Alla Sala del torchio di Balerna una personale del pittore Aldo Pagani, aperta fino al 17 settembre
Aldo Pagani si è regalato questa mostra per i suoi 80 anni, un’antologica in cui ha selezionato e raccolto le opere di 50 anni di lavoro. Pagani vive a Morbio ed è nato e cresciuto vicino alla sontuosa Villa vescovile di Balerna. L’importanza della pieve balernitana nei secoli è testimoniata dai magnifici stucchi che decorano la Sala della Nunziatura, proprio sopra la Sala del Torchio dove si tiene la mostra. Tra Morbio e Balerna, troviamo il parco delle Gole della Breggia, un importante sito naturalistico e geologico, inscritto nell’Inventario dei siti e dei monumenti di importanza federale. Cresciuto accanto a queste gole, Aldo Pagani racconta di quando bambino si tuffava felice nel torrente. Forse, pensiamo, non ha mai smesso di farlo. Le opere in mostra, 50 oli e alcuni disegni, tranne qualche raro lavoro che ha per oggetto la Sardegna o le Cave di Arzo, hanno origine dall’appassionata immersione nel luogo dove è nato.
Molte persone abbandonano per sempre il loro luogo di nascita senza rimpianto, ma nel suo caso sarebbe impossibile: la sua è la relazione di un’innamorato. Le immagini esposte sono tutte diverse, ma il soggetto, colto in infinite angolazioni visive, in momenti sempre diversi è sempre uno. In un lungo percorso espressivo Pagani restituisce immagini elaborate in decenni. Vi senti un muto costante colloquio con la natura: sono pareti, rocce, anfratti, gole, sempre gli stessi, ogni volta diversi. Il pittore imposta con sicurezza composizione e impianto spaziale, i colori mutano gioiosamente, possono essere molto caldi o molto freddi, inseguono con ostinazione la luminosità , avverti che rocce, fiume, gole, sassi, anfratti contengono segrete proiezione di emozioni, diventano angoli interiori. Non avrebbe molto senso etichettare questi lavori da un punto di vista stilistico, fra concretezza e interpretazione, ma guardandoli non si può non ricordare l’Astrattismo, che rinuncia alla raffigurazione dell’oggetto creando un’altra dimensione, o il Cubismo che ai primi del 900 alla rappresentazione imitativa del reale contrapponeva volumi geometrici autonomi e puri.
Pagani deve avere umilmente guardato a quei maestri, essersi nutrito del loro insegnamento, ma è sempre rimasto fedele a una sua spontanea guida interiore. In un modo dell’arte dove tutti gridano e cercano visibilità , di carattere schivo e riservato, meditativo e riflessivo, il pittore ha lavorato quotidianamente, con costanza e metodo. Le opere hanno formati diversi, medie o grandi dimensioni, ma ritiene di avere raggiunto il massimo solo con le piccole tavolette di legno in esposizione, di 20-30 cm, dalla struttura complessa e dall’intensa colorazione: appassionato cultore della musica classica, le ha chiamate «Péchés de vieillesse», ispirandosi a Rossini, che con questo nome compose dei brani assolutamente poco noti e bellissimi.
Vi è un aspetto a cui ci rende attenti Dalmazio Ambrosioni. Il pittore Pagani è stato un vero anticipatore culturale. Oggi non pochi artisti esprimono la necessità di approfondire il rapporto con il luogo a cui appartengono. Nei primi anni 70, quando Pagani iniziava la sua carriera erano in pochi a mettere al centro della loro poetica in modo così ricorrente e determinato l’amore per la terra in cui erano nati.