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Le nuove povertà

Il romanzo a puntate di Lidia Ravera per «Azione». Sul nostro sito www.azione.ch sono disponibili quelle precedenti
/ 23/10/2023
Lidia Ravera

E guardò sua moglie e sua figlia, sedute a tavola, zitte e composte ad ascoltarlo. Erano i due blocchi di cemento che gli avrebbero impedito sia di galleggiare che di naufragare e magari salvarsi all’ultimo minuto, grazie a qualche comportamento estremo.

Farsi prestare dei soldi e poi sparire.

Partire per qualche località esotica di quelle dove vivi con tre dollari alla settimana. Posto che esistano davvero, al di là dalle cene in cui se ne parla, come di possibili palingenesi.

Svaligiare una banca, strappare la borsetta a una signora anziana che ha appena ritirato i soldi della pensione.

Betta si riscosse da quello che sembrava un silenzio post traumatico e si rivolse a Sara:

«Non ti preoccupare, tesoro, papà è di cattivo umore perché la signora della banca non gli ha dato i soldini per fare il suo film e allora esagera. Ma va tutto bene».

Si alzò, con una smorfia di dolore.

E scolò la pasta. Non c’erano più barattoli di pelati, l’avrebbero condita con l’olio.

Tom, seguendo i passi claudicanti di sua moglie, percepì, nitidamente, il peso del blocco di cemento, si sentì trascinato verso il fondo.

«Ma certo», disse, «continuiamo a raccontarci balle…»

«Ti spiace se ne parliamo io e te senza coinvolgere la bambina?»

«La bambina ha il diritto di sapere».

«La bambina ha il diritto di essere lasciata in pace. Non è sua la responsabilità di mantenere la famiglia!»

Betta si accorse di aver gridato.

Sara si mise le mani sulle orecchie. Premendo forte.

Si scusarono tutti e due. Il padre e la madre, quasi contemporaneamente.

Flic e floc, pensò Sara, ricordando un vecchio gioco che le aveva insegnato la nonna. Quando due persone dicono le stessa parola si fa «uno due tre flic» o floc.

Non le veniva in mente altro.

Si sedettero tutti e tre a tavola.

Le penne rigate erano insipide.

Tutti aggiunsero sale alle penne rigate. L’ultima a servirsi fu Betta, lo sparse con un gesto largo, da cuoco televisivo.

«E voilà …una spolverata di tartufo…una noce di burro rancido…»

Sara continuò il gioco:

«…mantecato con vera cacca di pipistrello, su un letto di bucce di patata…»

Risero, madre e figlia, e continuarono a giocare fino a quando anche Tom fu costretto a ridere.

Per non essere tagliato fuori.

La sera, a letto, a bassa voce, Betta chiese a Tom se, per favore, poteva accompagnarla alla festa a cui l’aveva invitata il vecchio.

«Non questo sabato, l’altro».

«L’hai rivisto?» chiese Tom, senza aggredirla.

Dopo quel pranzo miserabile era uscito, era stato fuori tutto il pomeriggio, ed era tornato con tre bistecche e una bottiglia di vino.

La provenienza era stata svelata da Esther, con una telefonata inopportuna.

«Vi è piaciuta le cena?»

Sara ringrazia la nonna. E Sara aveva ringraziato.

Tutti e tre, come per un tacito accordo, si erano dedicati con puntiglio, per tutto il giorno, ad attività virtuose. Sara aveva studiato invece di guardare serie teen sul suo iPad, Betta era rimasta incollata al computer per ore, cercando, nel ventre disordinato della rete, occasioni di incontro.

Opportunità, agganci. Aveva scritto decine di adorabili commenti su tutti i blog di tutte le attrici che aveva sfiorato, di tutti i registi con cui aveva scambiato due parole o uno dei suoi famosi sorrisi seduttivi.

Con tutti gli sceneggiatori che le avevano confessato quanto fosse avvilente confezionare i prodotti indegni richiesti dal Mercato. E quanto la loro pazienza fosse arrivata al limite. Tanto che presto avrebbero aperto un bistrò con sala cinema, presto, subito, appena avessero trovato qualcuno che ci metteva i soldi.

Si era obbligata ad essere spiritosa in ogni messaggio, brevi o lunghi che fossero, perché soltanto un uso massiccio dell’autoironia ti metteva in salvo dal cattivo odore che emana dalla malasorte.

Ne era uscita stremata, ma ottimista.

Tom aveva ottenuto almeno questo, mettendo a verbale, davanti alla figlia, la situazione in cui si trovavano: una ovattata solidarietà fra disperati, come se un medico coscienzioso avesse rivelato che erano malati tutti e due, che la malattia era incurabile e che rimanevano loro poche settimane di vita. (43 – Continua)