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Coccodrilli fantastici

/ 02/10/2023
Bruno Gambarotta

Dal dizionario Treccani alla voce «coccodrillo»: in senso giornalistico, necrologio di una persona illustre, preparato quando è ancora in vita con il proposito di pubblicarlo appena giunge la notizia della sua morte. Eugenio Montale, al suo primo giorno di lavoro presso il «Corriere della Sera», andò a leggere il suo coccodrillo. Sarei tentato di chiedere a ChatGPT di scrivere il mio, ma ho paura di scoprire dettagli imbarazzanti sul mio conto che nemmeno più ricordavo. Ne ho scritto uno molti anni fa, sollecitato da un’amica che raccoglieva auto-coccodrilli per farne un libro che non è mai uscito. L’ho ritrovato, eccolo.

«Una cosa è certa: Bruno Gambarotta ci mancherà. Per noi presenzialisti, frequentatori assidui di conferenze stampa, anteprime, inaugurazioni, la sua presenza, quell’inconfondibile sagoma di boiler sormontato da un ciuffo di capelli bianchi, era il segnale che lì ci sarebbe stato almeno un rinfresco, ma più sovente un buffet. Non ha mai sbagliato un colpo, il nostro amico. Nessuno può dire di aver notato la sua presenza a un evento “asciutto”.

Quando la giunta comunale, per un sussulto di moralismo, abolì i rinfreschi nelle conferenze stampa, il nostro amico scomparve dagli schermi del loro radar. Preoccupati, gli mandarono a casa i vigili per assicurarsi che fosse ancora vivo. Bruno Gambarotta è stato per noi una guida infallibile; non lo perdevamo mai di vista perché si sistemava in un luogo strategico per arrivare primo ai tavoli dove servivano cibi e bevande. I suoi saluti più calorosi e amichevoli non andavano ai padroni di casa ma ai responsabili del catering che, in cambio, gli spoileravano il ricevimento, in modo che non gli capitasse di mangiare il dolce e scoprire poi che stava arrivando il risotto fumante. Se poi, nonostante tutte le precauzioni, succedeva, lui, con fare paterno, ci rincuorava: “Nessuna legge vieta di spazzolare prima un vassoio di chantilly e poi una cofana di penne all’arrabbiata”. Sui dolci dava il meglio di sé, era conosciuto nell’ambiente come “la volpe del dessert”.

Detestava le cene in piedi, ma non per questo rinunciava ad andarci, semplicemente si portava da casa un tavolino pieghevole (una sedia si trova sempre). È rimasta famosa quella volta che al buffet in piedi per l’inaugurazione della nuova ala del Cimitero Monumentale il Nostro si accomodò a cavalcioni di una bara che non poté essere inumata fino al dessert.

Bruno Gambarotta, anche se non era più un bambino, cercava in tutti i modi di restare al passo con i tempi e aveva accettato senza protestare la moda delle cosiddette “degustazioni” che avevano sostituito le abbuffate pantagrueliche di una volta. Con le degustazioni a ogni portata bisogna sorbirsi una dotta conferenza di qualcuno che pretende di spiegarti la filiera, il terroir, la tipicità. Era uno spettacolo osservare il nostro Amico in quei momenti; non appena l’anfitrione afferrava il microfono e iniziava a parlare, lui appoggiava gli avambracci sul tavolo, incassava la testa nelle spalle, abbassava lo sguardo sul piatto ed entrava in un universo parallelo. Le nostre orecchie non hanno palpebre, non si chiudono a comando, ma le sue sì. La sua capacità di spegnere il sonoro era frutto di un allenamento iniziato fin da bambino, quando doveva studiare e fare i compiti in cucina, l’unica stanza riscaldata della casa, con tutta la famiglia riunita e la radio sempre accesa.

In compenso era capace di dormire in piedi e a occhi aperti, aveva scoperto questa sua dote durante il servizio militare, quando era di turno come sentinella. I teatranti lo amavano perché non ha mai parlato male di uno spettacolo: il sipario non aveva ancora finito di aprirsi che lui cadeva addormentato, risvegliandosi con gli applausi.

Lui sosteneva che dormiva per recuperare le ore da dedicare alla lettura, la grande passione della sua vita. Proprio in quanto lettore aveva preparato una trappola che secondo lui gli avrebbe sicuramente concesso una proroga. Infatti quando l’autista del bus che raccoglieva i partenti per l’Ultima Gita ha suonato al suo citofono, lui ha risposto: “Verrei volentieri ma non sono pronto, devo ancora leggere la Pamela di Samuel Richardson”. “Non fa niente – gli ha replicato l’autista –. Di là ti daranno un televisore e potrai vedere tutte le puntate di Elisa di Rivombrosa che è stato ricavato dalla Pamela che non hai avuto tempo di leggere”.

A quel punto il nostro Amico ha realizzato che gli era toccato in sorte il Purgatorio».