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«Paga lei la chiamata?»

/ 16/10/2023
Bruno Gambarotta

Per fare gli auguri ai cugini che vivono a Buenos Aires apriamo una video chiamata con la sola attenzione ai fusi orari per non svegliarli nel cuore della notte. Per i nostri nipoti ci troviamo nella più scontata quotidianità. Se ricordo che quando avevo la loro età per telefonare a un numero anche solo fuori dal mio Comune dovevo chiedere il collegamento a un centralino, fanno solo finta di credermi.

Mi viene in aiuto un piccolo libro pubblicato molti anni fa e che ho conservato. Pubblicato nel 1993, ma la raccolta rievoca episodi risalenti ad anni prima. Il titolo Storie di ordinaria fonia fa il verso a Storie di ordinaria follia di Charles Bukowski. L’ha scritto Annabella Di Vita, una simpatica e spiritosa signora che ha pensato bene di raccogliere i dialoghi più divertenti e curiosi, frutto di una vita di lavoro come addetta a un centralino telefonico. Fra i tanti capitoli ce n’è uno ricco di trovate involontarie dedicato alle prenotazioni con pagamento a carico del destinatario. Qualche esempio. «Signorina, vorrei una comunicazione da addebitare al recipiente» inteso come ricevente, naturalmente. In un altro dialogo l'impiegata domanda: «Paga lei la chiamata?» Risposta: «No, paga il ricevitore». Qualche esempio fra le richieste tassative. «Vorrei fare una telefonata con la spesa rivoltata indietro». «Signorina, vorrei fare subito una rovesciata in Svizzera». «Vorrei parlare col Kuwait, con pagamento all’avversario». «Signorina, vorrei una comunicazione pagata dal destinatore». «Una chiamata con scarico in Svezia». L'impiegata: «Paga lei la chiamata?». Risposta: «No signorina, la faccia pagare al destino!». Sempre le centraliniste domandano: «Paga lei in Italia?» «No, gliela faccia scontare a loro». Oppure: «No, signorina, faccia pagamento vicendevole». «Vorrei una collect per New York». Domanda: «Come si chiamano le persone in America?». La risposta è ovvia: «Ma americani, signorina!». Altro dialogo: «Signorina, vorrei fare una chiamata con pagamento in Austria». Domanda: «Da dove sta chiamando?». Risposta: «Da un cassonetto pubblico, in mezzo alla strada».

Altro capitolo è il Nuovo atlante geografico che si rifà ai nomi di fantasia dati ai vari Paesi con cui gli utenti chiedono di essere collegati. Abbiamo così gli «Emirati Arabi Uniti» che a scelta possono diventare gli «Evirati Arabi». L’Arabia Saudita di volta in volta diventa «Arabia Esaurita» o «Rabbia Esaudita» a scelta. «Signorina vorrei sapere se sarebbe possibile parlare, tramite voi, con i Bermuda».

Anche il servizio informazioni riserva delle belle sorprese, come in questo dialogo: «Signorina, mi può cercare il numero di mio fratello a Dublino?» «Sì, signora, mi dica nome, cognome, indirizzo» «Il nome è …. Salvatore. L’indirizzo non me lo ricordo più ma è facile: arrivati all'aeroporto, lei prende la strada più larga, continua per un po’ e poi gira due volte a destra. Vedrà subito un cancello grigio: lì abita mio fratello». 

A volte qualcuno spera che le centraliniste siano delle veggenti. Annabella Di Vita riporta il seguente dialogo. Impiegata: «Mi spiace signora, ma il numero non risponde». Signora: «E lei non può dirmi se i miei amici sono a casa?» «No, perché non mi risponde nessuno». Signora: «Ma non risponde perché non vogliono rispondere o perché non sono in casa?».

«Signorina, vorrei fare una chiamata per il Portogallo». «Lei da dove chiama?» «Da mia sorella». «Ma da dove esattamente?». Risposta: «Da una poltrona della sala d'ingresso».

In nessun altro ambito della vita quotidiana c'è una rivoluzione così rapida e radicale come nel settore della telefonia. Però alla domanda se rimpiango quel tempo non so cosa rispondere se non allineando storie di quegli anni. Per il primo viaggio di Paolo VI a Gerusalemme nel Natale 1963 i quotidiani mobilitarono le loro migliori firme. Dino Buzzati nella sua prima corrispondenza per il «Corriere della Sera» descrisse l'affannosa ricerca di un telefono ad Amman dal quale dettare il suo pezzo a un dimafonista in redazione. Se non trovavi un telefono la tua fatica era stata vana. Negli anni '60 lavoravo come cameraman negli studi Rai di Torino: se nei giorni di riposo era prevista la «reperibilità», questa veniva compensata: ero tenuto, ovunque mi trovassi, a stare in prossimità di un telefono. Adesso risultare irreperibile è considerata colpa grave. Devi giustificarti.