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Influencer e boccaloni

/ 25/12/2023
Paolo Di Stefano

Siamo molto influenzabili. Troppo, se è vero che una certa Chiara Ferragni è riuscita a metter su un bel gruzzoletto, decine di milioni di euro, per forza di persuasione commerciale. Sfogliando un qualunque vocabolario, alla voce «influencer» troverete: «Personaggio di successo, popolare nei social network e in generale molto seguìto dai media, che è in grado di influire sulle opinioni, sui comportamenti e sulle scelte di un determinato pubblico».

L’ultima trovata della influencer ex bocconiana è stata la beneficenza a pagamento. Per chi non li avesse seguiti, i fatti sono questi: Ferragni promuove attraverso Instagram dei preziosi «pandori rosa» griffati Ferragni a prezzo triplicato, comunicando che l’incasso andrà ai «Bambini delle Fate», cioè ai bambini autistici di un ospedale. In realtà, l’azienda produttrice dei pandori aveva già fatto una sua donazione di 36 mila euro ai suddetti bambini senza alcuna correlazione con gli incassi della Ferragni. Equivalenti a oltre un milione. Ne è venuta fuori una multa, da parte dell’agenzia garante della concorrenza, per pratica commerciale scorretta.

Per cercare di mettere una toppa al tracollo di reputazione social, l’imprenditrice digitale ha postato un video in cui, con il ciglio umido griffato Ferragni, si scusava dicendo parole commosse e commoventi: «Sono convinta che chi è più fortunato ha la responsabilità morale di fare del bene. Questo è quello che insegniamo ai nostri figli». Parole come pietre, pensate e griffate forse con l’aiuto di un consulente marketing: «Gli insegniamo anche (sottinteso: ai figli) che si può sbagliare, e che quando capita bisogna ammettere…». Si può sbagliare? Proprio così. Eccola ammettere non quella che si direbbe una truffa bella e buona griffata Ferragni ma l’imperdonabile «errore di comunicazione». Per questo, la voce rotta dall’emozione doverosamente griffata, ha dichiarato di voler devolvere un milione di euro per le cure dei bambini. Intanto, però, è saltato fuori un altro pasticciaccio di pasticceria simile al precedente: questa volta non con il pandoro ma con l’uovo di Pasqua griffato. Truffa? No no, ancora una volta, probabilmente, un «errore di comunicazione».

E veniamo ai voti: –1 per ciascuno dei 30 milioni di follower che pendono dalla boccuccia griffata della Ferragni, totale di –30 milioni. A cui si aggiunge il voto al genio della griffe rosa: –1 moltiplicato per ciascuno degli acquirenti boccaloni, totale –60 milioni, che sommati ai precedenti -60 milioni fa un voto complessivo di –120 milioni, record assoluto nella lunga storia dei Voti d’aria. A posteriori (ma anche a priori), –1 anche al Festival di Sanremo che l’anno scorso ha ospitato un insignificante monologo griffato dalla influencer-di-successo che per l’occasione si è presentata, ciglio umidiccio, in versione femminista in cambio della modica cifra di centomila euro. Del resto, basta essere qualcosa-di-successo (meglio se un cretino-di-successo) per essere chiamati a pronunciare uno strapagato monologhetto morale o civile a Sanremo, con standing ovation finale.

Tuttavia, più che le astuzie griffate dagli influencer milionari, ciò che preoccupa sono i boccaloni. Che crescono visibilmente di numero: a questo proposito è utile leggere la «storia globale» dell’ignoranza scritta dallo storico inglese Peter Burke e appena uscita in Italia da Cortina. La tesi è che ogni epoca ha creduto di disporre di maggiore conoscenza rispetto all’età precedente, ma non è detto che sia così. Per esempio, oggi: siamo davvero meno ignoranti dei nostri antenati? Bella domanda (6).

Il sospetto è che i poteri economico-tecnologici si nutrano dell’ignoranza globale e che dunque fanno di tutto per alimentare la democrazia dei boccaloni. In questo clima, Burke fa appello agli insegnanti, «eroi ed eroine dei tentativi quotidiani di porre rimedio all’ignoranza». Ma sarà sufficiente? Qualche riflessione al riguardo arriva da un’indagine recente dell’Università di Bologna sulla capacità di scrittura degli studenti. I risultati sono disastrosi: nessuna padronanza sul piano logico, sul piano sintattico né sul piano delle scelte lessicali. Se è vero che la capacità di parlare, scrivere, argomentare è indistinguibile dalla capacità di pensare, ecco perché siamo diventati così influenzabili dagli influencer commerciali. E dagli influencer politici. Che sono, più o meno, la stessa cosa.