L’imprevedibile come cifra dell’arte

by Claudia
3 Marzo 2025

Nel suo libro il pianista Ramin Bahrami racconta la grande passione per Johann Sebastian Bach

Se è un pianista a scrivere un libro dal titolo Come Bach mi ha salvato la vita, vien spontaneo pensare a concetti filosofici e ambiti spirituali, magari ipotizzando la musica come soluzione a tormenti interiori che facilmente vengono immaginati da chi fantastica sul privato degli artisti. Ed è stato proprio così per Ramin Bahrami, ma in parte.

Perché il sommo Johann Sebastian è da sempre il riferimento ideale e spirituale del pianista iraniano, non a caso assurto a fama planetaria proprio come interprete e appassionato apostolo della sua musica; ma allo stesso tempo è stato il compagno di vita, della vita vissuta in modo a tratti avventuroso e anche pericoloso.

Ed è unendo i due ambiti, l’arte praticata e la vita vissuta, che Bahrami arriva a giudicare la situazione contemporanea, che vede sempre più il suo Paese d’origine coinvolto nella guerra mediorientale. «E posso dire che la guerra di oggi mi suscita più rabbia di quella che vissi 45 anni fa, e non perché allora ero un bambino – fu la causa della morte di mio padre – ma perché quella odierna è figlia di interessi economici, del pervicace tentativo da parte di poteri interni ed esterni, anche, se non soprattutto, economici, di mantenere lo status quo, evitando quei cambiamenti e impedendo quelle condizioni per cui tanti giovani iraniani diedero la vita».

Bahrami nacque a Teheran il 27 dicembre 1979: «Proprio il periodo in cui prendeva il potere il regime degli ayatollah con Khomeyni; mio padre Paviz era ingegnere dello scià e come tale venne considerato nemico e cospiratore, e quindi incarcerato. Nelle vie della città in quegli anni si sentivano grida ed esplosioni: era una guerra diversa, ma una guerra».

E mentre fuori impazzava la bruttezza del male, in casa il giradischi diffondeva la grande bellezza di Bach. «Me lo aveva fatto conoscere un’amica tornata da Parigi, quando avevo cinque anni e mezzo. In casa nostra la musica c’era sempre, ma quella fu una autentica folgorazione. Confesso che la prima cosa che mi colpì del disco regalatomi dall’amica fu la copertina: c’era Glenn Gould, il geniale pianista canadese che era un’icona dell’esecuzione bachiana, col basco in testa che guardava l’orizzonte dalla sponda di un lago vicino a Toronto.

Mi parve che spingesse lo sguardo verso l’infinito, esattamente la stessa sensazione che provavo ascoltando la musica riprodotta da quel vinile. A sei anni, ascoltando invece le Partite, mi resi meglio conto che quell’infinito quasi “geografico” rappresentato dalla natura, era una dimensione spirituale, un anelito verso qualcosa di misterioso che poi ho scoperto essere il Dio cristiano».

Una scoperta avvenuta a qualche migliaio di chilometri da quel lago riportato sulla copertina del disco: «Avevo vent’anni, ormai la carriera era avviata, ma ero entrato in crisi, schiacciato da una sorta di ansia da prestazione. Su invito del fratello di Claudio Abbado, Marcello, allora direttore del conservatorio di Milano, feci una tournée messicana: sempre più gente, anche cinquemila, ma ero sempre più nervoso, in panico, non volevo più suonare.

Tornato in Italia, dovevo tenere un recital in una chiesa veneta e non volevo farlo, tanto che confessai agli organizzatori l’intenzione di rinunciare. Nella sagrestia, usata come camerino, trovai un santino con su un Cristo che diceva “Amami così come sei”, e sotto: “Potevo fare di te il diamante più prezioso, ma ti voglio così come sei, con le tue imperfezioni”. Fu la svolta, per la mia fede e la mia carriera».

Bahrami, dopo l’affondo sulla sua illuminazione religiosa, torna a quei primissimi anni di vita a Teheran: «Quando mio padre venne incarcerato, mia madre decise di andarsene con me e mio fratello. Dovevamo andare in Germania – mio padre era mezzo iraniano e mezzo prussiano, mia madre invece è turco-russa – passando dall’Italia, ma lì ci fermammo; dapprima accolti come rifugiati, quindi col sostegno di una borsa di studio privata che mi permise di continuare con la musica, poi grazie a Piero Rattalino, docente di pianoforte al conservatorio di Milano. Fu una sorta di secondo padre, primo a intuire un talento e credere in me»

Da allora la musica ha accompagnato e sostenuto tutti i momenti della sua vita, o quasi. «Nel 1991 mi telefonò mio fratello; capii subito dal tono che cosa fosse successo e non volli che me lo dicesse esplicitamente: papà era morto. Per una settimana mi abbandonai alla musica, in particolare l’Improvviso in la bemolle di Schubert, perché aveva in sé un dolore e una malinconia abissali, ma proprio nel più profondo come rischiarate da un’indefettibile luce di speranza, quella di cui avevo bisogno in quel momento».

Impossibile ironizzare trattando di una circostanza simile, ma è singolare che proprio in un momento così al suo fianco ci fu Schubert e non Bach. «Ma poi Bach è tornato, subito. D’altronde l’ultima cosa che ricevemmo da papà fu una lettera, una sorta di testamento spirituale, in cui ci invitava a frequentare tutti i grandi padri della cultura europea occidentale, ma sopra tutti Bach».

In questi mesi sta portando in tournée le Invenzioni a due e tre voci: «Composizioni apparentemente – e tecnicamente lo sono, in effetti – semplicissime. Eppure, sono la manifestazione più sublime dell’essenzialità bachiana: con poche, semplici melodie crea un dialogo perfettamente armonioso tra due o tre voci, ricordandoci a tutti che l’armonia e la pace passano dal dialogo e non dal chiasso».

Un miracolo di semplicità e profondità che nessuna macchina potrà mai raggiungere: tra i poteri forti d’oggi, Bahrami include l’Intelligenza Artificiale: «Se ne magnificano le potenzialità, ma ad esempio in Germania hanno provato a completare gli abbozzi della decima sinfonia di Beethoven con l’AI: il risultato è stato un buon compito di un diligente studente di conservatorio, ma mancava – e sempre mancherà – l’imprevedibile, il totalmente nuovo, che è la cifra nell’arte del genio e nella vita di tutti i giorni anche dell’uomo qualunque».