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L’inebriante profumo dell’oro

/ 18/12/2023
Giancarlo Dionisio

«Pecunia non olet». Il denaro non puzza, e fa sempre comodo, indipendentemente dalla sua provenienza. Almeno secondo chi concorda con questa massima dell’imperatore Vespasiano. Anche l’oro non puzza. Ma esala idealmente un profumo che stordisce, che inebria. Noè Ponti, da grande, non aveva mai vinto una medaglia d’oro in una mega manifestazione internazionale. L’ultima, anzi l’unica, risaliva ai Campionati europei giovanili del 2019, quando il fenomeno della Nuoto Sport Locarno aveva 18 anni. Dopodiché sono giunte le presenze sul podio agli Europei assoluti, ai Mondiali in vasca corta e ai Giochi olimpici. Mai l’oro. Forse, in cuor suo, se lo aspettava alcuni mesi fa nella rassegna iridata che si è tenuta a Fukuoka, in Giappone. Tuttavia, non solo la lacuna non è stata colmata, ma anche il podio è rimasto un miraggio.

Noè ci ha abituati bene. Direi quasi viziati. Un po’ come Lara Gut-Behrami, dalla quale ci aspettiamo sempre risultati miracolosi, al punto che quando non arrivano, taluni cominciano a ipotizzare che sia oramai in riserva. Noè ha sempre lo sguardo avanti. C’è sempre un nuovo focus che lo spinge, lo attira, lo avviluppa in una sorta di trance agonistica. È la sua forza. Insieme ovviamente al talento, alle doti atletiche, allo spirito di abnegazione e alla tecnica costruita grazie al paziente lavoro svolto con Massimo Baroffio.

L’oro è arrivato, un paio di settimane fa, a Otopeni, in Romania, in un Campionato europeo in vasca corta che gli ha regalato la consacrazione definitiva, ammesso che fosse necessaria. Il primo dei tre allori, con tanto di record continentale, e con gli avversari molto lontani, gli ha donato la soddisfazione di ascoltare finalmente con commozione le note del salmo svizzero, ma anche la lucida sfrontatezza di esprimere la sua gioia al microfono della Rsi: «Mi sono tolto un grosso peso dopo il Mondiale in vasca lunga. Da lì ho detto che non volevo più perdere. Più che agli altri volevo dimostrare a me stesso che sono il più forte, perché lo sono. Almeno per me».

Forse qualcuno potrebbe pensare che Noè sia uno spaccone. Personalmente dissento. È un ragazzo autentico. Uno che non filtra eccessivamente le informazioni da dispensare ai media, anche perché, in ogni caso, parla di sé e delle sue prestazioni, mai si sofferma sui rivali, che tratta sempre col massimo rispetto. Non a caso, a Tokyo, in occasione del suo bronzo olimpico, si lasciò uscire un «cazzo ho vinto una medaglia», sempre ai microfoni della Rsi, coccolandosi fra le mani il prezioso trofeo che pendeva dal suo collo.

Dopo quell’impresa, molti se lo ricorderanno, Noè era emigrato negli Stati Uniti, convinto di poter trovare persone e strutture che lo avrebbero fatto crescere ulteriormente. Così non è stato. Laggiù era uno fra molti. Qui era ed è Noè Ponti. Il numero Uno. Con tutte le attenzioni, le carinerie e i privilegi di cui cotanto ambasciatore può beneficiare. Con Ajla Del Ponte e Filippo Colombo, Noè è un importante «testimonial» dell’Associazione Aiuto Sport Ticino: «Loro mi hanno aiutato quando ero un ragazzino. Vi invito a fare altrettanto con chi si incammina verso lo sport di punta».

Tornato a casa dagli States dopo pochi mesi di soggiorno, ha ritrovato il suo ambiente, la sua famiglia, gli amici, lo staff. I risultati non si sono fatti attendere. Nel giro di dodici mesi sono giunte tre medaglie ai Mondiali in vasca corta. Esattamente come fece una ventina di anni fa Flavia Rigamonti, Noè è riuscito a sdoganare il nuoto anche fra il grande pubblico dei non specialisti. Gli addetti ai lavori, invece, non sono sorpresi. Era un predestinato. Fin dalle prime bracciate, chi lo seguiva, ha capito di avere fra le mani un talento cosmico. Ora ha 22 anni. Fosse americano, australiano o cinese, potremmo considerarlo avviato verso la parabola discendente, risucchiato in un ingranaggio complesso da cui, ogni anno, emergono centinaia di ragazzini pronti a fare lo sgambetto ai meno giovani. Ma Noè Ponti, per nostra grande soddisfazione, è svizzero, ticinese.

Nessuno lo insidia. Se sarà sorretto dalla passione e dalla disponibilità di spremersi oltre il limite, in sedute d’allenamento sempre più massacranti, il ragazzone del Gambarogno, il profumo dell’oro se lo gusterà ancora parecchie volte.