Ritratto di Silvia Salis, volto nuovo di una sinistra in cerca di identità, che si mostra molto attiva sul piano nazionale
Silvia Salis ha quarant’anni, dieci titoli italiani nella specialità olimpica del lancio del martello e gli occhi della politica italiana addosso da quando, il 26 maggio scorso, è stata eletta sindaca di Genova con il voto di un centrosinistra ampio (dai centristi di Matteo Renzi ai Cinque stelle) e ha attraversato il centro della città con il figlio di due anni in braccio insieme a una folla in festa cantando Bella ciao. «La mia idea di politica è l’unione del campo progressista», ha detto a una delle sue prime uscite da sindaca. E da allora, dell’atleta finalista ai Mondiali e medaglia d’oro ai Giochi del Mediterraneo del 2009, si parla in Italia come della grande promessa: l’astro nascente della sinistra. La città di Genova, intanto, ha acquistato visibilità, è diventata il modello a cui si guarda per capire il barometro della politica nazionale nel futuro prossimo. Da Genova è partita a fine agosto la mobilitazione di attivisti via mare per Gaza.
Al porto di Genova sono stati raccolti gli aiuti umanitari per i palestinesi poi affidati alla Global Sumud Flotilla, la missione umanitaria internazionale con l’obiettivo di rompere il blocco israeliano sulla Striscia e attirare l’attenzione mediatica sulla carneficina di civili palestinesi in corso, una cinquantina di barche poi assaltate dalla Marina israeliana. A Genova tantissime persone hanno portato in due giorni tonnellate di cibo non degradabile in porto. Gli aiuti sono stati presi e smistati da volontari organizzati alla perfezione dagli scaricatori del porto, i leggendari camalli genovesi (sono una casta operaia dal 1300, sanno come si fa). C’era anche la sindaca a fine agosto a fare i pacchi per la Flotilla. C’era lei a parlare ai 20mila genovesi venuti in corteo a salutare le barche degli attivisti pronte a salpare e benedette in un’ovazione di folla dall’arcivescovo di Genova, monsignor Tasca. Silvia Salis in camicia bianca quella sera, dal palco: «Mi hanno chiesto: sindaca ma va con la fascia tricolore? E certo che vengo con la fascia tricolore, perché Genova – che è la città della Resistenza – è orgogliosa della Flotilla. I veri patrioti siamo noi». Tono fermo, ottima tenuta della scena: un comizio da leader. Giù, tra le persone che applaudivano, correva un bisbiglio: «Immagina Silvia che glielo dice a Meloni: siamo noi i patrioti. Ci vuole lei contro la destra».
Molto cauta
La sindaca viene da una famiglia operaia della vecchia Genova. Il padre – molto amato, suo figlio porta il suo nome, Eugenio – era il custode del campo sportivo in cui lei si allenava. Lei non ha mai preso posizioni radicali, anzi, è considerata una energica ma molto cauta, una riformista che potrebbe andare bene anche a destra, tanto che il presidente di centrodestra della Regione Liguria, Marco Bucci, ex manager ed ex sindaco di Genova, ha commentato: «Avremmo potuto candidarla noi». Insieme alla sindaca di Genova si è fatto vedere spesso Matteo Renzi, alle prese con la costruzione di una sua creatura politica di centro. I detrattori a sinistra di Salis sospettano sia la versione femminile dell’ex presidente del Consiglio fiorentino, e i detrattori a destra la criticano soprattutto per presunta inesperienza politica, ambiguità su temi sensibili e scelte considerate ideologiche o incoerenti. Non pochi temono che lei, se candidata premier, possa traghettare voti centristi e cattolici da destra a sinistra. Sperano anche che, in primarie del centrosinistra in cui si presentasse anche la riformista Salis oltre alla segretaria del Pd Elly Schlein, più radicale, e al leader dei Cinque stelle Giuseppe Conte, i voti del Pd si dividerebbero tra le due avvantaggiando di fatto Conte. Salis intanto si muove in modo accorto, parla con tutti ma resta vigile in modo da non farsi «usare» da nessuno. Quando sono sbocciati titoli su «Salis da Renzi alla Leopolda», la kermesse politica annuale renziana, la sindaca è salita sul palco di Renzi a Firenze parlando dell’idea di un «Ministero del Futuro», ma prima si è preoccupata di andare a una conferenza di Alleanza verdi sinistra, l’area più a sinistra del Parlamento italiano, a dire «Vi ringrazio ancora per avermi sostenuto alle elezioni comunali, è stato importante avere una coalizione così forte».
Mire nazionali
Il suo attivismo sul piano nazionale rafforza l’idea che a fare la candidata del centro sinistra ci pensi davvero. Nell’amministrazione di Genova può contare su un vicesindaco competente e preparato, Alessandro Terrile, del Pd, che ha cinque deleghe: assessore al Bilancio, Società partecipate, Sviluppo Economico sostenibile, Economia del Mare, Rapporto tra porto e città. Un braccio destro capace di tessere relazioni e di reggere grossi carichi di lavoro. Tra le prese di posizione di Salis ce ne sono due che fotografano il suo modo di governare la città. Ha mostrato disponibilità a valutare il forno elettrico dell’ex Ilva (un impianto che produce acciaio senza usare carbone, ma tramite energia elettrica e preridotto di ferro) come parte del rilancio industriale di Genova, chiedendo garanzie e trasparenza. Forno che però è inviso a molti: «Chiedo ai cittadini di fidarsi un po’ di più, non tanto di me, ma della scienza»… Mentre il 25 giugno scorso il Comune ha registrato in anagrafe 11 figli nati da coppie di donne. «Era semplicemente mio dovere», ha commentato la leader. «C’è stata una sentenza della Corte Costituzionale sul diritto alla doppia maternità, ho solo uniformato le pratiche della mia città, non ho fatto nessuna concessione. Spesso quando si fanno queste cose, poi arrivano i leoni da tastiera e gli idioti che ti dicono: “Eh, ma c’è ben altro da fare”. Come se riconoscere i figli ti impedisse di occuparti del lavoro, dei servizi sociali, della sicurezza. È un modo stupido di affrontare le cose».
La testimonianza
Dice ad «Azione» un uomo d’affari genovese, cattolico e di sinistra: «Me la ricordo bene la Silvia già da ragazzina che si allenava al campo, è simpatica e brava. Ma mi dite cosa avrebbe di sinistra?». Il padre, rispondono di solito i genovesi. È morto improvvisamente a febbraio, la figlia gli ha dedicato la vittoria elettorale. Di lui ha detto: «Noi abitiamo l’uno di fronte all’altro, mia madre mi ha chiamata perché al mattino lui aveva gli occhi aperti ma non sentiva e non vedeva più, aveva già perso alcune funzioni, per un’emorragia cerebrale partita nel sonno». Della candidatura dice: «Gli ho parlato il venerdì e lui domenica è andato in coma. È stata l’ultima cosa che sono riuscita a raccontargli: che me lo avevano proposto. Era favorevole, ne era contento. È sempre stato un uomo profondamente di sinistra, era iscritto al Pci, aveva passione per la politica e per le cose che riguardano la collettività. Il fatto che non abbia visto niente di quello che è successo è un dolore, perché la figlia di un operaio che diventa sindaca di Genova per lui sarebbe stata una grande soddisfazione. Ha chiamato suo fratello e gli ha detto: “C’è una cosa che ti devo dire della Silvia ma non te la posso dire al telefono”. Una cosa molto dolce, come se fosse un segreto importantissimo».
