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Siamo tutti illuminati

/ 11/12/2023
Lina Bertola

Anche quest’anno molti sguardi affascinati hanno accompagnato il rito luganese dell’accensione dell’albero di Natale: occhi pieni di stupore di fronte a quella piccola magia che gioca a sorprenderci con la bellezza di una luce, di tante luci, delicate quanto esagerate, fino a voler evocare, in segreti sentieri dell’anima, anche la luce della bellezza, di una bellezza che ci chiama da un altrove: «L’albero della vita è radicato nel cielo», suggeriva la filosofa Simone Weil.

Pur nelle diverse emozioni che riesce a offrirci, l’atmosfera incantata sembra avvolgere tutti in un abbraccio di meraviglia per la sconfitta del buio, metafora di tanti paesaggi esistenziali che abitano la vita di ognuno. Ma le luci natalizie, con la loro promessa di bellezza, ci erano già venute incontro un po’ ovunque, ben prima della loro apoteosi nel rito iniziatico dell’Avvento.

Siamo tutti illuminati, da settimane. Possiamo passeggiare tra le vie pedonali o tra figure esili e trasparenti che sembrano capitate lì per caso sull’erba (sofferente) del Parco Ciani, o possiamo avventurarci dentro i meandri dello shopping: in ogni angolo infinite luci sono lì per noi, per sorprenderci, insistenti e a volte addirittura invadenti, nell’esibire la loro bellezza. Ma quanto luminosa sa essere questa bellezza? Quanto illumina la nostra vita?

Sono domande che toccano gli strati più profondi della nostra umanità, ci raggiungono sulla soglia del nostro vissuto più intimo e ci chiedono accoglienza, soprattutto in questi giorni dell’Avvento quando, oltre ai fiocchi sgargianti dei regali, qualcosa viene a parlarci della Natività, non solo del suo significato religioso ma anche del valore del nascere e del rinascere alla vita.

Proviamo dunque a tentare una possibile risposta. Forse la pervasiva bellezza illuminata degli addobbi natalizi è solo la forma estrema di un fenomeno più ampio, assai diffuso nel nostro tempo, in cui tutto ha da essere bello, tutto deve saper sedurre, e non solo per soddisfare le esigenze del mercato. Certamente, per essere vendibile, ogni oggetto deve esibire una sua bellezza: dallo spazzolino allo spremiagrumi, dalla custodia per il telefono all’appendino, per ogni oggetto la bellezza è un valore aggiunto indiscutibile. Ma al di là delle pressioni consumistiche, ci sono altre più profonde ragioni che possono aiutare a comprendere il bisogno di estetizzare ogni aspetto della realtà, il bisogno di una cosmesi generalizzata desiderosa di illuminare il mondo.

Forse siamo attratti da tante cose belle proprio perché ci permettono di non vedere il buio di troppe ingiustizie, miserie e guerre. Agli occhi abbagliati dalla loro luce, molte cose diventano invisibili.

Giuliano Zanchi, in un suo interessante saggio, analizza le ossessioni estetiche che pervadono le nostre esistenze e arriva a parlare di una bellezza complice. Complice del vuoto e del disincanto del nostro tempo che ha abbandonato la ricerca del senso del vivere, la bellezza svolge una funzione riparatrice. «È l’arredatrice del nostro mondo spoglio e la stilista delle nostre vite incerte». Queste considerazioni ci riportano alla distrazione di cui parlava il filosofo Baise Pascal, un modo per sopravvivere alla fragilità del vivere, in quella che lui definiva la nostra infelice condizione. Ragioni profonde, che riguardano l’intimo rapporto con noi stessi, possono dunque spiegare anche l’attrazione e l’incanto delle luci natalizie.

Tempo fa ebbi modo di raccontare la straordinaria riflessione di una bimba di otto anni. Dentro un grande sorriso mi aveva donato parole di verità che spesso solo la purezza dello sguardo dei bambini riesce a cogliere: «La bellezza non è nelle cose ma nei nostri cuori». Senza saperlo, parlava della bellezza di quel sole che nel celeberrimo mito platonico illuminava il faticoso viaggio dal buio della caverna alla visione della verità. Questo sole è ancora e sempre grande metafora del bene, di una vita buona illuminata dalla contemplazione del «gran mare del bello». Senza saperlo, la bimba parlava anche della bellezza delle stelle: una bellezza che viene da molto lontano per raccontarci, in ogni sua piccola e tremolante luce, la profondità del tempo del nascere e del rinascere della vita. Insomma, lei della bellezza aveva colto il significato intimo che rende visibile l’invisibile e che chiama ad altro.

A noi di coltivare questa luce interiore che sappia rendere anche la bellezza di un Natale illuminato un po’ più vera e un po’ meno complice del disincanto.