamii da una mirabile illustrazione botanica ottocentesca di Walter Hood Fitch (1817-1892): ingigantendola e capovolgendola. In questo modo, due delle foglie sinuose e ondulate di questo albero che cresce nelle foreste pluviali australiane, diventano gambe divaricate come quelle di una ballerina sospesa in un balzo. Movimento-similitudine potenziato dall’ombra-macchia gialla che in un angolo forma un piede. Mentre le altre due foglie sembrano le ali dell’uccello fantastico Loplop, alter ego ornitologico di Ernst. La quinta foglia, quella con la piega verso il picciolo, si tramuta nel becco e completa la figura di ninfa-volatile alla quale è stato dato il nome di un altro genere di piante che richiama la melancolia. Questa parte superiore, dove è posta una minuscola sfera-seme come testolina, sconfinando nello sfondo, diventa verde pavone.

Lo stesso colore si ritrova nelle pareti di velluto del bar. Degno habitat per il riemergere della ninfa Ancolie: eleganti lampade d’acciaio pendule, piatti vegetariani, bancone in marmo di Krastal. Le lesene-colonne in pietra calcare di Liesberg color ocra-crème brûlée, le ricordano forse le grate in bambù di un tempo. Come in filigrana, si notano le venature di altre foglie e su in alto, appena accennati, nuotano onirici molluschi cefalopodi. Assonanza netta con i pistilli erogeni a testa in giù simili a tentacoli filamentosi rosso melograno, della specie, scoperta nel 1828 sulle sponde del fiume Brisbane, dal botanico-esploratore Allan Cunningham (1791-1839).