Un nuovo e inaspettato livello fossilifero amplia lo sguardo sul panorama triassico del Monte San Giorgio
Il Monte San Giorgio è iscritto nel Patrimonio dell’Umanità UNESCO quale migliore testimonianza della vita marina nel Triassico Medio (247-239 milioni di anni fa). Nei suoi strati è scritta la storia di quell’epoca come nelle pagine di un libro e i fossili ne sono le parole. Fossili che condividono le vicissitudini delle rocce in cui sono conservati come passeggeri passivi. E in questo caso si tratta di rocce formatesi in un mare tropicale e in seguito migrate verso Nord a costituire il rilievo piramidale del Monte San Giorgio. In natura nulla si spreca e il riciclaggio è la regola; così, dopo la sua morte, un organismo viene generalmente consumato da una serie di spazzini, i cosiddetti necrofagi, che fanno rapidamente piazza pulita del fondale. La conservazione di un organismo richiede condizioni particolari che ne impediscano il disfacimento permettendone la fossilizzazione. Tra queste vi sono condizioni chimiche, in primo luogo l’assenza di ossigeno sul fondale che escluda i necrofagi, e fisiche quali l’assenza di correnti in grado di disarticolare un cadavere. Il tutto meglio se accompagnato da uno sviluppo di batteri tale da formare dei tappeti sul fondale, ricoprendo le carcasse come una colla biologica, quasi a dire un sudario.
La pila di sedimenti triassici del Monte San Giorgio è spessa oltre 600 metri, la maggior parte dei quali privi di fossili. Si tratta di strati depositati rapidamente come frane di fango sottomarine. All’interno di questi vi sono degli intervalli in cui, al contrario, sono esistite tutte le condizioni favorevoli per la conservazione, i cosiddetti livelli fossiliferi, espressione anche di una sedimentazione lentissima di fango. Tutto ciò permise non solo la fossilizzazione delle carcasse depositate sul fondo ma anche la loro concentrazione negli strati. Fino a un recente passato i livelli fossiliferi del Monte San Giorgio si contavano sulle dita di una mano e portavano nomi storici, di rocce o località . Dal basso verso l’alto sono la Formazione di Besano e, nel Calcare di Meride, gli Strati di Cava inferiore, di Cava superiore, di Cassina e la Kalkschieferzone (che tradotto suona come «Zona degli scisti calcarei»). La Formazione di Besano è nota dalla metà del XIX secolo, Cava inferiore e Cava superiore sono state scoperte nel 1927, Cassina nel 1933 e la Kalkschieferzone negli anni Quaranta del secolo scorso.
Ora, a 80 anni dalla scoperta di quest’ultimo livello fossilifero e quando ormai si pensava di conoscerli tutti, ne è emerso un sesto. Le dita di una mano non bastano più. A dire il vero la sua scoperta risale al 2010 ma è negli ultimi dodici anni che è stato minuziosamente indagato dal Museo cantonale di storia naturale, portando alla luce centinaia di reperti fossili. Questi permettono di considerarlo come livello fossilifero, nonostante il suo spessore sia di soli 30 cm. È stato battezzato Strati di Sceltrich. Calcari neri che se martellati emanano un odore misto di sostanza organica e zolfo, retaggio di un fondale asfittico, di un originario fango privo di ossigeno.
Sceltrich è il nome della valle in cui sono stati scoperti e attualmente scavati, posta tra Meride e Serpiano. Giulio A. Cattaneo (2006), studioso della toponomastica di Meride, osserva trattarsi di un rarissimo toponimo menzionato, anche come «Celtrigo», nel 1581 nei primi documenti della Comunità di Meride. È inoltre antichissimo perché la sua radice sarebbe da ricondurre a Cheltrach, dio onnipotente dei Celti che muoveva il sole. Era forse un luogo d’isolamento dei Celti sotto forma di ritiro nella foresta? Gli elementi primordiali per riti propiziatori sono ancora presenti: querce, vischio, pietre, acqua, sole, animali selvatici. Più tardi, insieme alle località adiacenti avrebbe fatto parte del leggendario paese di Valporino, citato in racconti tramandati oralmente che lo dicono distrutto durante un sollevamento popolare contro un tiranno della regione.
Ma torniamo al passato più antico. L’età degli Strati di Sceltrich è di 240.5 milioni di anni, desumibile da una datazione radiometrica con il metodo uranio-piombo eseguita negli Strati di Cassina che si trovano 50 metri più in basso nella successione. Ci troviamo pertanto nella cosiddetta Età Ladinica del Triassico Medio. La struttura della roccia parla di un fondale profondo almeno 30 metri ma i fossili raccontano anche di una terra emersa che non era distante. Gli organismi più diffusi sono i pesci (inclusi i celacanti oggi considerati fossili viventi, v. Azione 2019, N.14), tra cui si osservano specie molto primitive («subholostei») a fianco di altre decisamente più evolute (Neotterigi). Non mancano generi e specie nuovi per la scienza. Tra questi, forme di piccole dimensioni come Eosemionotus minutus (2.5 cm) e Eosemionotus sceltrichensis (5 cm) si affiancano a numerosi esemplari del grande predatore Saurichthys sceltrichensis lungo fino a 67 cm e simile a un barracuda.
I pesci sono seguiti da resti di piante, molluschi, crostacei e rari insetti. Tra i crostacei sono emerse specie nuove come Meridecaris ladinica, un piccolo gambero lungo 1.4 cm e reptante, ossia che si muoveva sul fondale come un astice. Il cadavere doveva quindi provenire da una zona più prossima alla costa e con fondo ossigenato. O come Ladinicaris sceltrichensis, gambero natante, che nuotava quindi nella massa d’acqua, come quelli che generalmente finiscono sulla nostra tavola. Era lungo 6.4 cm.
E i rettili, artefici della visibilità mondiale del Monte? Finora pochi frammenti, di cui uno ha tuttavia suscitato scalpore ed è stato appena pubblicato. Si tratta di un femore di Macrocnemus, uno dei due rettili terrestri del Triassico Medio del Monte San Giorgio. Aveva un aspetto che ricordava una lucertola dalla lunghezza massima intorno al metro, con una struttura del corpo leggera. Particolarmente appariscenti erano le zampe posteriori notevolmente più lunghe delle anteriori, con la tibia più lunga del femore, carattere che in genere contraddistingue i buoni corridori.
Altre centinaia di reperti sono in attesa di una descrizione e sono da attendersi sicuramente decine di specie nuove per la scienza. Perché ognuno di questi livelli fossiliferi ci fornisce fotografie di un ambiente peculiare, oltre ad avere età diverse e tali da permettere lo sviluppo di specie differenti. In tal senso sono delle vere e proprie finestre spazio-temporali affacciate sulla vita marina, e in misura minore terrestre, del Triassico Medio. Tornando al libro della storia della vita è come se permettessero di scrivere nuovi capitoli laddove c’erano pagine bianche. Decifrando le parole rappresentate dai fossili, il loro studio è un’opportunità unica per i paleontologi e un ulteriore impulso e visibilità internazionale per il sito UNESCO.
Oggi, 7 luglio, riprende la campagna di scavi condotta dal Museo cantonale di storia naturale. Porte aperte allo scavo di Sceltrich sono previste nei giorni 1 e 2 agosto: la partecipazione avviene su iscrizione rivolgendosi al Museo dei fossili del Monte San Giorgio a Meride (info@montesangiorgio.org, Tel. +41(0)916400080).
Bibliografia
Cattaneo, G.A. (2006). Storia, immaginario, mito e leggenda (con qualche divagazione) sulla toponomastica di Meride. 448 p. Edizioni del faro.
López-Arbarello, A. et al. (2019). Taxonomy and phylogeny of Eosemionotus Stolley, 1920 (Neopterygii: Ginglymodi) from the Middle Triassic of Europe. Palaeontologia Electronica, 22(1), 1–64.
Pasini, G. et al. (2022). Penaeidean and caridean shrimps (Crustacea, Decapoda) from the Upper Meride Limestone (Middle Triassic) of Monte San Giorgio (TI, Switzerland). Neues Jahrbuch für Geologie und Paläontologie-Abhandlungen, 339–353.
Renesto, S. e Magnani, F. (2025): Isolated tetrapod remains from the Ladinian (Middle Triassic) Sceltrich beds of Monte San Giorgio UNESCO Site. Rivista italiana di paleontologia e stratigrafia, 131(1):2021-212.
Renesto, S. e Stockar, R. (2018). First record of a coelacanth fish from the Middle Triassic Meride Limestone of Monte San Giorgio (Canton Ticino, Switzerland). Rivista Italiana di Paleontologia e Stratigrafia, 124(3), 639-653.
Renesto, S. et al. (2021). A new species of Saurichthys (Actinopterygii:Saurichtydae) from the Middle Triassic of Monte San Giorgio. Rivista italiana di paleontologia e stratigrafia, 127(1), 49-71.
Stockar, R. e Garassino, A. (2013). Meridecaris ladinica n. gen. n. sp. (Crustacea, Decapoda, Clytiopsidae) from the Middle Triassic (Ladinian) of Monte San Giorgio (Canton Ticino, Switzerland). Neues Jahrbuch für Geologie und Paläontologie-Abhandlungen, 270(3), 347–356.



