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Quando il cervello non basta
Alessandro Zanoli
Nell’annosa discussione su pregi e difetti dell’intelligenza artificiale (IA) ha introdotto alcuni suggerimenti interessanti Roberto Viola, direttore generale per le Reti di comunicazione, contenuti e tecnologie della Commissione europea, nel corso di una stimolante conferenza proposta qualche settimana fa a Lugano dalla Fondazione Moebius. Il suo competentissimo intervento ha avuto, per chi scrive, il merito di sollecitare alcune riflessioni, che si sono perfezionate alla luce di altre informazioni diffuse dalla stampa nelle settimane successive. Il punto è molto semplice, se non banale, e forse molti dei lettori c’erano arrivati prima del sottoscritto. Se si indirizzano da più parti tante energie e si investono tanti capitali nel settore dell’intelligenza artificiale, è perché ci si rende conto che quella «naturale» non è più all’altezza dei compiti richiesti per garantire uno standard di vita accettabile agli esseri umani. In altre parole, è possibile che il cervello umano non sappia in tempi ragionevoli trovare una soluzione ai problemi che con le sue sole forze biologiche ha causato al nostro stile di vita occidentale.
Uno degli esempi che Viola ha proposto al pubblico è il calo generalizzato della produttività nelle società evolute. Si tratta di indicazioni precise che le autorità europee hanno tratto da studi sull’argomento. Crea preoccupazione il dato oggettivo che tanto più migliora lo standard di vita degli esseri umani, tanto minore risulterebbe la loro capacità di rispondere in maniera efficace alle necessità di innovazione nella continua presa a carico dei bisogni della popolazione. Avremmo voluto chiedere a Viola se in queste défaillances fosse compresa anche l’impossibilità di trovare una soluzione al problema dei costi di Cassa malati per i cittadini svizzeri, ma ci è mancato il coraggio di spiegargli il dramma…
Scherzi a parte, il problema del calo di produttività è sentito in maniera tanto seria da spingere la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, a incaricare Mario Draghi di occuparsi della questione. Ora, proprio in questo, come in altri contesti, il contributo dell’intelligenza artificiale sembra davvero determinante. Da un punto di vista farmaceutico, ad esempio, pare che l’IA stia affrontando in modo molto efficace il tema della scoperta di nuovi antibiotici, mettendo così nelle mani dei medici nuove terapie e superando le preoccupazioni legate allo sviluppo di resistenze da parte dei microorganismi patogeni. In altri settori della chimica l’IA si sta dando da fare addirittura per individuare nuove molecole e nuovi materiali, rivoluzionando le nostre conoscenze e offrendo nuove possibilità di sviluppo all’industria.
I campi dello scibile umano che sono passibili di miglioramenti concreti sono molti e a tutti questo nuovo strumento di lavoro promette nuove prospettive. Il metodo stesso del suo funzionamento, la sua capacità di trovare nuovi collegamenti inusitati tra vari campi della conoscenza umana è assai promettente. Nel corso della sua conferenza Roberto Viola si è concentrato in particolare sugli aspetti della nuova medicina: il medico del futuro, coadiuvato dall’IA sarà in grado di correlare informazioni e dati diagnostici in modo efficace e veloce, trovando spunto per i migliori trattamenti. In una società sovrappopolata, che soffre di una cronica mancanza di curanti (come già oggi sperimentiamo), l’introduzione della nuova tecnologia sarà non solo auspicabile, ma necessaria.
In conclusione, visto l’inevitabile destino a cui la nostra civiltà sta andando incontro, da un lato sarà importante che le autorità mantengano un alto e competente controllo sull’uso dello strumento. Viola stesso annovera tra gli strumenti di difesa contro gli aspetti più nocivi di questa tecnologia (che sperimenteremo di sicuro) una vigile attenzione della comunità scientifica e degli stessi utenti. Insomma, lasciamola lavorare ma teniamola d’occhio. Per noi il lavoro è appena all’inizio. Più sarà implementata, più dovremo vigilare. Come già detto, sarà dunque un doppio lavoro, altro che semplificazione.