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La rivincita del conformista

/ 20/11/2023
Orazio Martinetti

Ieri si sono tenuti gli ultimi ballottaggi per il Consiglio degli Stati. Analisti del voto e politologi potranno ora ragionare sui risultati definitivi, anche se già molto è stato detto su queste federali dell’autunno 2023. Ci è parso comunque che l’esito non abbia fatto i titoli dei giornali esteri; anzi, alcuni non lo hanno nemmeno menzionato. La Svizzera è diventata irrilevante nel panorama internazionale, la sua vantata arte diplomatica conta sempre meno? Questa è l’impressione, ma speriamo di sbagliarci.

Tutti i commenti si sono soffermati sul fatto che l’UDC abbia rialzato baldanzosamente la testa, recuperando il terreno perduto nel 2019. L’altro dato che ha colpito gli osservatori è stato l’arretramento dei Verdi, sorprendente se consideriamo quanto inchiostro faccia scorrere il cambiamento climatico in atto, con le manifestazioni nelle grandi città, le mobilitazioni degli studenti e i blocchi stradali. Ma forse sono proprio queste iniziative, giudicate eccessive e irritanti, ad aver allontanato dalla causa i potenziali simpatizzanti, coloro che ammettono la gravità del climate change ma non i metodi che si intendono adottare per invertire la rotta. Una discrepanza, quella tra la percezione dell’emergenza e le possibili soluzioni, che il barometro elettorale aveva già segnalato nel corso dell’estate, assieme ai mugugni che hanno accompagnato la liquidazione del Credito Svizzero.

Quindi una Svizzera politica inclinata a destra. Questo il risultato, ma non è una novità. L’UDC è il primo partito da decenni, e la caduta del 2019 (-12 seggi al Nazionale) è stata quasi recuperata lo scorso 22 ottobre (+9). L’UDC può inoltre contare sull’appoggio di formazioni radicate regionalmente (La Lega dei ticinesi con 1 seggio), l’Unione democratica federale (2), il Movimento dei cittadini ginevrini (2). Il Partito socialista (PS) non ha invece più avversari alla sua sinistra: i partiti dell’area neo-comunista o genericamente d’orientamento marxista sono spariti dall’emiciclo.

Insomma, nonostante la proliferazione dei partiti, il Parlamento si ritrova con una composizione semplificata, dominata da UDC, Liberali, Alleanza del Centro (con i due deputati evangelici), Verdi liberali e Gruppo rosso-verde: complessivamente occupano 195 seggi su 200. Sulla carta pare dunque assistere al ritorno della tripartizione classica, più volte data per superata ma che evidentemente risorge ogni volta dalle ceneri, ossia lo spettro destra-centro-sinistra. L’analisi post-voto ci dirà poi quali partiti hanno raccolto i consensi dei giovani, delle donne, degli anziani, dei cittadini rispetto ai campagnoli. Interrogato su quale fosse l’elemento distintivo, per non dire unico, della politica elvetica, Georges-André Chevallaz, consigliere federale dal 1974 al 1983, rispondeva: «Du mouvement dans la stabilité». Più recentemente Markus Freitag, politologo dell’università di Berna, ha parlato di una vittoria del «Bünzlitum», categoria para-antropologica del lessico svizzero-tedesco che possiamo rendere in italiano con atteggiamento benpensante e conformista. I «Bünzli», secondo Freitag, sono i cittadini prevalentemente conservatori vicini all’UDC ma non solo: amanti dell’ordine e della legge, temono l’insicurezza e tutto quanto mette in pericolo la loro consolidata piramide di valori morali e religiosi. Secondo Freitag, i benpensanti costituiscono la metà dell’elettorato e a guidarli sono sentimenti che oscillano tra la paura e la rabbia. Una diagnosi, questa, che ricorda quanto scriveva negli anni 70 un filosofo francese, Jean Baudrillard, il quale invitava a scrutare il moto ondoso della «maggioranza silenziosa», un’entità nebulosa, fluttuante, allergica alle ideologie e alle chiacchiere degli intellettuali salottieri.

Quattro anni or sono furono premiati i programmi che prevedevano una svolta nei comportamenti e nei consumi; ora questa disponibilità è venuta meno, complici i conflitti nel mondo, le migrazioni, i costi della sanità e degli alloggi, i continui rincari che assottigliano il bilancio delle famiglie, la prospettiva di un’erosione del benessere. Di qui la preferenza per l’«usato sicuro» a fronte di proposte ritenute avventurose. Ora tocca ai deputati eletti ritrovare il bandolo di questa ingarbugliatissima matassa. Tra quattro anni si tireranno le somme; ma prima, nel giugno del 2024, si terranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. Una consultazione che avrà ripercussioni anche sulla Svizzera extra-Ue.