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In Ticino la produttività delle aziende cala

/ 15/01/2024
Angelo Rossi

Di solito, quando si presentano indicatori sullo sviluppo dell’economia ticinese la scelta cade sul tasso di variazione del Prodotto interno lordo (Pil), sul tasso di disoccupazione, sulla variazione dell’effettivo dei frontalieri oppure su quella dell’occupazione complessiva. I commentatori economici citano raramente la statistica delle aziende che, a nostro avviso, è una di quelle che maggiormente possono spiegare la natura dell’evoluzione più recente della nostra economia. La crescita annuale di un’economia, misurata dal tasso di aumento del Pil, può essere definita come la somma del tasso di variazione annuale dell’effettivo delle aziende e del tasso di variazione annuale del valore aggiunto aziendale medio (una misura della produttività media delle aziende). Le statistiche disponibili ci consentono di seguire l’evoluzione di questi tre fattori tra il 2011 e il 2020. In questo periodo il tasso annuale di crescita del Pil è stato in Svizzera pari all’1%. L’economia ticinese ha conosciuto un tasso di crescita annuale inferiore pari allo 0,6%. Contraria è stata invece l’evoluzione manifestatasi nell’effettivo delle aziende. Mentre in Svizzera, tra il 2011 e il 2020, questo effettivo è cresciuto annualmente dell’1%, cioè come il Pil, in Ticino il tasso di crescita annuale dell’effettivo delle aziende ha raggiunto il 2,5%. Se questi dati sono, non solo affidabili, ma anche compatibili, questo significherebbe che il tasso di variazione del valore annuale aggiunto medio delle aziende è stato nullo in Svizzera e negativo in Ticino. In altri termini tra il 2011 e il 2020 a livello nazionale la produttività media delle aziende è restata costante, mentre in Ticino è diminuita a un tasso annuale di quasi il 2%.

Il confronto di queste percentuali dà la misura di quanto inefficiente sia stata l’evoluzione recente del processo di produzione dell’economia ticinese. Con un tasso di aumento annuale dell’effettivo delle aziende pari a 2,5 volte quello nazionale, l’economia ticinese non è riuscita infatti a raggiungere neanche la metà del tasso di crescita annuale del Pil nazionale. Vedendo queste cifre ci viene in mente il confronto che Franscini, ai suoi tempi, faceva tra le piccole mucche ticinesi e le mucche di maggior statura (più del doppio rispetto alle prime) dei Cantoni d’oltre San Gottardo. Son passati quasi 200 anni, la struttura di produzione è mutata (oggi invece dell’agricoltura dominano le attività del settore dei servizi) ma le differenze di statura e di produttività continuano a esistere. Per spiegare il perché di questa diversità e del suo permanere nei secoli occorrerebbe non un breve articolo ma un trattato di storia economica regionale. Comunque, per consentire ai lettori di «Azione» di continuare a riflettere su questa divergenza, possiamo indicare a titolo ipotetico qualche causa. In primo luogo, per l’appunto, la differenza di statura. Le mucche ticinesi di oggi – ossia le aziende operanti nell’economia del nostro Cantone – continuano a essere più piccole di quelle di oltre Gottardo. In effetti l’azienda media ticinese conta 6 posti di lavoro mentre quella svizzera ne conta 7,6, ossia un quarto di più. Una possibile causa della differenza di grandezza delle aziende è il grado maggiore di terziarizzazione dell’apparato produttivo ticinese rispetto a quello svizzero. Si sa che le aziende del terziario sono di piccola e piccolissima dimensione. In particolare lo sono quelle dei servizi alla popolazione (dall’estetista per le unghie alla parrucchiera, dai servizi di Spitex privati alla podologa).

Ora, mentre in Svizzera le aziende nelle attività del settore terziario rappresentavano nel 2020 il 78,8% del totale, nell’economia del nostro Cantone la quota delle aziende del terziario nel totale era pari al 97,3%. Anche questa differenza nella struttura di produzione pesa negativamente sull’evoluzione del valore aggiunto per azienda. Una terza possibile causa è rappresentata dal recente significativo ridimensionamento del settore finanziario, in particolare delle banche. Lo stesso non ha avuto significativi effetti negativi sull’evoluzione dell’effettivo delle aziende, ma ha portato alla sostituzione di aziende che avevano una produttività elevatissima (per l’appunto le banche) con aziende che appartengono a rami con bassa produttività. Ricordiamo infine che fintanto che il valore aggiunto delle aziende non aumenta anche i salari non possono aumentare.